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Seduta sulle ginocchia del papà, ascoltavo le risposte della mamma: “Quando studierai la storia capirai che gli ebrei sono stati sottoposti a molte sevizie dai cosiddetti cristiani. Per esempio per lungo tempo non hanno potuto esercitare la professione di artigiani. Erano anche costretti ad abitare in quartieri appartati delle città, i famigerati ghetti. Li accusavano di avere ucciso Dio”.
“Ce l’ha detto anche il parroco”.
“Ma Dio non è mai venuto al mondo e nemmeno si è fatto uccidere dagli uomini. Come avrebbero potuto assassinare l’Onnipotente, la fonte stessa della vita? Dio non ha mai approvato il maltrattamento degli ebrei. Lui non fa distinzioni fra gli uomini, qualunque sia la loro razza o il colore della loro pelle, ricchi o poveri. Geova è un Dio di amore. Chi si ostina a disubbidire a questo insegnamento si mette al servizio del malvagio, col rischio di commettere azioni terribili in buona fede!”
A poco a poco i bambini si stancarono di molestarmi in strada. Dicevo loro che Gesù, il Figlio di Dio, era stato ebreo, quindi il loro insulto mi onorava. Tutti gli apostoli e gli scrittori della Bibbia erano ebrei e io andavo fiera di essere come loro, non desideravo altro!
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Primavera 1938
La primavera aveva cosparso i prati di meravigliosi fiorellini e il loro vivace colore blu, rosa e giallo richiamava i puntini della mia nuova carta da parati. Ben presto sarei partita con la mamma per Bergenbach, così Jean avrebbe potuto tappezzare la mia cameretta. Il papà ci avrebbe raggiunte alla fine della settimana.
Anche quella volta il pranzo domenicale fu turbato dalla guerra ideologica franco-tedesca riaccesa da zio Alfred. Nel pomeriggio, mentre gli uomini erano andati a fare una passeggiata, fra le donne della casa si scatenò una controversia religiosa. Era incredibilmente faticoso capire gli argomenti discussi.
Di che cosa stava parlando la nonna? Zia Valentine sosteneva: “La Bibbia è un libro protestante”. Quando la mamma le mostrò le firme dei vescovi impresse sul risguardo iniziale, lei replicò: “Chiunque può contraffare delle firme!”
Zia Eugénie aggiunse la sua: “Noi cattolici abbiamo i Vangeli, non la Bibbia!” La mamma allora cercò di spiegare loro che i Vangeli sono parte della Bibbia, tuttavia nessuna di loro prestò seriamente ascolto.
“Fa’ subito sparire quel libro protestante da questa casa!”
“Ma la Chiesa cattolica lo riconosce!”
Era il momento di intervenire: “Nonna, ti assicuro che il parroco ha esattamente la stessa Bibbia”.
“Sì, ma lui ha il diritto di avere tutto e di leggere tutto – e fissando la mamma negli occhi, aggiunse – sei mia figlia e faresti meglio a rimanere cattolica, se vuoi ancora andare d’accordo con me”.
Nel frattempo gli uomini erano ritornati. Discutevano sempre di quella parola misteriosa che a pranzo aveva scaldato gli animi, il Lebensraum5. Il papà aveva sentito la minaccia della nonna e disse: “Sarà meglio rientrare col prossimo treno; non mi piace lo spirito di inquisizione che regna qui”. Ci lasciò sole nel “nido di vespe”, espressione che usava per indicare le dispute tra le donne della casa. Noi rimanemmo qualche altro giorno per aiutare nelle pulizie primaverili.
5 Il Lebensraum, letteralmente “spazio vitale”, ma “spazio necessario alla vita” secondo i nazisti che volevano giustificare così la loro politica espansionistica, com’è noto, verso oriente.
Come ogni anno, poco prima di Pasqua, la nonna decise di acquistare un nuovo maialino e di scambiare le uova destinate alla cova per “immettere sangue nuovo all’interno dell’allevamento”.
Ci arrampicammo insieme su per la montagna, sotto un sole abbagliante che la nonna definiva “pungente”. Notò una nuvola lontana e previde che il tempo sarebbe cambiato. Dopo due ore di cammino raggiungemmo una piccola valle quieta e verdeggiante, dove erano raggruppate alcune fattorie, che terminava con una ripida parete rocciosa, la Felleringkopf, il nostro angolo preferito per la raccolta di mirtilli. La meta era Langenbach e, quando infine vi arrivammo, tirammo un sospiro di sollievo. Durante il percorso la nonna aveva insistito a più riprese: “Cerca di convincere tua madre a ritornare alla Chiesa, altrimenti causerà disgrazie a tutti noi!”
“Ma la Bibbia non è un libro malvagio!”
“Il Diavolo vuole farvi lasciare la Chiesa cattolica per impossessarsi della vostra anima. Vi spedirà direttamente all’inferno”.
“Ma nonna, l’inferno non esiste! E poi io non ho un’anima, io sono un’anima!”
“È proprio così che il Diavolo raggiunge i suoi scopi: prima vi toglie la paura dell’inferno, poi vi ci fa cadere dentro!” Allora mi raccontò delle storie orribili su Lucifero che per ingannare gli uomini si mostrava molto attraente.
A Langenbach la cugina della nonna era contentissima di ricevere notizie dall’altro lato della valle. I soldi e le uova vennero scambiati, poi, fra le graziose creature rosa che scorrazzavano sgambettando in tutte le direzioni, scegliemmo il nostro maialino. Infine lo acchiappammo e, quando gli legammo le zampe posteriori, protestò energicamente con dei versi stridenti. La nonna lo chiuse subito in un sacco e se lo mise intorno al collo. La cugina indicò il cielo: “Sbrigatevi a prendere la strada del ritorno!”
Il cumulo si ingrandiva a vista d’occhio. Seguivo a fatica la rapida andatura della nonna. Quando raggiungemmo la cima del Thalhorn, l’alto promontorio dal quale si godeva una vista meravigliosa sulle due vallate, eravamo entrambe in un bagno di sudore. All’improvviso ci trovammo esposte alle raffiche di un vento glaciale. La nonna gridò: “Corriamo, altrimenti prenderemo freddo! Fa molto male ai polmoni”.
L’enorme nube nera che si stava dirigendo verso di noi coprì a poco a poco la vallata. Iniziò a cadere una forte grandine e, siccome in quel nudo versante non esisteva alcun riparo, non ci rimase altra scelta che continuare. Esposto ai chicchi di grandine, il nostro povero porcellino emetteva in continuazione grida strazianti, che si mescolavano al gemito del vento impetuoso. Era terribilmente buio e noi non riuscimmo più a distinguere il sentiero, perciò fummo costrette ad avanzare alla cieca. All’inizio non piansi – ero un maschio, vero? – ma il freddo mi faceva battere i denti ed ero inzuppata. Il mio vestito di maglia lavorato a mano si ritrovò tutto a buchi e finì per ridursi a un cencio. Sfinita e col fiato mozzo, quasi non riuscivo a resistere alla bufera. Mi sentii prigioniera della nuvola, che aveva ormai invaso tutta la montagna. Allora iniziarono a scendermi le lacrime. La nonna aveva entrambe le mani occupate a trattenere il sacco, dove il maialino si dibatteva come un forsennato, perciò dovetti aggrapparmi al suo grembiule.
Arrivate ai piedi del pendio, uscimmo finalmente dalla nuvola e scorgemmo Bergenbach. Il fumo del nostro camino ricadeva sul tetto e ondeggiava lungo le tegole come un gigantesco serpente.
“Ne siamo uscite! Dio sia lodato!” Ma ero certa che la nonna riteneva la nostra esperienza una punizione divina. Secondo lei, tutte le sciagure venivano da Dio, soprattutto il maltempo.
Ci toccava percorrere ancora un lungo tratto attraverso la vasta palude della Runz. “Guarda, il nostro sentiero è laggiù!” Avevamo deviato molto ed era difficile avanzare sul suolo spugnoso. Ogni volta che posavamo il piede su una superficie sassosa, l’acqua sprizzava dalle nostre scarpe con dei gorgoglii. Finalmente riuscimmo a raggiungere la fattoria.
“Piccola mia, il tuo vestito è ridotto a un colabrodo!” Ci stavano scaldando della biancheria di ricambio davanti ai fornelli della stufa. Un pediluvio caldo mi riattivò la circolazione del sangue. Raccontai tutta eccitata la nostra avventura. La nonna mi guardò e le lessi negli occhi il suo totale disappunto. Non si aspettava affatto quel racconto così pieno di entusiasmo. In silenzio cominciò a rianimare con energiche frizioni il povero maialino congelato.
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All’entrata del nostro palazzo mi accolse un odore di pittura fresca. Ero talmente impaziente di vedere i risultati del lavoro di Jean nella mia cameretta che salii le scale a gran velocità. Lui era tutto orgoglioso: non si era mai occupato di una stanza intera in modo così “professionale”. Aveva anche ridipinto l’armadio di un verde pastello! Il papà aveva spostato il mio letto in un angolo le cui pareti erano state decorate, fino a una certa altezza, con una stoffa a fiori abbinata al copriletto. Sopra erano stati appesi sette quadretti con i nani di Biancaneve. Jean li aveva dipinti per me e mio padre li aveva completati con vetro e cornice. Ero incantata! Com’era bella la mia cameretta! Con la porta aperta, tutti i nostri ospiti avrebbero potuto ammirarla fin dall’ingresso.
La mamma mi fece una saggia raccomandazione: “È la tua stanza; dovrai metterla in ordine e rassettare il letto, altrimenti a mezzogiorno la ritroverai così come l’avrai lasciata il mattino. Adesso sai che cosa devi fare per mantenere una buona reputazione”.
I miei genitori avevano regalato a Jean una Bibbia cattolica. Il papà ci disse che lui l’aveva accettata con piacere, ma la sua mamma si era infuriata e gli aveva fatto una scenata. La signora continuava a trattarlo come uno scolaretto. Il papà cercò di giustificarla: “È vedova. Probabilmente trova difficile accettare la graduale indipendenza del figlio”.
Come tutte le mattine, il papà scese a prendere il secchiello del latte e il pane nel cesto appeso vicino alla porta della cantina. Risalì bianco come un cencio e si accasciò ansimante su una sedia. Gocce di sudore gli imperlavano la fronte. Raccontò che, mentre era giù, una porta si era bruscamente aperta: il signor Eguemann gli stava andando incontro brandendo un’ascia. “Sono scappato sulla strada col secchiello e ho anche versato un po’ di latte. Lui mi ha inseguito urlando: ‘Specie di traditore, meriti di essere giustiziato!’ Si è fermato solo quando ha visto arrivare qualcuno”.
“Emma – riprese – d’ora in poi sarà il caso di comprare il pane e il latte in drogheria. Mi rincresce darti questo peso in più, ma bisogna essere prudenti… con questo alcolizzato nel palazzo! Cercherò anche di cambiare l’orario di lavoro, almeno non rischierò più di incontrarlo da solo lungo il cammino. Non bisogna esporsi inutilmente!”
Che shock! Un buon cattolico come il signor Eguemann aveva cercato di uccidere mio padre! Sentii il cuore riempirsi di risentimento. La mamma, per calmarmi, lesse le parole di Gesù: “Sarete oggetto di odio fra tutti i popoli”. Poi citò l’apostolo Paolo: “Non bisogna rendere male per male”.
Il papà suggerì alcune opportune precauzioni. Tutti e tre saremmo usciti dal palazzo con cautela; per evitare reazioni violente, non avremmo più rivolto la parola alla famiglia Eguemann; avremmo portato fuori Zita con discrezione, possibilmente di giorno, rimanendo davanti all’edificio e solo in presenza di qualcuno in grado di proteggerci se necessario. Da quando aveva preteso che fossi punita davanti a lui, avevo serbato del rancore nei confronti del signor Eguemann, ma adesso lo detestavo decisamente!
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Il secondo anno di scuola terminò con una giornata calda e molto piovosa. Ci ripeterono le solite raccomandazioni prima delle vacanze estive: comprare un quaderno per i compiti da svolgersi ogni giorno e non dimenticare di ripassare quotidianamente il catechismo. Era arrivato il momento di salutare la signorina, che andava in pensione. Rispose con un sorriso e parole gentili a tutte le ragazze che si avvicinavano alla cattedra… insomma, quasi a tutte! L’idea di cambiare insegnante il successivo anno scolastico mi fu di grande sollievo.
I canaletti di scolo straripavano. Siccome indossavo gli stivali di gomma, decisi di sguazzare nelle pozzanghere. La mamma non poteva vedermi e io avevo voglia di comportarmi come una piccola selvaggia, libera da ogni costrizione. Festeggiai dunque a modo mio l’inizio delle vacanze spruzzando allegramente acqua sporca che inzaccherava i passanti. Nelle vicinanze di casa ripresi l’andatura saggia e posata di una ragazzina per bene… tradita però dalle gambe e dagli abiti inzuppati di fango!
Quell’estate ci saremmo impegnati in una nuova attività. I miei genitori avevano deciso di unirsi agli Studenti Biblici e di frequentare le loro riunioni. Alcune famiglie si ritrovavano per pregare e studiare la Bibbia in un locale annesso al Municipio. Ci dissero che Laure, un’infermiera in pensione, si occupava di una “scuola domenicale”. Ogni domenica mattina circa otto giovani seguivano le lezioni basate sul libro L’Arpa di Dio. Speravo di parteciparvi anch’io. Mi diedero un magnifico regalo: una copia della Bibbia tutta per me, col taglio rosso e la copertina nera. L’atmosfera era molto differente in confronto alle lezioni di catechismo. Non solo avevo il permesso di porre tutte le domande che desideravo, ma mi veniva insegnato a trovare da sola le risposte nella Bibbia. L’ora mi sembrava finire sempre troppo in fretta, mentre a volte alcuni miei compagni avevano l’aria di annoiarsi e, quando Laure si dilungava, protestavano.
La novità della scuola domenicale mandò in collera zia Eugénie. Prese un appuntamento per il papà col signor Koch, uomo altamente istruito. Sperava che almeno lui sarebbe riuscito a riportare suo cognato là dov’era il suo posto, cioè in seno alla Chiesa cattolica. Ma non ci fu verso!
Allora zia Eugénie se la prese con la mamma. “Tuo marito è la tua vittima, Emma!”, disse, agitandole sotto il naso un dito minaccioso. “Il signor Koch è del parere che lui non gli abbia dato retta perché sei tu a portare i pantaloni in casa e lui ha ceduto per il quieto vivere”. Che razza di accusa era quella? Perché gli adulti avevano sempre delle idee così contorte, anche quando non conoscevano i fatti? Il papà non era né un debole né una persona facilmente influenzabile. Era stato lui a decidere di esonerarmi dal catechismo, lui aveva smesso di fumare in un solo giorno, lui ci portava alle riunioni e ancora lui aveva disposto di pregare prima dei pasti! Grazie ai suoi consigli avevo anche riflettuto sulla possibilità di frequentare la scuola domenicale e di accompagnare la mamma nelle visite ai nostri vicini. Purtroppo mia zia si comportava come sua madre; rimaneva sorda a qualsiasi argomentazione e preferiva esprimere dei giudizi: “È una vergogna trascinare Simone di porta in porta come una mendicante!”
“Ma zia Eugénie, a me piace molto!” Le sue orecchie sembravano letteralmente tappate e stringeva gli occhi fino a ridurli a due fessure.
“La tua mamma ti ha contagiata col suo fanatismo!” Fanatismo? Ecco una parola che non conoscevo. Ma, quando ne appresi il significato, trovai che si applicava meglio alle reazioni della zia e della nonna che alle nostre!
Ascoltavo con attenzione le riflessioni fra la mamma e i vicini che andavamo a trovare. A volte corrispondevano alle mie domande e, di conseguenza, dissipavo i miei dubbi. Ogni tanto sentivo dei ragionamenti un po’ complessi e bizzarri, come quando quel pastore protestante aveva cercato di difendere la Trinità. Per spiegare che ‘le tre persone, Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito Santo, non formano che un’unica divinità, in quanto ognuna è onnipotente, eterna e uguale alle altre’, ci disse: “Prendete tre uova e sbattetele per fare una frittata: rimangono sempre tre uova”.
Trovavo anche alquanto strana la comune convinzione che l’anima venga giudicata immediatamente dopo la morte, mentre il corpo deve attendere il Giorno del Giudizio. Mi domandavo: “Quando una persona commette un peccato, quale parte è colpevole: il suo spirito o il suo corpo? Ed è possibile immaginare un corpo che pecchi da solo?” Spesso a tavola le conversazioni iniziate con i vicini proseguivamo fra noi.
Un giorno decisi di andare da sola alle fattorie dei dintorni per distribuire l’opuscolo La guarigione per tutte le nazioni. Presentava la speranza che, sotto il regno di Cristo, la terra sarebbe ridiventata un paradiso senza più sofferenze e morte. Provavo un fortissimo desiderio di trasmettere ai fattori questa meravigliosa speranza contenuta nella Bibbia. Furono veramente gentili con me e accettarono volentieri i miei opuscoli. Dopo circa un’ora decisi di rincasare. Durante il tragitto una porta si aprì, gli stampati che avevo lasciato in quella casa volarono in mezzo alla strada e un fattore urlò: “Maledetti Studenti Biblici! È una vergogna, una vera vergogna, sfruttare i bambini in questo modo!” Io non pensavo di essere una bambina, avevo già otto anni! E non ero stata io a decidere di andare dalle persone? Senza scoraggiarmi, raccolsi gli opuscoli e continuai a testa alta il mio cammino, ripetendomi le parole di Gesù: “Lo schiavo non è maggiore del suo maestro. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi”. Tutta orgogliosa della mia determinazione, raggiunsi il gruppo che si era recato alle fattorie dall’altro lato!
Non capivo perché i cattolici che incontravo affermassero che la Bibbia era un libro protestante, un libro maledetto! Il papà me lo spiegò la sera stessa con l’aiuto di un manuale di storia.
“In passato, nei paesi cattolici la Bibbia era scritta solo in latino che però col tempo divenne una lingua morta. Perciò qualche secolo più tardi alcuni religiosi la vollero tradurre nelle lingue moderne conosciute dalla gente comune. Ma le gerarchie ecclesiastiche si opposero alla diffusione popolare della Bibbia, in quanto ritenevano che dovesse rimanere in latino, a uso esclusivo del clero. Nonostante il divieto, numerose persone si misero a tradurre e a diffondere le Sacre Scritture. Guarda questa immagine! Mostra il massacro dei protestanti durante la notte di San Bartolomeo, avvenuto fra il 24 e 25 agosto del 1572. Sotto la guida di nobili cattolici, soldati e parigini massacrarono quasi tremila ugonotti francesi, sostenitori della lettura della Bibbia in lingua corrente. L’Inquisizione cattolica cercò di eliminare anche tutti i riformatori, come il ceco Jan Hus. Alcuni furono addirittura arsi vivi con la Bibbia appesa al collo. Ecco perché numerosi cattolici credono ancora che la Bibbia sia un libro eretico”.
“Allora l’Inquisizione non riguardava solo gli ebrei!”
“No, colpiva tutti coloro che non si conformavano all’insegnamento ufficiale della Chiesa”.
Apprezzavo sempre di più il nostro piccolo gruppo di Studenti Biblici. Vi avevo trovato due cari compagni di giochi, André Schoenauer e Edmond Schaguené. Avevo anche acquisito un nuovo nonno, il signor Huber, un ingegnere in pensione rimasto vedovo. Era un uomo dai capelli bianchi, molto paterno e particolarmente cortese; portava un orologio da tasca appeso a una catena d’oro. C’era Marcel Graf, un impiegato d’ufficio delle miniere di potassa: alto, calvo ed estremamente loquace. I coniugi Zinglé, alpinisti appassionati, indossavano spesso dei Knickerbockers. Il signor Lauber, un vedovo con due bambini piccoli, aveva perso una gamba nella Grande Guerra. Partecipava assiduamente alle attività della congregazione e si recava alle riunioni con la figlia di cinque anni, sistemata dietro alla sua bicicletta antidiluviana. C’erano anche i Dossmann, il cui figlio lavorava nell’ufficio dei testimoni di Geova a Parigi. Altri ancora venivano dalla campagna.
La mamma si impegnava attivamente nel gruppo. Mossa da un ardente spirito missionario, visitava numerose famiglie, come i Saler, che aiutò a uscire dalla miseria e a condurre una vita più dignitosa. In effetti non si accontentava di impartire alle persone istruzione biblica, ma le sosteneva anche materialmente. Andava pure a trovare Martina Ast, una dinamica ventenne, che serviva presso una famiglia ebrea proprietaria del più grande negozio di Mulhouse, Les Galeries Lafayette. Mi piaceva recarmi da lei con la mamma. Poneva domande interessanti sulla Bibbia e ci offriva degli eccellenti dolci! A volte giocava anche con me.
Fra i nostri numerosi amici apprezzavamo in modo particolare i Koehl. Un giorno i miei genitori li invitarono e io mi misi accanto alla finestra ad aspettarli, piena di una gioiosa impazienza. Si presentarono nonostante il tempo gelido. Il signor Koehl si chiamava Adolphe proprio come il papà. Con una mano guidava dolcemente sua moglie per il gomito, con l’altra teneva la cagnetta al guinzaglio. Le mani delicate di Maria erano protette da uno spesso manicotto di pelliccia abbinato al colletto di volpe argentata del suo mantello. La coppia pareva appena uscita dalle pagine di un giornale di moda.
Nel salotto i due Adolphe si erano lanciati in una discussione piena di brio, mentre le loro mogli si scambiavano ricette di cucina. Più tardi suonai al pianoforte la canzone preferita di Maria, La Paloma, poi la mamma mi incaricò di servire il tè. Le mie orecchie facevano la spola fra i due gruppi, ma l’orecchio sinistro ebbe la meglio, irresistibilmente attratto dalla conversazione dei due uomini.
“Chi si crede di essere, Dio?”
“Non è altro che una marionetta nelle mani dei demoni”.
“Si proclama l’Heiland della Germania, il suo salvatore. Non è altro che un vermiciattolo!”
“Ma un vermiciattolo terribilmente malefico, un essere marcio fino al midollo!”
“Passa da una vittoria all’altra”.
« “È vero, ma non trionferà sui testimoni di Geova”.6 »
6Adophe Koehl faceva parte del gruppo degli Studenti Biblici di Mulhouse quando questi presero la decisione di mandare, il 7 ottobre 1934, un cablogramma di protesta al governo nazista riguardo alla persecuzione dei testimoni di Geova in Germania. Rappresentanti dei Testimoni di 50 paesi avevano controfirmato quel cablogramma, che aveva reso Hitler folle di rabbia.
Mi domandavo chi fosse quel “lui” a cui alludevano. La conversazione si spostò su un libro che i nostri ospiti ci avevano portato, Kreuzzug gegen das Christentum (Crociata contro il cristianesimo)7. Il volume era aperto a una pagina dove figurava la piantina di una specie di campo recintato.
7Durante l’anno 1938 Franz Zürcher pubblicò quel libro, edito dalla casa editrice Europa di Zurigo, che prendeva in considerazione la persecuzione dei testimoni di Geova in Germania. Si potevano vedere schizzi e piantine dei campi di concentramento di Esterwegen e di Sachsenhausen.
“Riceviamo informazioni di estrema importanza. Ci aiuteranno a essere ‘cauti come serpenti, ma innocenti come colombe’”.
Quando i Koehl se ne andarono, lasciarono un po’ del tipico odore del loro salone di parrucchiere, ma anche un grande vuoto. Sentivo già la loro mancanza. Era come se avessi ereditato altri due genitori.
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Mi ritrovai a Bergenbach con zia Eugénie che aveva deciso di non mettere più piede nel nostro appartamento. Mi accorsi che la nonna mi trattava diversamente rispetto ad Angèle. Mi faceva lavorare. “Va’ a prendere due grossi pani al villaggio. Adesso sei abbastanza grande”. Saltellando con leggerezza, discesi il pendio immaginando che sulla schiena mi fossero spuntate due ali.
Era curioso, eppure mi pareva che, al mio passaggio, tutti bisbigliassero: “Non è troppo piccola per questo?” Troppo piccola? Era Angèle ad essere troppo piccola, aveva quasi due mesi meno di me! Io ero cresciuta in una sola notte, come un fungo. La nonna se n’era resa conto e anche le vacche. Le conducevo al pascolo accompagnata dal tintinnio delle loro campane. Perché la gente non voleva rendersi conto che ormai ero quasi una ragazza?
Mi ricredetti al momento di risalire il pendio con due pani appena sfornati di due chili e mezzo ciascuno. Il sole era cocente quanto i pani e io cercavo di alleggerire le mie spalle infilando le mani sotto le bretelle dello zaino. Strada facendo mi fermavo sempre più spesso per posare il carico. Il fresco mormorio del ruscello mi invitava, ma la mamma mi aveva raccomandato: “Quando sei sudata non mettere mai i piedi nell’acqua ghiacciata, altrimenti ti ammalerai come è successo a me. Guarda le mie mani e i miei piedi deformati dall’artrosi”.
Giunta ai piedi della rampa, la più ripida prima della fattoria, stavo per scoppiare in singhiozzi. Ma i rumori familiari che mi giunsero in quel momento – l’abbaiare del cane, lo schiamazzo delle galline con i loro “coccodé”, lo sciacquio dell’acqua della fontana – mi ridiedero coraggio. Quando incontrai mia cugina alzai il mento con fierezza: non era cresciuta in una sola notte, lei!
La nonna diventava di giorno in giorno sempre più malinconica e irritabile. La partenza della figlia prediletta si avvicinava a grandi passi. Zia Valentine, in effetti, si sarebbe trasferita a Cusset, presso Vichy, dove suo marito aveva trovato un alloggio.