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“Dammi un esempio.”
“Okay. Uno è un camion fornitore alimentare intestato a un ex paracadutista russo. Siamo stati in grado di seguirlo con le videocamere di sorveglianza, e a quanto sembra, è andato su e giù per Manhattan tutta la notte, a vendere hot dog e Pepsi a prostitute, magnaccia e clienti.”
“Ora dov’è?”
“È parcheggiato sull’11ma Avenue, a sud Centro Congressi Jacob Javits. Non si muove da un po’. Pensiamo che stia dormendo.”
“Okay, mi pare che sia appena diventato di bassa priorità. Passalo al NYPD, non si sa mai. Possono svegliarlo e rivoltargli il camion, scoprire se lì dentro ci vende anche qualcos’altro. Prossimo.”
Trudy scorse la sua lista. Un minivan convertito in auto Uber da un ex fisico nucleare caduto in disgrazia. Un articolato di quaranta tonnellate con richiesta d’indennizzo assicurativo che venne demolito in un incidente e rottamato. Un furgone delle consegne per un servizio commerciale di lavanderia, con le targhe registrate a una non collegabile attività di pavimentazione di Long Island. Un’ambulanza registrata come rubata tre giorni fa.
“Un’ambulanza rubata?” chiese Luke. “Sembra interessante.”
Trudy scrollò le spalle. “Di solito si tratta di commercio illegale di organi. Li recuperano dai pazienti deceduti a pochi minuti dalla morte. Devono recuperare gli organi, impacchettarli e portarli fuori dall’ospedale in fretta. Nessuno dà una seconda occhiata a un’ambulanza che aspetta nel parcheggio di un ospedale.”
“Ma stanotte forse non aspettavano organi. Sappiamo dove sono?”
Scosse la testa. “No. L’unico luogo che abbiamo è quello del russo. È ancora più un arte che una scienza. Le telecamere di sorveglianza non sono ancora dappertutto, specialmente appena si esce da Manhattan. Vedi un furgone sorpassare una videocamera, poi potresti non vederlo più. O potresti ribeccarlo con un’altra telecamera dieci isolati più in là, o a cinque miglia. L’articolato ha attraversato il ponte George Washington verso il New Jersey prima che lo perdessimo. Il furgoncino della lavanderia è passato per la 138ma Strada verso il South Bronx ed è sparito. Proprio adesso, li stiamo rintracciando tutti con altri mezzi. Abbiamo contattato la compagnia dell’autotrasporto, l’Uber, la compagnia di pavimentazione e il servizio di lavanderia. Dovremmo venire a sapere qualcosa presto. E ho otto persone al quartier generale che setacciano ore di video, in cerca dell’ambulanza.”
“Bene. Tienimi aggiornato. Che succede con la banca?”
Il viso di Trudy era di pietra. “Dovresti chiederlo a Swann.”
“Okay.” Fece un passo verso il piccolo feudo d’angolo di Swann.
“Luke?”
Si fermò. “Sì.”
Gli occhi di Trudy guizzavano per la stanza. “Possiamo parlare? In privato?”
*
“Mi licenzierai perché non infrango la legge per te?”
“Trudy, non ho nessuna intenzione di licenziarti. Perché lo pensi?”
“È quello che hai detto, Luke.”
Si trovavano in uno stanzino. C’erano due scrivanie vuote qui e una piccola finestra. La moquette era nuova. I muri erano bianchi e non vi era appeso niente. C’erano una piccola videocamera montata in un angolo, vicino al soffitto.
Sembrava che la stanza non fosse mai stata usata. Lo stesso centro di comando era aperto da meno di un anno.
I grandi occhi di Trudy lo fissavano con attenzione.
Luke sospirò. “Ti stavo dando una via d’uscita. Pensavo che lo avresti capito. Se ci sono dei guai, puoi dare la colpa a me. Tutto quello che hai fatto è stato eseguire i miei ordini. Temevi di perdere il lavoro se non avessi eseguito i miei ordini.”
Lei gli si avvicinò di un passo. Nell’isolamento della stanza, Luke poteva sentire il suo shampoo e il delicato profumo che portava spesso. La combinazione di odori gli fece qualcosa alle ginocchia. Le sentì tremare un po’.
“Non puoi neanche darmi un ordine diretto, Luke. Non lavori più per l’SRT.”
“Sono in congedo.”
Lei fece un altro passetto nella sua direzione. I suoi occhi erano concentrati su di lui come laser gemelli. C’era intelligenza in quegli occhi, e calore.
“E te ne sei andato… perché? Per causa mia?”
Scosse la testa. “No. Avevo le mie ragioni. Tu non eri fra queste.”
“I fratelli Marshall?”
Scrollò le spalle. “Quando uccidi due uomini in una sola notte, è un buon momento per prendersi una pausa. Forse anche di valutare quello che stai facendo.”
“Stai dicendo che non hai mai provato niente per me?” chiese.
Lui la guardò, sbalordito dalla domanda. Aveva sempre avuto l’impressione che Trudy flirtasse con lui, e lui non aveva mai abboccato all’amo. C’era stata qualche volta, ubriaco a qualche festa, dopo brutte litigate con la moglie, che ci era andato vicino. Ma il pensiero di sua moglie e suo figlio l’avevano sempre tenuto lontano dal precipitare in qualcosa di stupido.
“Trudy, noi lavoriamo insieme,” disse risolutamente. “E io sono sposato.”
Lei si avvicinò ancora di più.
“Non mi interessa il matrimonio, Luke,” disse piano, inclinandosi verso di lui, ormai vicinissima.
Era contro di lui adesso. Luke le mise le mani sui fianchi. Sentiva il calore provenire da lei, e quella vecchia incontrollabile voglia quando le stava vicino, l’eccitazione, l’energia… il desiderio. Lei riuscì a posargli le mani sul petto, e non appena i palmi gli toccarono la camicia, lui seppe che avrebbe dovuto agire subito o abbandonarsi a lei completamente.
Con un atto finale di supremo autocontrollo, Luke fece un passo indietro e le allontanò delicatamente le mani.
“Mi dispiace, Trudy,” disse, con la voce roca. “Ti voglio bene. Davvero. Ma non è una buona idea.”
Lei si accigliò, ma prima di poter dire qualcosa, un pesante pugno colpì la porta di legno.
“Luke? Sei lì?” Era la voce di Newsam. “Dovresti uscire e vedere questo. Swann ha trovato qualcosa.”
Si guardarono, Luke sentendosi colpevole come il diavolo al pensiero di sua moglie, anche se non aveva fatto niente. Se ne andò di lì prima che potesse accadere qualcos’altro senza poter fare a meno di chiedersi quanto ciò che era appena successo avrebbe avuto conseguenze sulla loro vita lavorativa insieme.
E poi, peggio di tutto, non poteva fare a meno di ammettere che, sotto sotto, non aveva nessuna voglia di lasciare la stanza.
*
Swann sedeva a una lunga tavola con i suoi tre monitor video allineati davanti a sé. Con la sua calvizie incipiente e gli occhiali, ricordava a Luke un fisico della NASA al controllo missione. Luke era in piedi dietro di lui con Newsam e Trudy, al di sopra delle strette spalle di Swann.
“Questo è il conto corrente di Ken Bryant,” disse Swann, muovendo il cursore nel centro dello schermo. Luke assorbì i dettagli: depositi, prelievi, saldo totale, un range di date che andava dal 28 aprile al 27 maggio.
“Quanto è sicura la connessione?” chiese Luke. Diede un’occhiata alla stanza e fuori dalla porta. La stanza principale del centro di comando era proprio in fondo al corridoio.
“Questa?” disse Swann. Alzò le spalle. “È indipendente dal centro di comando. Sono connesso alla nostra torre e ai nostri satelliti. È criptata dai nostri. Credo che la CIA o l’NSA potrebbero cercare di violarla, ma perché preoccuparsi? Facciamo parte della stessa squadra, no? Non me ne preoccuperei. Invece, mi concentrerei su questo conto bancario. Noti niente di strano?”
“Il saldo è più di $24,000,” disse Luke.
“Esatto,” disse Swann. “Un custode con un bel po’ di soldi nel suo conto corrente. Interessante. Ora andiamo indietro di un mese. Dal 28 marzo al 27 aprile. Il saldo arriva fino a $37,000, e adesso comincia a spendere. Ci sono trasferimenti qui da un conto anonimo, $5,000, poi $4,000, poi, be’, chi se ne frega delle tasse… dammene $20,000.”
“Okay,” disse Luke.
“Indietro di un altro mese. Dalla fine di febbraio alla fine di marzo. Il saldo iniziale è di $1,129. Entro la fine del mese, è di oltre $9,000. Indietro di un altro mese, dalla fine di gennaio alla fine di febbraio, e il saldo non è mai arrivato a $2,000 in tutto il tempo. Da qui, se andiamo indietro di tre anni, vediamo che il saldo raramente ha superato i $1,500. Ecco un tizio che vive giorno per giorno, che d’un tratto comincia a ottenere grossi trasferimenti di denaro in marzo.”
“Da dove viene il denaro?”
Swann sorrise e alzò un dito. “Adesso viene il bello. Viene da una piccola banca offshore specializzata in conti numerari anonimi. Si chiama Royal Heritage Bank, e ha sede sulla Grand Cayman.”
“Riesci ad hackerarlo?” chiese Luke. Vide di sfuggita l’aria di disapprovazione di Trudy.
“Non ce n’è bisogno,” disse Swann. “La Royal Heritage appartiene a una risorsa della CIA di nome Grigor Svetlana. È un ucraino che faceva parte dell’Armata Rossa. Ha avuto qualche guaio con i russi vent’anni fa, dopo la sparizione di alcuni armamenti sovietici che poi sono riapparsi nei mercati neri dell’Africa Occidentale. Non parlo di pistole. Parlo di contraeree, artiglieria controcarri, più un po’ di missili cruise a bassa altitudine. I russi erano pronti ad appenderlo per il collo. Non avendo dove andare, si è rivolto a noi. Ho un amico a Langley, e i conti della Royal Heritage Bank, per nulla anonimi, sono in realtà un libro aperto per la comunità dell’intelligence americana. Certo, la maggior parte dei clienti della Royal non ne è al corrente.”
“Quindi sai a chi appartiene il conto che procede con i trasferimenti.”
“Sì.”
“Okay, Swann,” disse Luke. “Capisco. Sei molto sveglio. Ora arriviamo al punto.”
Swann fece un gesto verso gli schermi del computer. “Lo stesso Bryant era il titolare del conto che faceva i trasferimenti. È il conto su quel monitor a sinistra. Potete vedere che ha circa $209,000 adesso. Stava trasferendo un po’ qui e un po’ là dal conto numerario al suo conto corrente locale, probabilmente per uso personale. E se andiamo indietro di qualche mese, vediamo che il conto offshore di Bryant era stato creato il 3 marzo con un trasferimento di $250,000 da un altro conto della Royal Heritage, quello sul monitor di destra.”
Luke guardò il conto di destra. C’erano più di quarantaquattro milioni di dollari.
“Qualcuno ha assunto Bryant,” disse.
“Precisamente,” disse Swann.
“Chi è?”
“È quest’uomo.” Sullo schermo apparve una fototessera. Mostrava un uomo di mezz’età con capelli scuri che si stavano incanutendo. “Questo è Ali Nassar. Cinquantasette anni. Cittadino iraniano. Nato a Teheran in una famiglia benestante e influente. Ha studiato alla London School of Economics, poi alla Harvard Law School. È tornato a casa e ha preso un’altra laurea in legge, questa dall’università di Teheran. Quindi può lavorare sia negli Stati Uniti che in Iran. È stato coinvolto in negoziazioni commerciali internazionali per la maggior parte della carriera. Vive qui a New York e attualmente è un diplomatico iraniano delle Nazioni Unite. Ha completa immunità diplomatica.”
Luke si grattò il mento. Poteva sentire la corta barba crescere. Cominciava a essere stanco. “Fammi capire bene. Nassar ha pagato Ken Bryant, presumibilmente per avere accesso all’ospedale, e per ottenere informazioni sulle misure di sicurezza e su come evitarle.”
“Presumibilmente, sì.”
“Quindi probabilmente sta guidando una cellula terroristica qui a New York, è complice nel furto di materiale pericoloso e di almeno quattro omicidi, e non può essere perseguito dalla legge americana?”
“Pare proprio così.”
“Okay. Sei già nel conto, vero? Vediamo a chi altro manda soldi.”
“Mi ci vorrà un po’.”
“Va bene. Nel frattempo mi occupo di una faccenda.”
Luke guardò Ed Newsam. La faccia di Newsam era dura, gli occhi opachi e vuoti.
“Dimmi, Ed, ti va di fare un giro con me? Forse dovremmo fare una visita al signor Ali Nassar.”
Newsam sorrise, ma aveva un’aria più che altro accigliata.
“Mi pare divertente.”
Capitolo 10
6:20 a.m.
Centro Wellness del Congresso - Washington D.C.
Non era facile da trovare.
Jeremy Spencer si trovava di fronte a una serie di porte serrate in acciaio grigio in uno scantinato del Rayburn House Office Building. Le porte erano nascoste in un angolo del parcheggio della metropolitana. Pochissime persone erano a conoscenza dell’esistenza di questo posto. Ancor meno persone sapevano dove fosse. Si sentiva uno scemo, ma bussò alla porta comunque.
Qualcuno premette un pulsante e lo fece entrare. Spinse la porta, provando quella familiare sensazione di incertezza nello stomaco. Sapeva che la palestra del congresso era off-limits per chiunque eccetto i membri del Congresso degli Stati Uniti d’America. Eppure, nonostante la violazione del protocollo di lunga data, era stato invitato a entrarci.
Oggi era il più importante giorno della sua giovane vita. Viveva a Washington da tre anni, e stava facendo carriera.
Sette anni prima, era un morto di fame dell’Upstate New York che viveva in una roulotte. Poi era stato uno studente con piena borsa di studio alla State University di New York a Binghamton. Invece di rilassarsi e godersi la corsa, era diventato presidente del campus dei repubblicani e cronista per il giornale della scuola. Ben presto si era messo a scrivere su Breitbart e Drudge. Ora, a ciò che gli pareva dopo un respiro profondo, era un reporter di Newsmax che scriveva direttamente dal Campidoglio.
Non era una palestra di lusso. C’erano alcuni attrezzi cardiovascolari, un po’ di specchi e un po’ di pesi su uno scaffale. Un signore anziano in t-shirt e pantaloni sudati, con addosso gli auricolari, camminava su un tapis roulant. Jeremy entrò nel silenzioso spogliatoio. Svoltò l’angolo, e davanti a lui c’era l’uomo con cui era venuto a parlare.
L’uomo era alto, sui cinquantacinque, con capelli d’argento. Era davanti a un armadietto aperto, così Jeremy lo vide di profilo. La schiena era dritta, e la grande mascella si protendeva in avanti. Indossava una t-shirt e i pantaloncini, entrambi fradici dall’allenamento. Le spalle, le braccia, il petto e le gambe, ogni muscolo era definito. Aveva l’aria di un capo.
L’uomo era William Ryan, rappresentante della Carolina del Nord con un mandato di nove anni, e speaker della Camera. Jeremy sapeva tutto di lui. La sua era una famiglia ricca da generazioni. Possedevano piantagioni di tabacco da prima della Rivoluzione. Il suo trisavolo era stato un senatore degli Stati Uniti durante la Ricostruzione. Si era laureato come primo della sua classe al college militare The Citadel. Era affascinante, elegante, ed esercitava il potere con un’aria di confidenza e di diritto così totali che erano pochi nel suo partito a prendere in considerazione l’idea di opporglisi.
“Signor speaker?”
Ryan si voltò, vide Jeremy lì, e fece comparire un sorriso luminoso. La t-shirt era blu scuro, con lettere rosse e bianche. AMERICANO ORGOGLIOSO era tutto quello che dicevano. Allungò la mano per una stretta. “Scusa,” disse. “Sono ancora un po’ sudato.”
“Nessun problema, signore.”
“Okay,” disse Ryan. “Basta con il signore. In privato puoi chiamarmi Bill. Se ti sembra troppo difficile, chiamami col mio titolo. Ma voglio che tu sappia una cosa. Ti ho richiesto io, e ti darò un’esclusiva. Più tardi oggi pomeriggio, potrei tenere una conferenza stampa con tutti i media. Ancora non lo so. Ma fino ad allora, per tutto il giorno, le mie opinioni su questa crisi andranno a finire sotto la tua firma. Che ne dici?”
“Dico che mi va benissimo,” disse Jeremy. “È un onore. Ma perché proprio me?”
Ryan abbassò la voce. “Sei un bravo ragazzo. Ti seguo da un po’. E voglio darti un consiglio. In via assolutamente ufficiosa. Dopo oggi, non sarai più un cane da guerra. Sei un giornalista stagionato. Voglio che stampi quello che sto per dire parola per parola, ma a partire da domani, voglio che diventi leggermente più… nuancé, diciamo. Newsmax è fantastico per quello che è, ma tra un anno ti vedrò al Washington Post. È dove abbiamo bisogno di te, e andrà così. Ma prima, la gente deve credere che sei maturato e cresciuto fino a diventare un chiamiamolo giusto ed equilibrato reporter mainstream. Ciò che hai o non hai non è importante. È tutta una questione di percezioni. Capisci quello che dico?”
“Credo di sì,” rispose Jeremy. Il sangue gli rombava nelle orecchie. Quelle parole erano eccitanti e terrificanti allo stesso tempo.
“Tutti abbiamo bisogno di amici ai piani alti,” disse lo speaker. “Incluso io. E ora spara.”
Jeremy tirò fuori il telefono. “Il registratore è accesso… adesso. Signore, è a conoscenza del massiccio furto di materiale radioattivo che è avvenuto durante la notte a New York City?”
“Più che a conoscenza,” disse Ryan. “Come ogni americano, sono profondamente preoccupato. I miei assistenti mi hanno svegliato alle quattro del mattino con la notizia. Siamo in stretto contatto con l’intelligence, e monitoriamo la situazione da vicino. Come sai bene, mi sono adoperato per far approvare una dichiarazione di guerra da parte del Congresso contro l’Iran, dichiarazione che il presidente e il suo partito hanno bloccato a ogni votazione. Ci troviamo in una situazione in cui l’Iran sta occupando il nostro alleato, la sovrana nazione dell’Iraq, e il nostro personale deve attraversare i posti di blocco iraniani per entrare e uscire dalla nostra ambasciata sul posto. Non credo che si sia verificata una serie di eventi così umilianti dalla crisi degli ostaggi in Iran del 1979.”
“Crede che il furto sia stato compiuto dall’Iran, signore?”
“Per prima cosa, chiamiamolo per quello che è. Che una bomba esploda o meno in una metropolitana, si tratta di un attentato terroristico sul suolo americano. Almeno due addetti alla sicurezza sono stati uccisi, e la grande città di New York è in stato di allarme. Secondo, non abbiamo ancora sufficienti informazioni per individuare i terroristi. Ma sappiamo che la debolezza sul piano mondiale incoraggia questo tipo di attacchi. Dobbiamo mostrare la nostra vera forza, e dobbiamo agire uniti come paese, destra e sinistra, per difenderci. Invito il presidente a unirsi a noi.”
“Che cosa pensa che dovrebbe fare il presidente?”
“Il minimo sarebbe dichiarare lo stato di emergenza nazionale. Dovrebbe investire le forze della legge di poteri speciali temporanei, finché non riusciamo a prendere i terroristi. Questi poteri dovrebbero includere sorveglianza non autorizzata, così come perquisizioni casuali e sequestri presso tutte le stazioni ferroviarie, degli autobus, presso i terminal, gli aeroporti, le scuole, le piazze pubbliche, i centri commerciali e gli altri centri di attività. Deve poi agire immediatamente per salvaguardare tutte le altre scorte di materiale radioattivo, ovunque negli Stati Uniti.”
Jeremy fissava gli occhi feroci di Ryan. Il fuoco che vi vedeva era quasi sufficiente a farlo scappare via.
“Ed ecco la cosa più importante. Se si scopre che gli attentatori sono iraniani o pagati dall’Iran, allora deve o dichiarare la guerra o fare un passo indietro e permettere a noi di farlo. Se si tratta davvero di un attacco da parte dell’Iran, e di fronte a questa informazione il presidente insiste nel bloccare i nostri sforzi per proteggere il paese e i nostri alleati nel Medio Oriente… quale scelta mi lascia? Avvierò io stesso le procedura d’impeachment.”
Capitolo 11
6:43 a.m.
Settantacinquesima Strada vicino a Park Avenue - Manhattan
Luke sedeva nel retro di un SUV dell’agenzia con Ed Newsam. Erano dall’altra parte di una tranquilla strada costeggiata da alberi, di fronte a un elegante, alto e moderno edificio con doppie porte in vetro e un usciere in guanti bianchi all’ingresso. Mentre osservavano, l’usciere teneva la porta aperta per una donna bionda e magra in abito bianco che usciva con un cane. Luke odiava questi edifici.
“Be’, c’è almeno una persona in questa città che non sembra preoccuparsi di un attentato terroristico,” disse Luke.
Ed si stravaccò sul sedile. Sembrava mezzo addormentato. Con i pantaloni cargo beige e la t-shirt bianca dipinta sulle sue qualità cesellate, la testa come una palla da biliardo e la barba quasi corta, Ed non dava l’impressione di un agente federale. Certamente non somigliava a nessuno che questo edificio avrebbe lasciato entrare.
Pensando ad Ali Nassar, Luke era infastidito dalla sua immunità diplomatica. Sperava che Nassar non cercasse di avvantaggiarsene. Luke non aveva pazienza per le negoziazioni.
Il telefono di Luke suonò. Lo guardò. Premette il bottone.
“Trudy,” disse. “Come posso aiutarti?”
“Luke, abbiamo nuove informazioni,” disse. “Sul corpo che tu e Don avete trovato all’ospedale.”
“Dimmi tutto.”
“Ibrahim Abdulraman, trentun anni. Cittadino libanese, nato a Tripoli da una famiglia molto povera. Scarsa educazione, se ne ha avuta una. Si è arruolato nell’esercito a diciotto anni. In breve tempo è stato trasferito nel carcere di Abū Salīm, dove ha lavorato per molti anni. In prigione è stato implicato in violazioni dei diritti umani, inclusi tortura e omicidio di oppositori politici. Nel marzo del 2011, mentre il regime cominciava a collassare, fuggì dal paese. Deve aver sentito puzza di bruciato. Un anno dopo era a Londra, a lavorare come guardia del corpo per un giovane principe saudita.”
Le spalle di Luke si accasciarono. “Mmm. Un torturatore libanese che lavora per un principe saudita? Che finisce morto mentre ruba materiale radioattivo a New York? Chi era veramente questo tizio?”
“Non ha storia di legami con estremisti, e sembra non avesse neanche fedi politiche. Non è mai stato un soldato scelto per alcun esercito, e sembra non si sia sottoposto ad alcun addestramento avanzato. A me pare che fosse un opportunista, un gorilla mercenario. È scomparso da Londra dieci mesi fa.”
“Okay, ridimmi il nome.”
“Ibrahim Abdulraman. E, Luke? C’è qualcos’altro che devi sapere.”
“Dimmi.”
“Non ho trovato io questa informazione. È sul megaschermo della sala principale. Questo Myerson del NYPD non mi ha dato i dati identificativi quando li aveva, e la ricerca l’hanno portata avanti loro. Hanno rilasciato l’informazione a tutti senza neanche dirlo a noi. Ci stanno sbattendo fuori.”
Luke guardò Ed e girò gli occhi all’insù. L’ultima cosa che voleva era essere coinvolto in una gara a chi piscia più lontano tra agenzie. “Okay, va bene…”
“Senti, Luke. Sono un po’ preoccupata per te. Rimarrai senza amici qui, e dubito che un incidente internazionale ti aiuterà. Perché non passiamo i dettagli del trasferimento bancario ai piani alti e lasciamo che sia la Sicurezza Interna a occuparsene? Possiamo scusarci per la violazione, dire che siamo stati troppo zelanti. Se incontri quel diplomatico adesso, ti esponi troppo.”
“Trudy, sono già arrivato.”
“Luke…”
“Trudy, adesso riattacco.”
“Cerco di aiutarti,” disse la donna.
Dopo aver riattaccato, guardò Ed.
“Sei pronto?”
Ed si mosse appena. Fece un cenno in direzione dell’edificio.
“Sono nato per fare queste cose.”
*
“Posso aiutarvi, signori?” disse l’uomo mentre entravano.
Un lampadario scintillante pendeva dal soffitto di fronte alla lobby. A destra, c’erano un sofà e un paio di sedie di marca. C’era un bancone lungo il muro sinistro, con un altro usciere dietro di esso. Aveva un telefono, un computer e un ammasso di schermi. Aveva anche una piccola televisione sintonizzata sui notiziari.
L’uomo pareva sui quarantacinque anni. Gli occhi erano rossi e venati, non necessariamente iniettati di sangue. I capelli erano tenuti all’indietro dal gel. Sembrava che fosse appena uscito dalla doccia. Luke pensò che lavorasse lì da tanto di quel tempo che avrebbe potuto bere tutta la notte e lavorare dormendo. Probabilmente era in grado di riconoscere ogni singola persona che fosse mai entrata o uscita da questo posto. E sapeva che Ed e Luke qui non c’entravano nulla.
“Ali Nassar,” disse Luke.
L’uomo prese il telefono. “Signor Nassar. L’attico. Chi devo annunciare?”
Senza dire una parola, Ed scivolò oltre il banco e schiacciò la cornetta del telefono, troncando la connessione. Ed era grande e grosso come un leone, ma quando si muoveva era fluido ed elegante come una gazzella.