- -
- 100%
- +
Sebbene Crivaro fosse stato duro, non lo aveva considerato “brusco”. Infatti, era giunta a considerarlo come una gentile figura paterna, anche se diversa dal suo vero padre.
Riley e McCune seguirono Crivaro fino ad un’auto al livello del parcheggio dell’edificio dell’FBI. Nessuno fiatò, mentre Crivaro, alla guida, li portò fuori dall’edificio e continuò in direzione nord, tra le strade della città.
Riley cominciò a chiedersi se Crivaro le avrebbe spiegato che cosa avrebbero fatto, ovunque fossero diretti.
Alla fine, raggiunsero un quartiere di aspetto squallido. Sui lati della strada c’erano file di case, che, un tempo, pensò Riley, dovevano essere state graziose ma ora apparivano pericolanti.
Mentre continuava a guidare, l’Agente Crivaro finalmente le rivolse la parola.
“Due fratelli, Jaden e Malik Madison gestiscono un giro di droga in questo quartiere da ormai un paio d’anni. Appoggiati dalla loro gang, hanno passato il segno, vendendo persino sulla strada, come se fosse una sorta di mercato all’aperto. La polizia del posto non è riuscita a fermarli.”
“Perché no?” Riley chiese.
Crivaro rispose: “La gang è riuscita ad isolare la polizia. In effetti, hanno spaventato a morte l’intero quartiere: colpi di pistola da auto in corsa, quel genere di cose. Un paio di ragazzi sono stati colpiti a morte, perché si sono ritrovati nel posto sbagliato. Nessuno ha osato parlare con la polizia di quanto sta accadendo.”
Spostando lo sguardo lungo le file di case, Crivaro proseguì.
“E’ stata chiamata l’FBI ad occuparsene alcuni giorni fa. Proprio stamattina, uno dei nostri uomini sotto copertura è riuscito ad arrestare Jaden. Suo fratello, Malik, è ancora a piede libero, e la gang si è dispersa. Ma, grazie all’arresto, siamo riusciti ad ottenere un mandato per perquisire la casa in cui lavoravano.”
Riley chiese: “Se la gang è ancora là fuori, non ricomincerà di nuovo tutto da capo?”
McCune intervenne: “E’ di questo che dovrebbe occuparsi davvero la polizia del posto. Creeranno una ‘mini stazione’ proprio sul marciapiede: un tavolo da picnic e delle sedie, custodite da un paio di agenti in uniforme. Lavoreranno con i locali per assicurarsi che la cosa non si ripeta di nuovo.”
Riley quasi chiese …
Ma non ricominceranno in un altro quartiere?
Ma sapeva che era una domanda stupida. Naturalmente, avrebbero cominciato altrove, a meno che non venissero catturati. E, a quel punto, polizia ed FBI avrebbe dovuto ricominciare da capo, ovunque si trovassero. Era normale in questo tipo di lavoro.
Crivaro fermò l’auto e indicò la casa più vicina.
“La perquisizione è già in corso in quella lì” indicò. “E siamo qui per aiutare.”
Quando uscirono dall’auto, Crivaro agitò severamente il dito verso Riley.
“Con ‘noi’, intendo l’Agente McCune e me. Tu sei qui per osservare ed apprendere. Perciò, stai fuori dai piedi. E non toccare niente.”
Riley provò un brivido alle sue parole. Ma annuì obbediente.
Un poliziotto in uniforme, che si trovava sulla porta d’accesso, li guidò all’interno. Riley capì subito che una grande operazione era in corso. Lo stretto corridoio brulicava di poliziotti locali ed agenti che indossavano le giacche dell’FBI. Avevano raccolto armi e sacchi di droga nel bel mezzo del pavimento.
Crivaro sembrò contento. Si rivolse ad uno degli uomini dell’FBI: “Sembra che abbiate scoperto una vera miniera d’oro qui.”
L’uomo dell’FBI rise e disse: “Siamo certi che questa sia solo la punta dell’iceberg. Dev’esserci ancora un mucchio di denaro qui da qualche parte, ma non l’abbiamo ancora trovato. Ci sono decine di posti in cui nascondere la roba in una casa come questa. I nostri uomini setacceranno ogni centimetro.”
Riley seguì Crivaro e McCune lungo una rampa di scale fino al secondo piano.
Si accorse che la casa, come le altre che la circondavano, era più grande di quanto apparisse dall’esterno. Sebbene fosse stretta, era tuttavia profonda, con molte stanze lungo i corridoi. Oltre ai due piani a vista, Riley suppose che l’abitazione avesse anche un attico e un sottoscala.
In cima alle scale, quattro agenti quasi si scontrarono con Crivaro, mentre uscivano da una delle stanze.
“Non c’è niente lì” uno degli agenti disse.
“Sicuri?” Crivaro domandò.
“Abbiamo perquisito da cima a fondo” l’altro agente intervenne.
Poi, una voce proveniente dall’interno di una stanza si sentì direttamente dal fondo del corridoio …
“Ehi, credo che abbiamo trovato qualcosa qui!”
Riley seguì Crivaro e McCune in fondo al corridoio. Prima che potesse entrare con loro nella stanza, Crivaro allungò una mano e la fermò.
“Huh-uh” le disse. “Puoi guardare stando qui nel corridoio.”
Riley rimase fuori dalla porta e vide cinque uomini perquisire la stanza. Quello che aveva chiamato Jake era fermo vicino ad una forma rettangolare sulla parete.
Disse: “A quanto pare deve essere stato un montacarichi. Scommettiamo che ci troveremo qualcosa dentro?”
“Aprilo” Crivaro disse.
Riley fece un passo in avanti, per vedere che cosa stessero facendo.
Jake la guardò e gridò …
“Ehi, Sweeney. Che cosa ti ho appena detto?”
Riley stava per spiegare che non intendeva davvero entrare, quando Jake ordinò ad un poliziotto …
“Chiudi quella maledetta porta.”
La porta fu sbattuta sulla faccia di Riley, che rimase nel corridoio sentendosi sciocca ed imbarazzata.
Perché l’Agente Crivaro è arrabbiato con me? si chiese.
Molti rumori provenivano dall’interno della stanza adesso. Sembrava che qualcuno stesse prendendo un piede di porco, usandolo nella parete dove una volta si trovava il montacarichi. Riley avrebbe voluto vedere che cosa stava succedendo, ma riaprire la porta era fuori questione.
Andò in fondo al corridoio e nella stanza sull’altro lato, quella che gli agenti avevano dichiarato di aver già perquisito. Sedie e mobili erano rovesciati, e un tappeto era sgualcito per essere stato sollevato e gettato di nuovo a terra.
Sola nella stanza, Riley si diresse alla finestra che dava sulla strada.
All’esterno vide numerose persone che si muovevano rapidamente, come se andassero di fretta, qualunque fosse la destinazione.
Non si sentono al sicuro fuori, intuì, e questo le parve incredibilmente triste.
Si chiese da quanto tempo quel quartiere non era più un bel posto in cui vivere.
Si chiese anche …
Facciamo davvero la differenza?
Riley provò ad immaginare come sarebbe stata la vita lì, dopo che la “mini stazione” menzionata dall’Agente McCune fosse stata creata. I vicini si sarebbero sentiti più sicuri solo vedendo alcuni poliziotti seduti ad un tavolo da picnic?
Riley sospirò, mentre le persone per strada continuavano a muoversi con evidente fretta per strada.
Capì che si stava ponendo la domanda sbagliata.
Non c’è un “noi”, almeno non ancora.
Non era per nulla coinvolta in questa operazione. E, certamente, l’Agente Crivaro non riponeva alcuna fiducia in lei.
Si allontanò dalla finestra e tornò verso la porta. Mentre passava sopra il tappeto spiegazzato, avvertì uno strano suono sotto i suoi piedi. Si fermò e rimase immobile per un momento. Poi, batté il tacco contro il pavimento.
Iil punto in cui si trovava sembrava stranamente vuoto.
Si spostò ai lati del tappeto e sollevò il bordo dal pavimento.
Non vide alcunché di insolito, soltanto un normale pavimento in legno massiccio.
Direi che mi stavo immaginando qualcosa, pensò.
Ricordò la frase che uno degli agenti aveva detto uscendo fuori da questa stanza.
“Abbiamo setacciato da cima a fondo.”
Senz’altro, non avrebbe trovato qualcosa che era sfuggito agli agenti dell’FBI.
Eppure, era certa di aver sentito qualcosa di strano. Non lo avrebbe notato se qualcun altro si fosse mosso per la stanza. Se n’era accorta soltanto perché c’era silenzio.
Fece un paio di passi sul lato, e sbatté di nuovo il tacco contro il pavimento, che sembrava solido, anche in questo caso. Poi, si chinò e batté sul punto che aveva notato prima con le nocche.
Di fatto, sembrava vuoto. Non riusciva a vedere alcuna traccia di apertura, ma …
Mi chiedo.
Si rese conto che un’asse era più corta delle altre. Aveva un punto nero su un lato, che sembrava un ordinario nodo del legno.
Riley premette il nodo con il dito.
Fu molto sorpresa, quando l’asse si sollevò un po’ alla fine.
Ho trovato qualcosa! pensò.
Ho davvero trovato qualcosa!
CAPITOLO QUATTRO
Riley sollevò l’asse all’estremità, che si era alzata leggermente.
L’intera asse si allentò, per poi girarsi su un lato.
E, come previsto, c’era un’apertura nello spazio sotto il pavimento.
Riley guardò più attentamente. Stipati sotto le assi del pavimento, proprio nascosti, c’erano mazzi di banconote.
Gridò forte: “Agente Crivaro! Ho trovato qualcosa!”
Mentre aspettava una risposta, Riley scorse dell’altro accanto a quelle banconote. Era il bordo di un oggetto di plastica.
Riley si protese e raccolse l’oggetto.
Era un cellulare, un modello più semplice di quello che le era stato dato poco prima. Si rese conto che doveva essere uno di quelli prepagati, che non consentiva di rintracciare il proprietario.
Un telefono usa e getta, pensò. Dev’essere molto utile per un’operazione di droga.
Improvvisamente, sentì una voce gridare dalla porta …
“Sweeney! Che cosa diavolo pensi di fare?”
Riley si voltò e vide l’Agente Crivaro, col volto rosso per la rabbia. L’Agente McCune era entrato proprio dietro di lui.
Gli porse il cellulare e disse: “Ho trovato qualcosa, Agente Crivaro.”
“Lo vedo” Crivaro disse. “E ci sono sopra tutte le tue dita. Dammi quel coso.”
Riley diede il cellulare a Crivaro, che lo prese con cautela con pollice ed indice e lo mise in un sacchetto per le prove. Vide che sia lui sia l’Agente McCune indossavano i guanti.
Si sentì arrossire per la vergogna e l’imbarazzo.
Che figuraccia.
McCune s’inginocchiò e guardò nello spazio sotto il pavimento.
Disse: “Ehi, Agente Crivaro! Dia un’occhiata qui!”
Crivaro s’inginocchiò accanto al giovane, che disse: “Sono i soldi che abbiamo cercato in tutta la casa.”
“Vedo” Crivaro disse.
Rivolgendosi di nuovo a Riley, Crivaro scattò …
“Hai toccato questi soldi?”
Riley scosse la testa.
“Sei sicura?” Crivaro chiese.
“Sono sicura” Riley rispose timidamente.
“Come l’hai trovata?” Crivaro chiese, indicando l’apertura.
Riley alzò le spalle e disse: “Stavo soltanto passando di qui, e ho percepito come un vuoto sotto il pavimento, allora ho sollevato il tappeto e …,”
Crivaro interruppe: “E hai strappato via quest’asse.”
“Beh, non ho esattamente strappato via nulla. Si è sollevata quando l’ho toccata in un certo punto.”
Crivaro ringhiò: “L’hai toccato. E anche il telefono. Non posso crederci. Hai sparso le tue impronte ovunque.”
Riley balbettò: “Mi, mi dispiace, signore.”
“Fai bene a dispiacerti, dannazione” disse Crivaro. “Ti porto fuori di qui, prima che incasini qualcos’altro.”
Poi, si alzò dal pavimento e si pulì le mani.
Disse: “McCune, assicurati che la squadra continui a cercare. Quando terminate con le stanze su questo piano, continuate a cercare nel sottotetto. Credo che sia improbabile che riusciremo a trovare altro, ma dobbiamo cercare ovunque.”
“Sarà fatto, signore” McCune obbedì.
Crivaro riaccompagnò Riley di sotto e poi fino alla sua auto.
Mentre si allontanavano, Riley chiese: “Torniamo alla sede centrale?”
“Non oggi” fu la risposta dell’agente. “Forse mai. Dove abiti? Ti accompagno a casa.”
Con voce rotta per l’emozione, Riley gli diede il suo indirizzo.
Mentre l’uomo guidava in silenzio, Riley si ritrovò a ricordare quanto Crivaro fosse stato impressionato da lei a Lanton, e come le avesse detto …
“L’FBI ha bisogno di giovani come te, specialmente donne. Saresti un’ottima agente del BAU.”
Le cose erano cambiate!
E sapeva che non era soltanto per via dell’errore che aveva commesso. Crivaro era stato freddo con lei dall’inizio oggi.
Al momento, Riley avrebbe soltanto voluto che lui dicesse qualcosa, qualunque cosa.
Gli chiese timidamente: “Ha trovato qualcosa nell’altra stanza in fondo al corridoio? Voglio dire, dove si trovava il montacarichi?”
“Niente” fu la risposta di Crivaro.
Scese di nuovo il silenzio. Adesso Riley stava cominciando a sentirsi confusa.
Sapeva di aver commesso un terribile errore, ma …
Che cosa dovrei fare?
Aveva avuto il presentimento che in quella stanza ci fosse qualcosa sotto il pavimento.
Avrebbe dovuto semplicemente ignorare quella sensazione?
Raccolse il coraggio e disse …
“Signore, so di aver fallito, ma non ho trovato qualcosa d’importante laggiù? Quattro agenti hanno perquisito quella stanza e non hanno notato quello spazio. Stavate cercando il denaro e io l’ho trovato. Qualcun altro lo avrebbe trovato, se non lo avessi fatto io?”
“Questo non è il punto” Crivaro replicò.
Riley soffocò l’urgenza di chiedere …
Allora qual è il punto?
Crivaro continuò a guidare in silenzio, imbronciato, per diversi minuti. Poi, disse con voce tranquilla e rancorosa: “Mi sono fatto in quattro per farti entrare in questo programma.”
Di nuovo silenzio. Ma Riley comprese che quelle parole avevano un enorme significato. Capì che Crivaro si era davvero esposto per lei, non solo per farla entrare nel programma, ma anche per farle da mentore. E, probabilmente, aveva fatto arrabbiare alcuni colleghi, forse escludendo dei candidati che potevano essere più promettenti di Riley.
Ora che vedeva le cose in quel modo, la freddezza di Crivaro cominciò ad avere senso: non aveva ancora voluto mostrare il benché minimo trattamento preferenziale nei suoi confronti. In effetti, si era comportato all’opposto. Aveva contato su di lei, affinché si dimostrasse degna senza ricevere alcun incoraggiamento da parte sua e nonostante i dubbi e risentimenti dei colleghi.
A giudicare dagli sguardi e sussurri che lei aveva notato tra gli altri tirocinanti durante la giornata, i colleghi di Crivaro non erano gli unici che avevano risentimenti. Aveva affrontato una strada in salita già in partenza …
E aveva mandato tutto a monte in un solo pomeriggio, commettendo uno stupido errore. Crivaro aveva un buon motivo per provare delusione e rabbia.
Fece un lungo e lento respiro e disse…
“Mi dispiace. Non si ripeterà.”
Crivaro non rispose per alcuni istanti.
Infine parlò: “Immagino che tu voglia una seconda chance. Beh, lascia che ti dica una cosa: dare seconde chance non è il forte dell’FBI. Il mio ultimo partner è stato licenziato per aver commesso lo stesso errore e sicuramente l’ha meritato. Un errore simile ha delle conseguenze. Talvolta significa rovinare un caso, magari al punto che un delinquente ne viene fuori libero. In altri casi, costa la vita di qualcuno. Può costare persino la tua stessa vita.”
Crivaro le lanciò uno sguardo accigliato.
“Allora che cosa pensi che dovrei fare?” le chiese.
“Non lo so” Riley rispose.
Crivaro scosse la testa. “Neanch’io lo so, di certo. Immagino che forse dovremmo entrambi dormirci sopra. Io devo decidere se ho giudicato male le tue abilità. Tu devi decidere se hai davvero ciò che serve per restare in questo programma.”
Riley sentì un nodo in gola; gli occhi le bruciavano, mentre sbatteva forte le palpebre.
Non piangere, si disse.
Piangere era la sola cosa che avrebbe ulteriormente peggiorato le cose.
CAPITOLO CINQUE
Ancora dispiaciuta per il rimprovero di Crivaro, Riley arrivò a casa due ore prima di Ryan.
Al suo rientro, il ragazzo sembrò sorpreso di vedere che lei fosse tornata così presto, ma era troppo eccitato per la sua giornata e non notò quanto la fidanzata fosse giù di morale.
Si sedette al tavolo della cucina con una birra, mentre Riley scaldava una pasta al formaggio per cena. Si accorse immediatamente che era davvero eccitato per quello che stava facendo presso lo studio legale, ed ansioso di parlargliene. Ma Riley dovette sforzarsi per prestargli attenzione.
Gli erano state affidate più mansioni di quanto si era aspettato, molte ricerche ed analisi complesse, trascrizione di istruzioni, preparazione per le udienze, e altri compiti che Riley a malapena comprendeva. Sarebbe persino apparso in tribunale l’indomani per la prima volta. Avrebbe assistito gli avvocati già incaricati, naturalmente, ma era una tappa fondamentale per lui.
Ryan appariva nervoso, intimorito, forse un po’ spaventato, ma soprattutto esaltato.
Riley provò a continuare a sorridere, mentre sedevano e consumavano la cena. Voleva essere felice per lui.
Infine, Ryan chiese …
“Wow, sto parlando soltanto io. E a te? Com’è andata la giornata?”
Riley deglutì.
“Poteva andar meglio” rispose. “In realtà, è andata piuttosto male.”
Ryan si allungò dall’altra parte del tavolo e le prese la mano, con un’espressione di sincera preoccupazione.
“Mi dispiace” disse. “Ti va di parlarne?”
Riley si chiese se parlarne l’avrebbe fatta sentire meglio.
No, inizierò soltanto a piangere.
Inoltre, Ryan avrebbe potuto non prendere bene il fatto che lei fosse in realtà andata sul campo oggi. Entrambi avevano dato per scontato che lei avrebbe fatto il suo addestramento al sicuro in ambiente interno e che non potesse trovarsi in una situazione di vero pericolo …
“Non ho voglia di entrare nei dettagli” Riley disse. “Ma ricordi l’Agente Speciale Crivaro, l’uomo dell’FBI che mi ha salvato la vita a Lanton?”
Ryan annuì.
Riley continuò: “Beh, dovrebbe farmi da mentore. Ma ora ha dei dubbi sulla mia permanenza nel programma. E … immagino, di avere anch’io dei dubbi a riguardo. Forse tutto questo è stato un errore.”
Ryan si limitò a stringerle la mano, senza parlare.
Riley sperava che lui dicesse qualcosa. Ma che cosa avrebbe potuto dirle?
Che cosa si aspettava che dicesse?
Dopotutto, fin dal primo momento, Ryan non si era dimostrato entusiasta del fatto che Riley seguisse il programma. Probabilmente, in realtà, sarebbe stato felice se lei si fosse tirata indietro, o, forse, anche se fosse stata cacciata via.
Dopo un po’, Ryan esordì: “Ascolta, forse non è il momento giusto per te di farlo. Voglio dire, aspetti un bambino, ci siamo appena trasferiti in questa nuova casa, e io ho appena iniziato alla Parsons e Rittenhouse. Forse dovresti solo aspettare fino …”
“Aspettare fino a che cosa?” Riley replicò. “Finché sarò una mamma che cresce un bambino? Come potrebbe funzionare?”
Ryan sgranò gli occhi, avvertendo il tono amareggiato di Riley, che rimase essa stessa stupita del suono della sua stessa voce.
“Mi dispiace” aggiunse. “Non intendevo dirlo.”
Ryan rispose con tranquillità: “Riley, tu diventerai una mamma con un figlio. Noi diventeremo genitori. E’ una realtà con cui entrambi dobbiamo confrontarci, che tu segua questo addestramento o o meno quest’estate.”
In quel momento Riley dovette realmente sforzarsi per non piangere. Il futuro sembrava così confuso e misterioso.
Poi gli domandò: “Che cosa farò, se sarò fuori dal programma? Non posso starmene semplicemente seduta tutto il giorno in quest’appartamento.”
Ryan alzò lievemente le spalle.
“Beh, puoi sempre trovare un lavoro, contribuire con le spese. Magari un lavoro temporaneo, qualcosa che potresti abbandonare nel momento in cui ti stuferai. Hai l’intera vita davanti. C’è molto tempo per scoprire che cosa vuoi davvero fare. Ma, a breve, potrei fare carriera tanto da permetterti di non dover più lavorare se non vorrai.”
Rimasero entrambi silenziosi per un momento.
Poi Riley riprese: “Quindi pensi che dovrei lasciar perdere?”
“Quello che penso io non importa” Ryan replicò. “Spetta a te decidere. E, qualunque cosa deciderai, farò del mio meglio per sostenerti.”
Non parlarono molto per il resto del pasto.
Finita la cena, si misero davanti alla TV ma Riley non riusciva davvero a concentrarsi su ciò che stavano guardando. Continuava a pensare alle parole dell’Agente Crivaro …
“Devi decidere se hai davvero ciò che serve per restare in questo programma.”
Più Riley ci pensava, più i dubbi e le incertezze aumentavano.
In fin dei conti era normale, non doveva pensare solo a se stessa. C’erano Ryan, il bambino e persino l’Agente Crivaro.
Improvvisamente, ricordò un’altra frase che il suo presunto mentore aveva pronunciato …
“Mi sono fatto in quattro per farti entrare in questo programma.”
E tenerla nel programma non avrebbe semplificato la vita di Crivaro. Probabilmente, avrebbe continuato ad essere criticato dai colleghi che non pensavano che Riley appartenesse davvero a quel mondo, specie se non avesse dimostrato subito di corrispondere alle sue aspettative.
E, di certo, non lo aveva fatto quel giorno.
Ryan infine si fece una doccia e andò a letto. Riley rimase seduta sul divano, continuando a rimuginare sulle proprie scelte.
Infine, prese un taccuino giallo a righe e cominciò a scrivere una lettera di dimissioni ad Hoke Gilmer, il supervisore dell’addestramento. Fu sorpresa dal fatto di sentirsi molto meglio, già mentre scriveva la lettera. Quando la ebbe terminata, fu come se la sua mente fosse stata liberata da un fardello.
Questa è la scelta giusta, pensò.
Immaginò di doversi alzare presto l’indomani mattina, comunicare a Ryan la sua decisione, scrivere la lettera al computer del fidanzato, stamparla e spedirla con la posta del mattino. Avrebbe anche chiamato l’Agente Crivaro, che senz’altro ne sarebbe stato sollevato.
A quel punto, andò a letto, sentendosi molto meglio dopo aver fatto quella scelta, e riuscì ad addormentarsi facilmente.
Riley si ritrovò a camminare nel J. Edgar Hoover Building.
Che cosa ci faccio qui? si domandò.
Poi, notò il taccuino giallo a righe nella sua mano, con la sua lettera scritta sopra.
Oh, sì, comprese.
Sono venuta a consegnarla personalmente all’Agente Gilmer.
Scese tre piani con l’ascensore, poi entrò nell’aula dove i tirocinanti si erano radunati il giorno prima.
Quello che vide la preoccupò molto: tutti i tirocinanti erano seduti nell’aula, intenti ad osservare ogni suo movimento. L’Agente Gilmer era di fronte a loro e la guardava a braccia conserte.
“Che cosa vuoi, Sweeney?” Gilmer chiese, mostrandosi molto più severo di quanto fosse stato il giorno prima, quando si era rivolto al gruppo.
Riley guardò i tirocinanti, che la osservarono in silenzio, con espressioni accusatorie.
Poi si rivolse a Gilmer: “Non le ruberò molto tempo. Devo soltanto consegnarle questa.”
Gli porse il taccuino giallo a righe.
Gilmer sollevò gli occhiali da lettura e guardò il taccuino.
“Questo che cos’è?” chiese.
Riley aprì la bocca per dire …
“E’ la mia lettera di dimissioni dal programma.”
Ma, inspiegabilmente, dalla sua bocca uscirono parole diverse …
“Io, Riley Sweeney, giuro solennemente di sostenere e difendere la Costituzione degli Stati Uniti …”
Preoccupata, comprese …
Sto pronunciando il giuramento dell’FBI.
E non sembrava riuscire a fermarsi.
“…a cui resterò fedele …”
Gilmer indicò il taccuino giallo con le righe e chiese di nuovo …
“Questo che cos’è?”
Riley voleva ancora spiegare che cosa fosse davvero, ma le parole del giuramento continuavano ad uscire dalla sua bocca …
“… Prendo liberamente questo impegno, senza alcuna riserva mentale …”






