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Quando terminò, Jilly era davvero in lacrime.
“Prima che la mia nuova mamma entrasse nella mia vita, tutti quelli che amavo se ne sono andati alla fine. Non sopportavano di vivere con papà, perché era così cattivo con loro. Mia madre, mio fratello maggiore, persino la mia cucciola, Darby, è scappata.”
A Riley si strinse la gola. Ricordò Jilly piangere, mentre parlava della cucciola che aveva perso tanti mesi fa. La ragazza si chiedeva ancora che cosa ne fosse stato di Darby.
“La prego” si rivolse al giudice. “La prego, non mi faccia ritornare lì. Sono felice con la mia nuova famiglia. Non mi porti lontano da loro.”
Poi, Jilly lasciò il banco e tornò a sedersi accanto a Riley.
Riley le strinse la mano e le sussurrò: “Sei stata molto brava. Sono orgogliosa di te.”
Jilly annuì e si asciugò le lacrime.
Poi, l’avvocato di Riley, Delbert Kaul, mostrò al giudice tutti i documenti necessari per finalizzare l’adozione. Sottolineò in particolare il modulo di consenso firmato dal padre di Jilly.
Riley si concentrò sul processo: Kaul stava facendo un lavoro ragionevolmente meticoloso. Ma la sua voce e il suo modo di fare non erano molto efficaci, ed il giudice, un uomo nerboruto, imbronciato, con piccoli occhi pungenti, non sembrava affatto colpito.
Per un momento, la mente di Riley tornò alla bizzarra telefonata che ieri aveva ricevuto da Morgan Farrell. Naturalmente, lei aveva contattato la polizia di Atlanta immediatamente. Se quello che la donna aveva detto era vero, doveva trovarsi ormai in custodia cautelare. Riley non poté fare a meno di domandarsi che cosa fosse davvero accaduto.
Realmente la donna fragile che aveva incontrato ad Atlanta aveva commesso un omicidio?
Questo non è il momento di pensarci, si disse.
Quando Kaul terminò, l’avvocato di Scarlatti si alzò in piedi.
Jolene Paget era una donna scrupolosa sui trent’anni, le cui labbra sembravano essere state scolpite per formare un lieve ma perpetuo sorrisetto.
Disse al giudice: “Il mio cliente si oppone a quest’adozione.”
Il giudice annuì e ringhiò: “So che è così, Signora Paget. Il suo cliente farà meglio ad avere una buona ragione per voler cambiare la propria decisione.”
Riley notò immediatamente che, a differenza del suo avvocato, la Paget non utilizzava appunti. E, a differenza di Kaul, la sua voce e il suo atteggiamento esprimevano sicurezza.
Il legale riprese: “Il Signor Scarlatti ha decisamente una buona ragione, Vostro Onore. Ha dato il suo consenso per costrizione. Stava attraversando un momento davvero difficile e non aveva un lavoro. E sì, allora beveva. Ed era depresso.”
Paget fece un cenno con il capo verso Brenda Fitch, anche lei seduta in aula, e proseguì: “Era preda facile per la pressione subita dai servizi sociali, specialmente da questa donna. Brenda Fitch l’ha minacciato di denunciarlo per crimini e reati fittizi.”
Brenda emise un forte sussulto di sdegno. Si rivolse alla Paget: “Questo non è vero, e lei lo sa.”
Il sorrisetto della Paget si allargò mentre riprendeva: “Vostro Onore, vorrebbe gentilmente chiedere alla Signora Fitch di non interrompere?”
“La prego di fare silenzio, Signora Fitch” il giudice intervenne.
La Paget aggiunse: “Il mio cliente desidera anche accusare la Signora Paige di rapimento, con la complicità della Signora Fitch.”
Brenda emise un udibile sussulto di disgusto, ma Riley si impose di restare in silenzio. Aveva immaginato che la Paget avrebbe sollevato la questione.
Il giudice disse: “Signora Paget, lei non ha presentato alcuna prova di rapimento. Per quanto riguarda la costrizione e le minacce da lei menzionate, non ha presentato alcuna prova. Non ha detto nulla per persuadermi che l’iniziale consenso del suo cliente non debba perdurare”
Albert Scarlatti si alzò in piedi.
“Potrei spendere due parole in mia difesa, Vostro Onore?” pregò.
Quando il giudice annuì in segno di consenso, la preoccupazione di Riley aumentò.
Scarlatti chinò la testa e parlò con voce bassa e tranquilla.
“Ciò che Jilly le ha raccontato in merito a quello che le ho fatto sembra orribile, lo so. E Jilly, sono tremendamente dispiaciuto. Ma la verità è, che non è esattamente quanto è accaduto.”
Riley dovette sforzarsi per non interromperlo. Era sicura che Jilly non avesse mentito a riguardo.
Albert Scarlatti sorrise un po’ tristemente. Un caldo sorriso si disegnò sui suoi tratti logorati.
“Jilly, sicuramente ammetterai di essere stata una ragazza difficile da crescere. Puoi essere una sfida, figlia mia. Hai un carattere irascibile, e qualche volta andavi completamente fuori controllo, e proprio non sapevo che cosa fare quel giorno. Per quel che ricordo, ero soltanto davvero disperato quando ti ho rinchiusa in quell’armadio.”
L’uomo alzò leggermente le spalle e continuò: “Ma non è andata come hai detto tu. Non ti avrei mai lasciata lì per giorni. Nemmeno per poche ore. Non sto dicendo che non stai dicendo la verità, ma solo che la tua immaginazione talvolta prende il sopravvento. E io lo capisco.”
Poi, Scarlatti rivolse la propria attenzione agli altri presenti in aula.
Disse: “Sono accadute molte cose da quando ho perso la mia piccola Jilly. Mi sono ripulito. Mi sono disintossicato e vado agli Alcolisti Anonimi regolarmente, e non bevo da mesi. Spero di non bere di nuovo per il resto della mia vita. E ho un’occupazione stabile, nulla di molto eclatante, faccio solo le pulizie, ma è un buon lavoro, e posso darle una referenza dal mio datore, secondo cui sto andando bene.”
Poi, toccò la donna misteriosa che gli era seduta accanto, sulla spalla.
“Ma c’è un altro grande cambiamento nella mia vita. Ho incontrato Barbara Long, la donna migliore al mondo, ed è la cosa migliore che mi sia successa. Siamo fidanzati, e questo mese ci sposeremo.”
La donna gli sorrise con occhi scintillanti.
Scarlatti ora si riferì direttamente a Jilly.
“Esatto, Jilly. Non c’è più una famiglia con un solo genitore. Avrai un padre e una madre, una vera madre dopo tutti questi anni.”
Per Riley fu come ricevere una pugnalata al petto.
Jilly ha appena detto che io sono la sua vera mamma, pensò.
Scarlatti poi rivolse la sua attenzione a Brenda Fitch.
Disse: “Signora Fitch, il mio avvocato ha appena detto cose piuttosto dure su di lei adesso. Voglio soltanto che lei sappia che non nutro alcun rancore. Ha fatto il suo lavoro, e ne sono consapevole. Desidero soltanto che lei sappia quanto sono cambiato.”
Poi, guardò Riley dritto negli occhi.
“Signora Paige, non nutro alcun rancore neanche verso di lei. Infatti, sono grato per tutto ciò che ha fatto per prendersi cura di Jilly, mentre provavo a rimettermi in sesto. So che non dev’essere stato facile per lei, essendo single e tutto il resto. E con una figlia adolescente di cui occuparsi.”
Riley aprì la bocca per protestare, ma Albert proseguì col suo schietto parlare. “So che le vuole bene, e non ha alcun bisogno di preoccuparsi. D’ora in poi, sarò un buon padre per Jilly. E vorrei che lei continuasse a far parte della vita di Jilly.”
Riley era stupita. Adesso comprendeva il motivo per cui l’avvocato dell’uomo avesse minacciato di accusarla di rapimento.
E’ una classica situazione del poliziotto buono e del poliziotto cattivo.
Jolene Paget si era presentata come avvocato spietato preparato ad andare fino in fondo pur di vincere il caso. Aveva spianato la via a Scarlatti, così che emergesse come l’uomo più gentile del mondo.
Ed era molto convincente. Riley non poté fare a meno di chiedersi …
Lui è davvero un brav’uomo dopotutto?
Stava davvero attraversando un brutto momento?
Cosa peggiore di tutte, forse si stava sbagliando a voler provare a portargli via Jilly? Non stava facendo altro che aggiungere un trauma inutile alla vita di Jilly?
Infine, Scarlatti guardò supplichevolmente il giudice.
“Vostro Onore, la prego, mi faccia riavere mia figlia. Lei è sangue del mio sangue. Non si pentirà della sua decisione. Lo prometto.”
Una lacrima gli scese lungo una guancia, mentre si risedette.
Il suo avvocato si alzò, sembrando più compiaciuta e sicura che mai.
Si rivolse a Jilly con un tono di melliflua e finta sincerità.
“Jilly, spero che tu capisca che tuo padre vuole soltanto ciò che è meglio per te. So che hai avuto problemi con lui in passato, ma dimmi la verità adesso, non è una cosa ricorrente per te?”
Jilly sembrava confusa.
La Paget continuò: “Sono sicura che non negherai il fatto di essere scappata via da tuo padre, ed è così che Riley Paige ti ha trovata.”
Jilly disse: “Lo so, ma il motivo è che …”
La Paget interruppe, indicando i Flaxman.
“E non sei anche scappata via da questa simpatica coppia, quando ti hanno presa in affidamento?”
Gli occhi di Jilly si spalancarono e lei annuì silenziosamente.
Riley deglutì rumorosamente. Sapeva quello che la Paget stava per dire.
“E non sei anche scappata dalla Signora Paige e dalla sua famiglia una volta?”
Jilly annuì e piegò tristemente il capo.
E naturalmente era vero. Riley ricordava troppo bene quando fosse stato difficile per la ragazza abituarsi alla vita nella sua casa, specie nei momenti in cui non si era sentita in grado di sostenere la situazione. In un momento in cui si sentiva particolarmente debole, Jilly era scappata verso un’altra fermata dei camionisti, pensando che vendere il proprio corpo sarebbe stata la sua unica possibilità.
“Non sono nessuno” Jilly aveva detto a Riley, quando la polizia l’aveva riportata indietro.
L’avvocato aveva svolto bene la sua ricerca, ma Jilly era cambiata tanto da allora. Riley era certa che quei giorni d’insicurezza fossero finiti.
Continuando a mantenere un tono di profonda preoccupazione, la Paget disse a Jilly …
“Prima o poi, cara, dovrai accettare l’aiuto delle persone che tengono a te. E adesso, tuo padre desidera più di ogni cosa al mondo, darti una bella vita. Penso che gli debba una possibilità di farlo.”
Rivolgendosi al giudice, la Paget aggiunse: “Vostro Onore, lascio a lei la parola.”
Per la prima volta, il giudice sembrò sinceramente commosso.
Disse: “Signor Scarlatti, i suoi commenti eloquenti mi hanno costretto a riconsiderare la mia decisione.”
Riley sussultò rumorosamente.
Sta succedendo davvero?
Il giudice continuò: “Lo statuto dell’Arizona è molto chiaro in materia di separazione. La prima considerazione è l’adeguatezza genitoriale. La seconda considerazione è costituita dai migliori interessi della figlia. Solo se il genitore è giudicato non idoneo, la seconda considerazione verrà rimessa in questione.”
Poi, fece una pausa per riflettere per un istante.
“L’inattitudine del Signor Scarlatti non è stata stabilita qui oggi. Penso che sia piuttosto il contrario, sembra che stia facendo tutto il possibile per diventare un padre esemplare.”
Sembrando allarmato, Kaul si alzò e disse bruscamente.
“Obiezione, Vostro Onore. Il Signor Scarlatti ha rinunciato ai suoi diritti volontariamente, e questo mutamento di atteggiamento era del tutto inatteso. L’Agenzia non ha avuto modo di presentare le prove per stabilire la sua inattitudine.”
Il giudice si espresse senza dare alcun spazio ad alternative, e sbatté il martelletto.
“Allora non ho alcun motivo per poter considerare altrimenti. La custodia è affidata al padre, con effetto immediato.”
Riley non riuscì a fare a meno di emettere un grido di disperazione.
Sta succedendo davvero, pensò.
Sto perdendo Jilly.
CAPITOLO CINQUE
Riley era quasi in iperventilazione, mentre provava a capire quello che stava accadendo.
Sicuramente, posso contestare questa decisione, pensò.
L’Agenzia e l’Avvocato potevano facilmente raccogliere solide prove del violento comportamento di Scarlatti.
Ma che cosa sarebbe successo nel frattempo?
Jilly non sarebbe mai rimasta col padre. Sarebbe scappata di nuovo, e stavolta sarebbe potuta davvero sparire.
Riley rischiava di non rivedere mai più la sua figlia minore.
Ancora seduto al suo banco, il Giudice si rivolse a Jilly: “Signorina, penso che dovresti andare da tuo padre ora.”
Con sorpresa di Riley, Jilly sembrava completamente calma.
Strinse la mano di Riley e sussurrò …
“Non preoccuparti, mamma. Andrà tutto bene.”
Si diresse dove Scarlatti e la sua fidanzata si trovavano. Il sorriso di Albert Scarlatti sembrava caldo e accogliente.
Appena il padre allargò le braccia per abbracciarla, Jilly disse: “Ho una cosa da dirti.”
Un’espressione curiosa attraversò il volto di Scarlatti.
La ragazza disse: “Hai ucciso mio fratello.”
“Che, che cosa?” Scarlatti balbettò. “No, questo non è vero, e lo sai. Tuo fratello Norbert è scappato via. Te l’ho detto tante volte—”
Jilly lo interruppe.
“No, non parlo di mio fratello maggiore. Non lo ricordo nemmeno. Sto parlando del mio fratellino.”
“Ma non hai mai avuto un …”
“No, non ho mai avuto un fratellino. Perché lo hai ucciso.”
La bocca di Scarlatti si spalancò e il volto divenne rosso.
Con la voce scossa dalla rabbia, Jilly proseguì: “Immagino che tu pensi che non ricordi mia madre, perché ero così piccola quando se n’è andata. Ma invece ricordo. Ricordo che era incinta. Ricordo quando le gridavi contro. L’hai colpita allo stomaco. Ti ho visto farlo, ancora e ancora. Poi, si è ammalata. E poi, non è stata più incinta. Mi disse che era un maschietto, e che sarebbe stato il mio fratello minore, ma tu lo hai ucciso.”
Riley fu spiazzata dalle parole pronunciate da Jilly. Non aveva alcun dubbio che fosse tutto vero.
Vorrei che me lo avesse detto, pensò.
Ma, naturalmente, per la ragazza doveva essere stato troppo doloroso per parlarne, almeno fino a questo momento.
Jilly ora stava singhiozzando. Disse: “La mamma piangeva tanto quando me l’ha detto. Disse che doveva andarsene, o l’avresti uccisa prima o poi. E così se n’è andata. E non l’ho mai più rivista.”
Il volto di Scarlatti fu trasfigurato da una brutta espressione. Riley vide che stava lottando con la sua rabbia.
L’uomo ringhiò: “Ragazza, non sai di che cosa stai parlando. Stai immaginando tutto.”
Jilly disse: “Lei indossava il suo bel vestito blu quel giorno. Quello che le piaceva davvero. Vedi, lo ricordo. Ho visto tutto.”
Le parole di Jilly vennero fuori in un torrente disperato.
“Uccidi tutto e tutti prima o poi. Non puoi farne a meno. Scommetto che hai persino mentito quando mi hai detto che la mia cucciola è scappata. Probabilmente hai ucciso anche Darby.”
Scarlatti ora tremava.
La ragazza continuò a parlare: “Mia madre ha fatto la cosa giusta ad andarsene, e spero che sia felice, ovunque si trovi. E se è morta, beh, meglio che stare con te.”
Scarlatti emise un ruggito infuriato. “Taci, puttanella!”
Afferrò la figlia per la spalla con una mano, e le diede uno schiaffo sul viso con l’altro.
Jilly gridò e provò a divincolarsi da lui.
Riley si alzò in piedi, precipitandosi verso Scarlatti. Prima che arrivasse, due guardie di sicurezza afferrarono l’uomo per le braccia.
Jilly si liberò e corse da Riley.
Il giudice sbatté il martelletto e tornò tutto in silenzio. Si guardò intorno nell’aula, come se non riuscisse a credere a quanto era appena successo.
Per un momento, restò seduto lì, respirando faticosamente.
Poi, guardò Riley e disse: “Signora Paige, penso di doverle delle scuse. Ho appena preso la decisione sbagliata, e la revoco.”
Guardò Scarlatti ed aggiunse: “Un altro suono da parte sua e la farò arrestare.”
Guardando gli altri presenti nell’aula, il Giudice disse fermamente: “Non ci saranno altre udienze. Questa è la mia decisione finale in merito a quest’adozione. La custodia è affidata alla madre adottiva.”
Sbatté il martelletto ancora una volta, poi si alzò e lasciò l’aula senza aggiungere altro.
Riley si voltò e guardò Scarlatti. I suoi occhi scuri erano furiosi, ma le due guardie di sicurezza erano immobili accanto a lui. L’uomo rivolse lo sguardo alla sua fidanzata, che lo guardò con orrore. Poi, Scarlatti piegò il capo e se ne stette lì in silenzio.
Jilly si lanciò tra le braccia di Riley, singhiozzando.
Riley la strinse e disse: “Sei una ragazza coraggiosa, Jilly. Non ti lascerò mai andare, qualunque cosa accada. Puoi contarci.”
*
A Jilly faceva ancora male la guancia, mentre Riley discuteva di alcuni dettagli con Brenda e l’avvocato. Ma sapeva che presto il dolore sarebbe svanito. Aveva svelato un evento che aveva tenuto per sé troppo a lungo. Ora, era libera per sempre dal padre.
Riley, la sua nuova mamma, la riportò alla loro camera d’albergo, dove rifecero rapidamente le valigie, e andarono all’aeroporto. Arrivarono in sufficiente anticipo per prendere il volo che le riportasse a casa, e imbarcarono così i bagagli per non trascinarli con sé in giro. Poi, andarono insieme alla toilette.
Jilly si guardò allo specchio, mentre sua madre era in una cabina vicina.
Un lieve livido si stava formando sulla guancia, dove il padre l’aveva schiaffeggiata. Ma sarebbe andato tutto BENE adesso.
Il padre non poteva più farle del male. E tutto perché aveva deciso di dire finalmente la verità sul fratello minore morto. Era stato tutto quello che ci era voluto per cambiare ogni cosa.
Sul suo volto le si dipinse un piccolo sorriso, mentre ricordava la mamma che le diceva …
“Sei una ragazza coraggiosa, Jilly.”
Sì, Jilly pensò. Penso di essere abbastanza coraggiosa.
CAPITOLO SEI
Quando Riley uscì dalla toilette, non vide Jilly da nessuna parte.
La prima cosa che provò fu un lampo di rabbia.
Ricordò di averle chiaramente detto …
“Aspetta fuori dalla porta. Non ti allontanare.”
E adesso sembrava sparita.
Quella ragazza, la donna pensò.
Non temeva che perdessero il volo. Avevano molto tempo a disposizione prima di imbarcarsi. Ma aveva sperato di prendere le cose con calma e tranquillità, dopo una giornata così faticosa. Aveva programmato che facessero i controlli di sicurezza, trovassero il loro gate e poi, trovassero un buon posto in cui mangiare.
Riley sospirò scoraggiata.
Persino dopo le coraggiose azioni di Jilly nell’aula, Riley non poté fare a meno di sentirsi delusa da questa nuova dimostrazione d’immaturità.
Sapeva che se si fosse messa a cercare Jilly nel grande terminal, probabilmente avrebbero continuato a mancarsi di continuo. Cercò allora un posto dove sedersi, e attese che la figlia tornasse, il che sarebbe certamente accaduto da un momento all’altro.
Ma, mentre Riley si guardava intorno nel grande edificio aperto del terminal, intravide Jilly attraversare una delle porte di vetro che conducevano all’esterno.
O almeno pensava che fosse lei, era difficile stabilirlo da dove Riley si trovava.
E chi era quella donna con cui la ragazza sembrava essere?
Assomigliava a Barbara Long, la fidanzata di Albert Scarlatti.
Ma le due persone sparirono rapidamente tra i viaggiatori che si radunavano fuori dall’edificio.
Riley si sentì un po’ in apprensione. I suoi occhi le stavano giocando dei brutti scherzi?
No, ora era piuttosto sicura di quello che aveva visto.
Ma che cosa stava succedendo? Perché Jilly sarebbe dovuta andare con quella donna?
Riley entrò in azione. Sapeva che non c’era il tempo per trovare un senso a tutto ciò. Iniziando a correre, mise istintivamente una mano sotto la giacca leggera, e spostò la pistola che indossava all’interno della fondina sulla spalla.
Fu bloccata da una guardia di sicurezza in uniforme, che si fermò dinnanzi a lei.
L’uomo parlò con una voce calma e professionale.
“Ha un’arma, signora?”
Riley emise un gemito di frustrazione.
Disse: “Signore, non ho tempo per questo.”
Intuì dall’espressione della guardia, che aveva soltanto confermato il proprio sospetto.
L’uomo impugnò la sua arma e si spostò verso di lei. Con la coda dell’occhio, Riley vide che un’altra guardia aveva scorto l’attività, e si stava avvicinando.
“Mi lasci andare” Riley scattò, mostrando entrambe le mani. “Sono un’agente dell’FBI.”
La guardia con la pistola non rispose. Riley immaginava che non le credesse. E sapeva che era stato addestrato a non crederle. Stava soltanto facendo il suo lavoro.
Ora sembrava proprio che la seconda guardia fosse intenzionata a perquisirla.
Riley stava perdendo del tempo prezioso. Dato il suo addestramento superiore, calcolò che avrebbe potuto probabilmente disarmare la guardia armata, prima che potesse sparare. Ma l’ultima cosa di cui aveva bisogno al momento era ritrovarsi in una situazione seccante con un paio di guardie di sicurezza.
Imponendosi di restare immobile, disse: “Ascoltate, lasciate che vi mostri la mia identità.”
Le due guardie si guardarono cautamente.
“OK” la guardia armata disse. “Ma lentamente.”
Riley estrasse attentamente il distintivo e lo mostrò loro.
Le loro bocche si spalancarono.
“Ho fretta” Riley disse.
La guardia che stava di fronte a lei annuì e rinfoderò la pistola.
Con riconoscenza, iniziò a correre per il terminal, e passò oltre le porte di vetro, per ritrovarsi all’esterno.
Riley si guardò intorno. Non riusciva a vedere Jilly e neanche la donna.
Ma poi, scorse il viso della figlia nel finestrino posteriore di un SUV. La ragazza sembrava spaventata, e stava premendo le mani contro il vetro.
C’era di peggio: il veicolo stava cominciando ad allontanarsi.
Riley scattò in una corsa disperata.
Fortunatamente, il SUV si fermò. Un veicolo dinnanzi ad esso si era fermato, per consentire il transito ad alcuni pedoni, e il SUV era bloccato dietro.
Riley raggiunse il lato guidatore prima che il SUV proseguisse il suo percorso.
E, alla guida, c’era Albert Scarlatti.
Estrasse la sua pistola e la puntò attraverso il finestrino, direttamente alla testa dell’uomo.
“E’ finita, Scarlatti” gridò con tutte le sue forze.
Ma prima che se ne accorgesse, Scarlatti aprì lo sportello, sbattendoglielo contro. La pistola le cadde dalla mano, e colpì il suolo.
Riley ora era furiosa, non solo con Scarlatti, ma anche con se stessa per aver sottovalutato la distanza tra di lei e lo sportello. Per una volta, lasciò che il panico avesse la meglio su di lei.
Ma si riprese nella frazione di un secondo.
Quest’uomo non se ne sarebbe andato via con Jilly.
Prima che Scarlatti richiudesse di nuovo lo sportello, Riley ci mise dentro il braccio per bloccarlo. Lo sportello la colpì dolorosamente ma non si chiuse.
Riley mantenne lo sportello spalancato e vide che Scarlatti non si era neanche preoccupato d’indossare la cintura di sicurezza.
Lei lo afferrò per il braccio e lo trascinò, imprecando e lottando, fuori dall’auto.
Era un uomo grosso, e più forte di quanto lei si aspettasse. Lui si liberò da lei, e sollevò il pugno per colpirla al viso. Ma Riley fu più veloce. Lo colpì forte al plesso solare, e lo sentì perdere fiato, mentre cadeva in avanti. Poi, lo colpì alla nuca.
L’uomo cadde sul volto a terra.
Riley recuperò la pistola dove le era caduta, e la rimise nella fondina.
In quel momento, diverse guardie di sicurezza la circondarono. Per fortuna, una di loro era l’uomo che aveva affrontato all’interno del terminal.
“Tutto OK” l’uomo gridò alle altre guardie. “E’ dell’FBI.”
Le guardie preoccupate mantennero obbedientemente la distanza.
Ora Riley sentì Jilly gridare dall’interno dell'auto …
“Mamma! Apri il portellone”
Quando Riley si avvicinò al veicolo, vide che la donna, Barbara Long, era seduta davanti, al lato passeggero, con uno sguardo terrorizzato.






