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Cassie chiuse gli occhi e sentì la pelle d’oca scenderle lungo la spina dorsale.
Non pensava di poter gestire un altro lavoro come ragazza alla pari. Non dopo che i primi due erano andati così male.
Il suo primo impiego, in Francia, l’aveva prestato presso un ricco proprietario terriero. Fu solo dopo che arrivò al castello che Cassie si rese conto di quanto disfunzionali fossero lui e la sua fidanzata nel gestire i tre figli traumatizzati. Ognuno di questi si era ribellato contro la brutale autorità del padre in modo diverso, e Cassie aveva subito le conseguenze dei loro comportamenti.
Il lavoro si era tramutato in un incubo, e quando la fidanzata dell’uomo morì in circostanze sospette, Cassie riuscì a scampare a malapena all’arresto come sospettata di omicidio.
Il padrone – Pierre Dubois – in seguito era stato accusato del crimine, e il suo processo era tuttora in corso. Ogni volta che vedeva qualche notizia in merito, Cassie la leggeva con ansia. A causa della dura battaglia che avevano messo in atto gli avvocati, l’articolo più recente dichiarava che si sarebbe raggiunto il verdetto solo a Febbraio.
Cassie era allora andata in Gran Bretagna, cercando disperatamente di non essere notata, in caso i legali dell’uomo decidessero di presentarle un mandato di comparizione – o peggio, riuscissero a creare abbastanza prove per poter dimostrare che lei fosse la colpevole.
In Inghilterra, era corsa direttamente tra le braccia di un uomo affascinante ed attraente, che si era presentato come un padre divorziato bisognoso di urgente aiuto nel gestire i propri figli. Cassie si era presa una bella cotta per Ryan Ellis e aveva creduto ad ogni parola che lui le aveva detto. Poi il mondo idilliaco che pensava di avere trovato si era sgretolato attorno a lei man mano che le bugie venivano a galla, e la situazione si era tramutata in puro orrore.
Cassie non era ancora in grado di ripensare a quell’esperienza senza sentirsi invadere dal panico. Voltandosi, andò quasi a sbattere contro Gretchen, che era impegnata a sistemare la bacheca, togliendo alcuni degli annunci più vecchi.
“Scusa”, disse Cassie.
“Hai visto qualcosa che potrebbe interessarti?” le chiese Gretchen.
“Non ne sono sicura. Il lavoro come ragazza alla pari sembra interessante”, rispose Cassie, solo per essere educata.
“È nella periferia di Milano. È una zona molto ricca. E vivresti in famiglia, vedo, perciò avresti anche l’alloggio incluso”.
“Grazie”, disse Cassie. Fece una foto all’annuncio, sebbene sapesse che stava compiendo quel gesto senza avere alcuna intenzione di accettare il lavoro.
Diede un’occhiata ai libri in vendita. Erano un eclettico miscuglio di letteratura e saggistica. C’erano due libri sullo scaffale che le sarebbero potuti essere utili. Uno era un frasario di italiano, e l’altro un libro di lingua italiana per principianti. I volumi erano usurati e decisamente molto usati, ma erano anche economici. Felice di poter iniziare a imparare l’italiano, Cassie si diresse verso l’ufficio per pagarli.
Dopo aver comprato i libri e una tazza di caffè, partì alla ricerca della propria auto. Sebbene la città apparisse molto diversa alla luce del giorno, Cassie riuscì a tornare verso la propria vettura, sbagliando strada solo un paio di volte.
Durante il tragitto, non riuscì a smettere di pensare al lavoro come ragazza alla pari.
Era quello che passava il convento, e lei aveva disperato bisogno di rimanere in città per un po’. Dopo tutto, Tim il barista poteva ricordarsi il nome del paese in cui viveva Jacqui in qualunque momento.
Vivere sul luogo di lavoro avrebbe significato non dover disturbare gli altri viaggiatori, e Cassie non avrebbe rischiato di avere un’altra spaventosa esperienza in città, simile a quella della sera prima con Vadim.
Inoltre avrebbe lavorato per una donna. Una donna divorziata. Cassie poteva assicurarsi che ciò fosse vero, prima di prendere una decisione. Non voleva lavorare nuovamente per un uomo. Non sembrava nemmeno che ce ne fosse uno nella casa, solo la donna e le due bambine.
Poteva chiedere. Non c’era niente di male nello scoprire qualcosa di più, giusto?
Ciononostante, ricordandosi delle sue esperienze precedenti, Cassie digitò il numero con apprensione.
La chiamata fu connessa, e il telefono continuò a squillare, facendo aumentare il nervosismo di Cassie secondo dopo secondo.
Infine, vi fu una risposta.
“Buongiorno”, disse una voce di donna, che sembrava senza fiato.
Desiderando di aver avuto il tempo di studiare il suo frasario, Cassie rispose nervosamente.
“Good morning”.
“Questo è il telefono della Signora Rossi, sono Abigail. Come posso aiutarla?” continuò la donna, in un perfetto inglese. Probabilmente madrelingua, pensò Cassie.
Cercò di tenere a bada il nervosismo e parlò con sicurezza.
“Chiamo per l’annuncio di lavoro. Posso parlare con Ottavia Rossi?”
“Il lavoro? Attenda in linea. La Sig.ra Rossi è in riunione”.
Cassie udì la donna parlare con un’altra persona. Un attimo dopo, era di nuovo in linea.
“Mi spiace molto, ma il lavoro è già stato assegnato”.
“Oh”. Cassie si sentì stupita e avvilita. Non era sicura di cosa dire, ma la donna prese questa decisione per lei.
“Arrivederci”, disse, e chiuse la telefonata.
CAPITOLO CINQUE
Cassie non riusciva a comprendere come mai il lavoro come ragazza alla pari non fosse più disponibile, dato che era stato appena pubblicizzato. Era un po’ dispiaciuta che quell’opportunità di lavoro fosse già sfumata prima di riuscire a fare un colloquio.
Ora non aveva idea di cosa fare. Era tentata di salire in macchina e guidare una o due ore in una direzione a caso, sperando in qualche modo di avvicinarsi a sua sorella o persino, miracolosamente, di arrivare nella stessa città.
Cassie sapeva che in quel Paese così popolato, tempestato di paesi e villaggi di tutte le dimensioni, ciò non era solo improbabile, ma impossibile.
Aprì il baule, frugò nella propria valigia, ed estrasse le pillole che aveva saltato la notte precedente, più la sua dose mattutina.
Poi, seduta in auto, le assunse e telefonò alla sua amica Jess.
Cassie aveva trascorso una settimana di vacanza con Jess tra Natale e Capodanno. I datori di lavoro di Jess le avevano dato qualche giorno libero e dei soldi per viaggiare, e lei aveva invitato Cassie ad accompagnarla a Edimburgo.
Jess aveva pagato per l’alloggio, e Cassie aveva guidato. Avevano affittato un appartamento in periferia, trascorso le giornate a girare per la città, e le serate a far festa. In quel periodo, avevano avuto modo di chiacchierare, perciò Jess sapeva bene ciò che Cassie aveva passato, e la sconvolgente verità in merito ai suoi ultimi due lavori.
“Ehi, straniera!” Jess rispose quasi subito. “Hai trovato tua sorella?”
“Non ancora. Ho trovato qualcuno che le ha parlato di recente. Ha detto che stava in un paese ad un’ora o due da Milano, ma non riusciva a ricordarne il nome”.
“Oh, no”. Jess pareva inorridita. “È come – così vicino, ma così lontano. Ora che farai?”
“Voglio provare a restare qui per qualche settimana, perché il ragazzo mi ha detto che se dovesse ricordarsi, mi farà sapere. Ho chiamato per un lavoro come ragazza alla pari, ma è già stato assegnato. Conosci qualcuno a Milano o in Italia, che potrebbe aver bisogno di aiuto?”
Cassie rispettava molto la capacità che Jess aveva di crearsi degli agganci. Era stato grazie a lei che aveva ottenuto il suo ultimo lavoro, anche se poi non era andato a finire bene; ed era sempre grazie alle conoscenze di Jess che erano riuscite ad affittare il loro appartamento per le vacanze ad un prezzo modesto.
“A Milano?” Jess suonò pensosa.
“Oppure ovunque nei dintorni”, le ricordò Cassie, sperando di ampliare la rete.
Jess sospirò.
Non così su due piedi. Milano è nel nord dell’Italia, vero?”
“Sì”.
“Perciò anche qualcosa in Svizzera, o nel sud della Germania andrebbe bene, giusto? Non credo tu voglia tornare in Francia al momento”.
O mai più, pensò Cassie.
“Preferirei restare lontano dalla Francia”.
“Lasciami chiedere. Stanno andando tutti a sciare al momento e i miei datori di lavoro conoscono alcune persone che hanno un resort sciistico. Potresti lavorare come donna delle pulizie nello chalet. La paga non è eccellente, ma puoi sciare gratis”.
“Chiediglielo, per favore”, disse Cassie.
“Nel frattempo, assilla il ragazzo che ha parlato con tua sorella”, le consigliò Jess. “Non essere timida. Digli di sedersi con una mappa di fronte e guardare il nome di tutti i paesi finché non gli torna in mente quello giusto”.
Jess rise, e Cassie si ritrovò a ridere insieme a lei.
“Devo scappare”, disse Jess. “Appuntamento dal dentista. Per i bambini, non per me. Ci sentiamo, Cassie, in bocca al lupo!”
Non appena Cassie riagganciò, il suo telefono squillò di nuovo. Era Abigail, la donna che le aveva risposto quando aveva chiamato per il lavoro come ragazza alla pari.
“Pronto, sto parlando per conto della Sig.ra Rossi. Prima ha chiamato per un lavoro, giusto?”
“Sì, esatto”.
“Per cortesia, può dirmi di che lavoro si trattava? Era quello da stilista junior, o era per il ruolo di ragazza alla pari?”
“Era per la ragazza alla pari”.
“Prego, resti un secondo in linea”.
La donna sembrava ansiosa, e Cassie potè udire una conversazione bisbigliata in sottofondo.
Pochi attimi dopo, parlò di nuovo.
“Mi perdoni. La prego di accettare le mie scure. Non sapevo del lavoro come ragazza alla pari. La Sig.ra Rossi mi ha confermato che questa posizione è ancora disponibile, e che è quella dello stilista che è stata chiusa. Mi ha detto di chiederle se è ancora interessata”.
“Sì. Sì, lo sono”.
“La Sig.ra Rossi sarà disponibile per dei colloqui oggi pomeriggio a casa sua, dalle 14.30 in poi. Il primo candidato che avrà successo verrà assunto, e dovrà iniziare immediatamente. Posso mandarle un messaggio con l’indirizzo?”
“Certo”, disse Cassie, sentendosi nuovamente preoccupata. Sembrava che avrebbe dovuto decidere su due piedi se il lavoro fosse giusto per lei o meno. Si chiese come fossero le bimbe, e il solo pensiero le fece venire la nausea per il nervosismo.
Decise che non avrebbe potuto accettare il lavoro senza conoscere le bambine. Erano loro le persone con cui avrebbe dovuto trascorrere le giornate. La madre sembrava una donna abbiente, e nonostante la sua poca esperienza, pensava che i bambini fossero viziati o trascurati.
Quando il telefono vibrò nuovamente, e Cassie ricevette le indicazioni, decise di recarsi immediatamente sul posto.
Dopo tutto, se non fosse stata la prima in fila, non ci sarebbe stata alcuna decisione da prendere.
*Cassie raggiunse il quartiere prima di mezzogiorno. Le vie erano tranquille e tenute perfettamente, con grosse ville poste a distanza dalla strada, circondate da giardini alberati. Cassie pensò che in estate, quando gli alberi erano ricoperti di foglie, le case sarebbero state invisibili dalla strada.
Fu sorpresa nel notare la quantità di sicurezza che vide. Tutte le case avevano una staccionata o un muro, con alti cancelli automatici. Cassie non era certa se ciò fosse dovuto al fatto che i ricchi danno valore a privacy e sicurezza, o se quella zona benestante avesse un problema di criminalità. Ritenne che probabilmente era la prima delle due.
Guidando per le vie con la sua piccola vecchia utilitaria, Cassie notò che alcune persone del luogo la spiavano sospettosamente dalle loro colorate macchine sportive e dagli scuri SUV. Lei e la sua auto sembravano fuori luogo in quella zona, e gli abitanti stavano iniziando a notarla.
Pochi incroci più in là, Cassie trovò un bar. Era troppo nervosa per essere affamata, ma si obbligò a mangiare un cornetto e bere una bottiglietta d’acqua.
Ricordandosi che questa donna ovviamente lavorava nel mondo della moda, e che il quartiere era molto benestante, Cassie era desiderosa di dare una buona impressione. Andò in bagno, si lisciò i capelli e controllò di non avere briciole sulla maglia, dopo aver mangiato la pasta sfoglia ripiena di mascarpone.
Poi si diresse verso la casa e si fermò davanti al cancello in ferro battuto lavorato, esattamente due minuti prima delle due.
Stava tremando per la tensione, e sperava di poter essere più sicura delle sua capacità di decidere se il lavoro fosse giusto per lei. Avrebbe dovuto prendere una decisione su due piedi. Ci sarebbero state molte variabili da tenere in considerazione, e se lei si fosse lasciata sfuggire quelle importanti?
Le sembrava che anche il solo pensare di fare la ragazza alla pari fosse un gigantesco salto nel buio, dopo le esperienze che aveva avuto. Se non fosse stata tanto disperata di rimanere in zona e scoprire cosa fosse successo a Jacqui, non l’avrebbe neanche preso in considerazione.
Sforzandosi di respirare profondamente e rimanere calma, Cassie si sporse dal finestrino e premette il citofono.
Dopo una breve pausa, il cancello si aprì e lei si diresse lungo il vialetto che attraversava il giardino.
Parcheggiò sotto un ulivo accanto a un garage triplo, incoraggiata nel notare che non vi fossero altre auto parcheggiate. Sperava che ciò volesse dire che era la prima candidata ad essere arrivata.
Cassie camminò lungo il sentiero verso l’enorme porta di legno. Suonò il campanello e lo sentì in lontananza nella casa.
Si aspettava che alla porta avrebbe risposto la governante, o un’assistente, ma pochi momenti dopo Cassie udì il ticchettio di tacchi alti sul pavimento, e la porta fu aperta da una donna sulla quarantina, con un’inequivocabile aria di autorevolezza.
Era alta almeno mezza testa più di Cassie, ma gran parte dell’altezza era donata da un favoloso paio di stivali di pelle blu con alti tacchi ricurvi. I capelli scuri erano acconciati ad arte e le cadevano ondulati sulle spalle. Quando spalancò la porta, una pesante collana d’oro le brillava al collo, e braccialetti d’oro le tintinnavano sulle braccia.
“Buongiorno”, disse. Anche la sua voce, aveva un suono autoritario. “Devi essere qui per il colloquio come ragazza alla pari?”
“Buon pomeriggio. Sì, esatto. Mi chiamo Cassie Vale. Sono in anticipo, lo so. La signora con cui ho parlato ha detto alle due e mezza, ma ero preoccupata di arrivare tardi”.
Cosciente del fatto di star blaterando nervosamente, Cassie chiuse la bocca di fretta.
Ma la donna parve apprezzare la sua gestione del tempo. La bocca dal rossetto perfetto si curvò in un sorriso.
“Puntualità è cortesia. Io insisto su di essa, per me stessa e chiunque lavori con me. Perciò ti ringrazio per la gentilezza. Sono Ottavia Rossi. Prego, entra”.
Sopraffatta all’idea di aver già fatto una buona impressione, soprattutto dato che trovava la donna intimidente, Cassie la seguì.
Camminando nello spazioso ingresso, Cassie notò un certo numero di colorati pezzi d’arte in esposizione. I dipinti luminosi, i vasi e i tappeti colorati spiccavano e facevano sembrare la casa una moderna ma accogliente galleria d’arte.
Di fronte a lei, vi era un’alta scalinata in marmo bianco, che portava ai piani superiori.
L’attenzione di Cassie fu attirata da un modello ad altezza bacino di un paio di décolleté rosse poste su un piedistallo a destra della scalinata. Il modello era arditamente delizioso.
La Sig.ra Rossi sorrise quando vide la direzione dello sguardo di Cassie.
“Quello è il nostro modello ‘Nina’, che ha portato Rossi Shoes al successo internazionale negli anni Settanta. Il modello era decenni avanti e per quanto riguarda il colore, la gente ne fu scioccata – ma non troppo scandalizzata per comprarlo”.
“È bellissimo”, disse Cassie.
Intuì che Ottavia Rossi doveva essere la proprietaria di questa azienda internazionale che, se era già operativa negli anni Settanta, era probabilmente un’attività familiare consolidata.
La Sig.ra Rossi la condusse attorno alla scalinata e lungo un corridoio. Allungando il collo, Cassie notò degli archi che portavano in un moderno salotto, e una cucina luccicante in cui c’era un cuoco al lavoro.
Più giù lungo il corridoio vi era una porta chiusa. La signora la aprì e fece entrare Cassie di corsa.
Quello spazio elegante era lo studio della Sig.ra Rossi. Si sedette al curvo tavolo bianco, e indicò a Cassie di sedersi dal lato opposto.
Cassie improvvisamente si rese conto di essersi presentata a mani vuote. Non aveva preparato un curriculum, e nemmeno stampato i dettagli delle sue informazioni personali, né fatto una copia del passaporto o della patente. Questa era una donna d’affari e sicuramente si aspettava qualcosa del genere. Cassie si sentì inorridita per il fatto di essersene dimenticata.
“Mi spiace”, iniziò. “Sono appena arrivata in Italia e non ho ancora aggiornato il mio curriculum. Questa offerta di lavoro è stata così inaspettata che sono venuta qui di corsa per vedere di cosa si tratta”.
Con suo enorme sollievo, la Sig.ra Rossi annuì.
“Capisco. Io stessa ho viaggiato molto, poco dopo i vent’anni – sembra che tu abbia quell’età ora, se non mi sbaglio?”
Cassie annuì. “Sì. Ho il mio passaporto con me, se vuole dare un’occhiata”.
“Grazie”.
La Sig.ra Rossi prese il documento e ne sfogliò le pagine brevemente prima di restituirlo a Cassie.
“Ora, potresti farmi un breve riassunto delle tue esperienze lavorative”, disse.
Sentendo queste parola, Cassie si sentì male, perché si rese conto di non poter dare alcuna referenza per i lavori che dichiarava di aver svolto da quando era arrivata in Europa. Il suo primo datore di lavoro era coinvolto in un processo per omicidio e non avrebbe avuto nulla di buono da dire nei suoi riguardi – a dire il vero, Cassie era certa che avrebbe immediatamente cercato di darle la colpa, e insistere di essere stato accusato ingiustamente.
Il suo secondo datore di lavoro era morto, ucciso mentre Cassie era una sua dipendente. Nessuno in quella famiglia poteva farle da referente. Non era solo un disastro, era una catastrofe.
CAPITOLO SEI
Cassie rimase seduta in silenzio, con la mente che correva a mille all’ora. Sapeva che la Sig.ra Rossi stava attendendo che parlasse, e che la sua esitazione avrebbe fatto sorgere delle domande, ma non aveva idea di cosa dire.
La parola “omicidio” sarebbe stata sufficiente per scoraggiare qualunque datore di lavoro. Indipendentemente dalle circostanze, avrebbero deciso che non ne valeva la pena.
Cassie non poteva biasimarli. Stava cominciando a chiedersi se non fosse lei stessa ad attirare la cattiva sorte – o se le sue decisioni avessero causato quegli incidenti.
La sua unica possibilità era quella di sorvolare sulle sue recenti esperienze, e concentrarsi sul lavoro che aveva svolto negli Stati Uniti.
Si schiarì la voce e iniziò a parlare.
“Ho lasciato casa quando avevo sedici anni, e ho frequentato il college, lavorando perlopiù come cameriera”, disse.
Non spiegò le ragioni per cui se ne era andata, ma sperò che l’essere indipendente e autosufficiente funzionasse a suo favore agli occhi della Sig.ra Rossi. Con suo sollievo, l’imprenditrice annuì in approvazione.
“Durante quel periodo ho dato lezioni, aiutato ragazzini coi compiti, e per un breve periodo ho lavorato in un asilo nido, come sostituzione maternità. Sono stata autorizzata e ho tutti permessi per lavorare, che le posso mostrare sul mio telefono. Ho anche delle referenze dal ristorante dove ho lavorato per due anni, in cui dicono che sono una persona affidabile e una gran lavoratrice, che fa di tutto per rendere i clienti felici”.
Fortunatamente, quei documenti avevano fatto parte della sua prima candidatura come ragazza alla pari, e aveva delle copie salvate in rete. Anche se il lavoro al ristorante non era rilevante, era la sua unica vera referenza.
“Eccellente”, disse la Sig.ra Rossi.
“Da quando sono in Europa ho viaggiato un po’. Ho cominciato come ragazza alla pari per una famiglia a Parigi. I bambini si sono trasferiti nel sud della Francia, perciò io ho trascorso del tempo nel Regno Unito a dicembre”.
Cassie si sentì il volto in fiamme. La sua storia era piena di buchi. Se la Sig.ra Rossi le avesse fatto delle domande, avrebbe scoperto velocemente che Cassie non aveva detto tutta la verità. Ma, con sua sorpresa, l’imprenditrice parve soddisfatta, e fu il suo turno di parlare.
“Ti darò alcune informazioni sulla mia situazione. Ho divorziato qualche mese fa, e sebbene io sia stata in grado di lavorare da casa per un po’, il lavoro è diventato molto più impegnativo ora. Ci stiamo espandendo in nuovi mercati, e stiamo acquisendo nuovi marchi. Era una crescita già in programma, ovviamente, ma sta succedendo più velocemente del previsto. Mia madre si trasferirà qui per occuparsi dei bambini, ma le serve tempo per prepararsi e fare le valigie. Perciò avrò bisogno di te per tre mesi. Vivrai qui, ovviamente. Le bambine sono molto educate, e abbiamo un cuoco e un autista, quindi non dovrebbe essere una responsabilità troppo gravosa”.
Cassie deglutì.
“Come sono le bambine? Può dirmi qualcosa in più di loro, per favore?”
“Due bambine, di otto e nove anni. Nina è la più grande, e Venetia la piccola. Sono molto educate”.
Dato che la Sig.ra Rossi non sembrava avere molto da dire sulle figlie, Cassie raccolse il coraggio per chiedere.
“Potrei conoscerle, magari? Vedere se andiamo d’accordo, prima di decidere?”
Non aveva idea se la Sig.ra Rossi potesse trovare questa richiesta scortese, visto che aveva garantito per il loro comportamento.
La donna annuì.
“Certamente. Saranno tornate da scuola ormai. Seguimi”.
Si alzò ed uscì dalla stanza, con Cassie che la seguiva di corsa.
Cassie fu colpita dall’aria autorevole di questa donna. Se ciò era quel che serviva per dirigere una multinazionale di successo, non riusciva neanche a immaginare se stessa fare lo stesso. Neanche in un milione di anni. Non era una persona di quel calibro e non aveva la stessa presenza autoritaria.
Per fortuna sentì di piacere alla Sig.ra Rossi. In ogni caso, la donna non sembrava provare un implicito disprezzo nei suoi confronti, cosa che invece Cassie aveva provato con i suoi datori di lavoro francesi.
Si diressero verso le scale di marmo e al piano di sopra. La casa era costruita a forma di ferro di cavallo, con due ali principali. Le camere dei bambini erano al piano di sopra, sul lato destro.
Il ticchettio dei tacchi di Ottavia Rossi sul pavimento piastrellato era talmente alto da informare le bambine del suo arrivo, e Cassie fu impressionata nel vedere le due bimbe dai capelli scuri uscire dalle loro stanze e posizionarsi fianco a fianco, in attesa, mentre loro si avvicinavano.
Indossavano due abiti eleganti a maniche lunghe, che parevano essere identici, ad eccezione del colore – uno era giallo, l’altro blu. I loro mocassini dai colori accesi portarono Cassie a domandarsi se Rossi Shoes avesse anche una linea per bambini, e in caso, se questi ne facessero parte.
“Bambine, vorrei presentarvi Cassie”, disse la Sig.ra Rossi. “È qui per un colloquio, e potrebbe prendersi cura di voi nelle prossime settimane. Vi va di salutarla e rispondere a qualche domanda?”
“Buon pomeriggio, piacere di conoscerti”, dissero le bimbe in coro, e Cassie fu sorpresa nel sentire che il loro accento inglese era perfetto.
La ragazzina più alta fece un passo in avanti.
“Sono Nina”.
Tese una mano e Cassie la strinse, sorpresa dalla formalità del saluto.
“Io sono Venetia”, disse la più piccola.
Cassie strinse la sua piccola mano calda. Anche se la situazione pareva abbastanza imbarazzante, e stare in piedi in modo formale in corridoio non era il modo ideale per chiacchierare e rilassarsi, Cassie sapeva di dover dimostrare di essere una persona amichevole e piacevole.
Sorrise alle bambine.
“Avete dei bellissimi nomi”.
“Grazie”, disse Nina.
“Siete andate a scuola oggi?”
Venetia sembrava voler rispondere.
“Sì. Di pomeriggio facciamo i compiti. È quello che stiamo facendo ora”.
“Wow, siete davvero delle brave bimbe. Qual è la vostra materia preferita a scuola?”
Le due bambine si scambiarono uno sguardo.
“Inglese”, si offrì volontaria Nina.
Venetia fece una pausa.
“A me piace la matematica”.
Cassie fu meravigliata. Certamente, questi erano gli ingredienti per il successo – disciplina e amore per lo studio, sin dalla tenera età. Poteva già vedere che queste ragazze stavano seguendo i passi materni e riusciva già ad immaginarsi il sentiero dorato che costituiva il loro futuro.






