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“Ha senso che t’immagini il peggio” disse Rhodes. “Considerato tutto ciò che hai passato nell’ultimo anno. Il che mi porta all’ovvia domanda: perché non ti sei presa qualche giorno di permesso?”
“Perché avrei finito per immischiarmi nel caso. Preferirei continuare ad avere un lavoro al Bureau lavorando attivamente su un caso e confidando che la polizia di Washington capisca dove si trova mia sorella, piuttosto che essere licenziata per non essere rimasta fuori dalle indagini durante i miei presunti giorni di permesso.”
“Insomma, sei fregata in ogni caso” sospirò Rhodes.
“Qualcosa del genere.”
“Ma, a rischio di farti incazzare, penso che Johnson abbia ragione. Se non è di competenza del Bureau, devi solo fidarti dei poliziotti.”
“Lo so. Ma è più difficile di quanto sembri, quando la persona scomparsa è tua sorella.”
“Non fingerò di sapere cosa si provi” disse Rhodes. L’emozione nella sua voce era sincera, era chiaro che lo pensasse davvero.
“Grazie, lo apprezzo” disse Chloe.
Quella conversazione, onestamente, non fece altro che turbare Chloe ancora di più. Tuttavia, le venne anche da chiedersi se stesse reagendo in modo eccessivo. Johnson aveva fatto sembrare che l’intera faccenda non fosse poi così grave, e ora ecco Rhodes che sembrava in pratica essere della stessa opinione.
Rimasero in silenzio per un po’, mentre Rhodes guidava verso nord. Poco prima di arrivare a Baltimora, iniziò a scendere una leggera pioggerellina. Riuscirono a entrare in città appena prima che il traffico mattutino invadesse le strade. Chloe esaminò le scarse informazioni in loro possesso, solo poche pagine fresche di stampa in una cartellina che Johnson aveva consegnato loro. L’indirizzo della vittima più recente era già stato inserito nel navigatore, un piccolo centro abitato a circa tre miglia dal centro di Baltimora.
“Fine, puoi promettermi una cosa?” chiese Rhodes mentre si avvicinavano a destinazione.
“Non faccio promesse” rispose Chloe. Voleva dirlo a mo’ di scherzo, ma le uscì in tono piuttosto duro. “Però posso fare del mio meglio per mantenere la mia parola.”
“Va bene, mi accontenterò. Voglio solo che tu sia sincera con me e mi dica quando i tuoi problemi famigliari iniziano ad essere troppo pesanti per te. Per una volta, vorrei che tu ed io riuscissimo ad arrivare sulla scena e risolvere un caso entro ventiquattr’ore. Senza complicazioni o battute d’arresto.”
“Sì, su quello posso darti la mia parola.”
Questo sembrò spezzare la tensione che aleggiava tra loro nell’abitacolo. Quando arrivarono nel quartiere, Chloe si sentiva quasi tornata normale. Pensava a Danielle ogni due secondi, certo, ma ricordava anche quanto Danielle fosse stata volubile in passato. Tenendo conto di quello, il fatto che fosse scomparsa non era poi così strano.
Vero, ma anche papà?
Allontanò quel pensiero, mentre Rhodes parcheggiava l’auto davanti a una casa a due piani che era essenzialmente la copia sputata di ogni altra abitazione sulla strada. Non che non fosse splendida. Era semplice ma in modo grandioso, come quelle che si vedevano in televisione, nelle trasmissioni di ristrutturazioni di case.
“Sei pronta?” fece Rhodes.
Chloe trattenne la risposta sarcastica che aveva sulla punta della lingua. Se Rhodes aveva intenzione di trattarla con i guanti per la situazione di Danielle, non era più così sicura che sarebbe riuscita ad affrontare quel caso.
“Prontissima” fu tutto ciò che disse uscendo dall’auto sotto la pioggia battente.
***
Il detective che si era occupato del caso era uno spilungone di nome Anderson. Era seduto al tavolo della cucina, quando Chloe e Rhodes entrarono in casa. Alzò lo sguardo dallo schermo dell’iPad che stava consultando, quindi lo mise da parte come a scusarsi e si alzò. Chloe diede una sbirciata allo schermo e vide che stava guardando le foto della scena del crimine proprio di quella casa.
“Ben Anderson” si presentò tendendo la mano.
“Agenti Fine e Rhodes” disse Chloe, stringendola. “È molto che aspetta?”
“Solo una decina di minuti. Naturalmente, sono già stato qui tre o quattro volte nelle ultime sedici ore, solo per cercare di farmi un’idea del posto.”
“Era sulla scena anche quando il corpo era ancora qui?” volle sapere Chloe.
“Sulla seconda scena sì.”
“Dove si trovava il corpo?” chiese Rhodes.
Anderson fece loro cenno di seguirlo, mentre afferrava l’iPad. Iniziò ad attraversare la cucina, aprendo una porta che conduceva fuori. “Qui fuori, nel portico sul retro...anche se non c’è molto da vedere.”
Uscirono sul portico posteriore. Chloe inizialmente non vide nulla di minimamente interessante. Era un bel portico che affacciava su un acro di rigogliosa vegetazione. Una griglia si trovava nell’angolo più lontano, protetta da un telone con impresso il logo dei Baltimore Ravens. I pochi mobili da giardino erano belli, ma niente di speciale – probabilmente erano stati acquistati da Wayfair o in un ipermercato Costco. Piovigginava ancora, e sul pavimento in legno si intravedevano minuscole goccioline d’acqua. Chloe notò una chiazza di sangue a forma di virgola sulle assi, della giusta misura per circondare parzialmente la testa di qualcuno.
“La vittima si chiamava Bo Luntz” disse Anderson. “Sua moglie, Sherry, lo ha scoperto rientrando dal lavoro. Era il loro anniversario. Lo ha trovato qui fuori, nel portico sul retro, sdraiato sul pavimento. Per un po’ è rimasta svenuta. Non si era nemmeno accorta che gli era stato infilato un calzino nero in bocca, quasi fino in gola. Dice di essersene resa conto solo vagamente, ma...era sotto shock, come è comprensibile.”
“Il sangue” disse Chloe, accucciandosi “Indica che non è stato solo strangolato. C’erano segni di colluttazione?”
“No. Niente mobili ribaltati, niente di insolito. L’unico elemento che abbiamo è il colpo che ha subito al cranio, proprio lungo la fronte.”
Detto questo, consegnò a Chloe l’iPad che aveva con sé. Aveva aperto una foto del cadavere. Chloe zoomò sulla fronte di Bo Luntz. C’era una netta rientranza e un livido che si andava formando. Dalla forma della cavità, pensava che potesse essere stata causata da qualcosa con un’estremità piatta, larga forse dodici o quindici centimetri.
“I lividi sembrano freschi” sottolineò Rhodes, guardando da sopra la spalla di Chloe. “Quando è stata scattata questa foto, quanto tempo era passato dal rinvenimento del corpo?”
“Circa un’ora, direi. E, in base a quello che ci ha detto la signora Luntz, il sangue era ancora umido quando ha trovato il corpo. Quindi pensiamo che sia stato ucciso al massimo una o due ore prima del suo ritorno a casa.”
“Nessuna impronta sul calzino in gola?” chiese Chloe.
“No. Lo stesso dentro casa. Nessun segno di effrazione...niente di niente.”
Rhodes iniziò a sfogliare i documenti che avevano ricevuto da Johnson, chinandosi in avanti per proteggere i fogli dalla pioggia col suo corpo. “Bo Luntz, cinquantadue anni, un figlio, impiegato della Mutual Telecom. Nessun precedente penale. Ha qualcosa da aggiungere, detective Anderson?”
“Stando a quanto è emerso dai colloqui preliminari con vicini di casa e amici, tutto quello che sappiamo è che era un uomo molto apprezzato. Era un vigile del fuoco volontario, e prendeva parte a iniziative benefiche ogni volta che poteva. Faceva da assistente allenatore per una squadra di football amatoriale. Ho sentito io stesso cinque persone e abbiamo almeno una dozzina di testimonianze in archivio. Quell’uomo era completamente pulito.”
Chloe annuì, ma aveva già sentito quella versione in numerose occasioni. Quasi tutti riuscivano a dare l’impressione di essere perfettamente puliti. Ma lei sapeva che bastava scavare un po’ per trovare crepe nella superficie, che spesso poi portavano alla scoperta di oscuri segreti.
“Nessuna idea del perché gli sia stato infilato un calzino in gola?” chiese Chloe.
“No, nessuna. Abbiamo controllato i suoi cassetti al piano di sopra, pensando che forse avremmo trovato l’altro calzino, ma non è stato così.”
“Detective, possiamo avere il nome e il numero del coroner che ha in custodia il corpo?”
“Certo” disse, prendendo il telefono e scorrendo tra i contatti per recuperare le informazioni.
“E della prima vittima che ci dice?” chiese Chloe.
“Il suo nome era Richard Wells. Viveva a una ventina di chilometri di distanza, a Eastbrook. Un quartiere abbastanza simile a questo. Se ne sta occupando la polizia di Eastbrook, ma conosco alcuni dettagli, se vi interessa.”
“Sì, grazie.”
“Praticamente è una copia di quanto accaduto qui. Wells è stato trovato morto nella sua camera da letto, con il cranio sfondato e un calzino nero in bocca. Dal punto di vista della personalità, però, i due erano molto diversi. Wells aveva divorziato l’anno scorso. Si dice a causa di un problema di alcolismo. Lavorava come appaltatore privato e i suoi pochi dipendenti sono gli unici da cui siamo riusciti a ottenere informazioni. L’ex-moglie è già fidanzata con un altro e vive a Rhode Island. Entrambi i genitori sono morti, non aveva fratelli...non c’è nessuno a cui poter porre domande più approfondite.”
“Quindi un vicolo cieco, in pratica?” chiese Rhodes.
“In pratica, sì” convenne Anderson.
Chloe tornò a osservare le assi che formavano il pavimento del portico. Studiò la macchia di sangue, incapace di togliersi dalla mente l’immagine del sangue che aveva visto sul bollitore del padre. Quell’immagine affondò i suoi artigli dentro di lei, e Chloe provò un gelo improvviso, come quando si lascia il tepore di una casa per uscire durante una tempesta di neve. E in quel momento, seppe con certezza che non sarebbe riuscita a liberarsene; la scomparsa di Danielle l’avrebbe assillata fino a quando non fosse riuscita a parlare con lei, a prescindere dal caso.
La cosa peggiore di tutte era che stava iniziando ad avercela con Danielle per tutto quello, preoccupata che la ragazza sbandata che era stata un tempo stesse riemergendo.
Se la trovo, forse posso impedirlo, pensò Chloe.
Era un’idea allettante, ma mentre continuava a guardare il sangue di Bo Luntz, realizzò che se si trattava di salvare sua sorella, era esattamente come salvare la vita di Luntz, ovvero troppo tardi.
***
Secondo l’esperienza di Chloe, i medici legali di solito si dividevano in due tipologie: silenziosi e a tratti scontrosi, oppure entusiasti e forse un po’ troppo zelanti nel loro lavoro. La donna che incontrarono nell’ufficio del coroner e che aveva avuto il compito di esaminare Bo Luntz apparteneva alla seconda tipologia. Si chiamava Gerda Holloway e sembrava uscita da uno di quei reality dove bisogna conquistare uno scapolo, piuttosto che qualcuno che si occupava di cadaveri. Persino Chloe, quando la donna andò loro incontro nell’atrio, dovette riconoscere quanto fosse bella, con i capelli raccolti in una coda di cavallo e gli occhi incorniciati da occhiali in stile da bibliotecaria.
“Agenti Rhodes e Fine” disse Rhodes dopo che Holloway si fu presentata.
“Venite. Il corpo è pronto, ma potete dare un’occhiata, prima che inizi ufficialmente l’autopsia.”
La seguirono fuori dall’atrio e lungo un corridoio. Quando giunsero nella sala esami dove si trovava il corpo di Luntz, Holloway tenne aperta la porta per loro con un sorriso, come se stesse organizzando una cena con gli amici, invece che prepararsi a esaminare il cadavere di una persona assassinata.
Entrarono e Chloe si prese un momento per abituarsi alle luci forti e alle superfici sterili. Ogni volta che entrava nella sala esame di un coroner, le sembrava di mettere piede in un altro mondo. Quando però vedeva il cadavere sul tavolo, tornava nel mondo reale.
Fu quello che accadde in quel momento, con Bo Luntz. Era lì sul tavolo, con gli occhi chiusi e senza vita. Se non fosse stato per la ferita sulla fronte, sarebbe sembrato normale. Holloway si prese un momento per permettere alle agenti di ambientarsi, prima di avvicinarsi al tavolo con un tablet in mano.
“Come potete vedere, la lesione al cranio è stata procurata da un corpo contundente. Non c’è modo di sapere con certezza di cosa si tratti, ma considerando l’angolazione, la profondità della ferita e il fatto che il cranio sia come collassato, scommetterei su qualcosa di semplice come una roccia, o di più complesso come un qualche elemento decorativo da giardino.”
“Possiamo ricavare qualcosa sull’assassino da una di queste informazioni?” chiese Chloe.
“Beh, come potete vedere, la ferita sembra avere una leggera inclinazione verso l’alto. Quindi il colpo è stato inferto verso l’alto. Ci sono molti fattori che potrebbero causare questa situazione, ma la più probabile è che l’assassino fosse più basso della vittima.”
“Secondo il dossier” intervenne Rhodes, “Bo Luntz era alto un metro e ottantacinque. Il che significa che moltissime persone sono più basse di lui.”
“Sono d’accordo” replicò Holloway. “Tuttavia, se si guarda attentamente il margine della rientranza sul cranio, ci sono anche prove che suggeriscono che non è stato inferto un colpo solo, bensì due. E il secondo sembra essere stato più forte, ma non lo ha preso in pieno.”
Chloe si avvicinò al tavolo e vide precisamente quello che intendeva Holloway. Lungo il lato sinistro dell’incavo sulla fronte di Luntz, la ferita era più profonda di cinque centimetri. Inoltre, la pelle lì intorno sembrava leggermente più scura, come se fosse stata colpita con più forza. Chloe inclinò la testa, cercando di immaginare se fosse possibile che si trattasse semplicemente di un corpo contundente dalla forma strana.
“La mia teoria” proseguì il medico legale, “È che sia stato colpito una prima volta e poi una seconda subito dopo, quindi due rapidi colpi successivi. Questo spiegherebbe la mira imprecisa, un colpo dietro l’altro. Ma poiché il secondo colpo sembra averlo ferito a malapena, presumo sia stato inferto mentre lui stava già cadendo.”
“Ed entrambi i colpi sono proprio al centro” notò Chloe. “Se qualcuno lo avesse colto di sorpresa, magari arrivandogli alle spalle, un colpo così perfetto sarebbe improbabile, giusto?”
“Sì. Non impossibile, badate bene. Ma molto improbabile.”
“Quindi potrebbe trattarsi di qualcuno che sapeva si trovasse in casa?” suggerì Rhodes.
“È proprio quello su cui scommetterei dei soldi” disse Holloway.
Chloe pensò ai dettagli che Johnson aveva condiviso con loro e a quel poco che Anderson gli aveva riferito. Nessun segno di effrazione, nessun segno di lotta, ed era il giorno dell’anniversario dei coniugi. La semplice deduzione e l’esperienza di Chloe sembravano indicare la moglie.
“Gli ha trovato altro in gola, oltre al calzino?” chiese Chloe.
“No. Ma probabilmente è stato messo lì dopo l’omicidio. Sembrava essere stato posizionato con grande cura. La lingua era stata spinta indietro. Se fosse stato infilato in bocca mentre era ancora vivo, i muscoli della lingua avrebbero immediatamente premuto contro la stoffa.”
Il particolare del calzino rendeva tutto più strano. Era il tipo di peculiarità a cui Chloe di solito si aggrappava, poiché doveva essere sicuramente un gesto simbolico. E di solito dove c’era simbolismo, si nascondeva anche un movente.
Chloe osservò il cadavere ancora un po’, cercando di trovare qualche altro elemento che puntasse in una direzione diversa da quella della moglie. Quando fu chiaro che non avrebbe trovato nulla, lei e Rhodes ringraziarono Holloway, prima di andarsene.
“Anche tu pensi alla moglie?” chiese Rhodes mentre tornavano verso la parte anteriore dell’edificio.
“Già. Se non come potenziale indiziata – cosa che secondo me al momento è – vorrei parlarle per chiederle se ha la minima idea del perché qualcuno possa avergli ficcato un calzino in gola.”
Rhodes annuì, d’accordo con lei, mentre attraversavano il parcheggio e salivano in macchina. Prima che fossero fuori dal parcheggio, Chloe era al telefono con il detective Anderson, per farsi dire dove trovare Sherry Luntz. Quando aveva preso il telefono per effettuare la chiamata, non aveva potuto evitare di provare un barlume di speranza, pensando magari di trovare una notifica di chiamata persa da parte di Danielle.
Naturalmente, non c’era nulla del genere, così Chloe non ebbe altra scelta se non immaginare il peggio e cercare di seppellire tutto con il caso Luntz.
CAPITOLO SEI
In un primo momento, Anderson era sembrato titubante a mandare loro per parlare con Sherry Luntz. Secondo i rapporti della polizia, era così emotivamente instabile che era svenuta due volte dopo aver scoperto il corpo. Chloe, però, non ne voleva sapere. Aveva già avuto a che fare con vedove in lutto, molte delle quali nascondevano segreti e ostacolavano inconsapevolmente l’avanzamento delle indagini per evitare di trovarsi in imbarazzo.
“È l’unica vera indiziata che abbiamo, a questo punto” replicò Chloe mentre si avvicinavano a casa Luntz. “Con tutto il dovuto rispetto, o ci dice dove alloggia, oppure ci basterà fare una telefonata a Washington per scoprirlo da noi.”
Anderson alla fine cedette e disse loro che Sherry era ospite da alcuni parenti in città. “Però statemi a sentire. Ci tengo a sottolineare ancora una volta che quella donna è distrutta. Potrebbe almeno essere solo una di voi a parlare con lei?”
Non era l’approccio tipico di Chloe, ma sapeva anche che non valeva la pena discutere su quel punto. Inoltre, se solo una di loro fosse andata a trovare Sherry Luntz, l’altra avrebbe potuto passare al setaccio la via dei Luntz, per vedere se i vicini avessero informazioni.
Fu così che Chloe finì per arrivare da sola a casa di Tamara Nelson, la sorella di Sherry, venti minuti più tardi. Rhodes era sembrata piuttosto soddisfatta di occuparsi dei vicini, mentre Chloe aveva deciso di parlare con Sherry. Sebbene a Chloe non piacesse parlare con le persone recentemente colpite da lutto, sia lei che Rhodes sapevano che era Chloe ad avere un lato compassionevole molto più spiccato. Non era qualcosa di cui Rhodes andasse particolarmente orgogliosa, ma l’aveva accettato.
Anderson aveva telefonato a Tamara per farle sapere che un agente dell’FBI era in arrivo. Così, quando Chloe bussò alla porta, qualcuno venne ad aprire quasi subito. Entrambe le donne erano lì per accoglierla, ed era facile capire chi fosse Sherry Luntz. Era quella che stava leggermente dietro la sorella, con i capelli rossi scompigliati e un colorito pallido, ad eccezione delle occhiaie marcate. Aveva gli occhi iniettati di sangue per il troppo piangere e, nonostante sembrassero sul punto di chiudersi da un momento all’altro, nel suo sguardo si annidava una minaccia latente che spinse Chloe a pensare che quella donna non sarebbe riuscita a dormire ancora per molto.
“Sherry Luntz?” chiese Chloe.
La donna esausta annuì, anche se non si mosse. Sua sorella rimase davanti a lei, come a proteggerla.
“Sono l’agente Fine. Il detective Anderson dovrebbe avervi avvisato per telefono del mio arrivo.”
“È così” disse Tamara. “La prego di non prenderla nel modo sbagliato, ma io rimarrò seduta con voi mentre parla con Sherry.”
“Certo” disse Chloe. Stava iniziando a chiedersi se Sherry avrebbe spiccicato parola. Sembrava assolutamente distrutta, quasi al punto da sembrare in stato comatoso.
Tamara si voltò e si avviò in casa senza invitare esplicitamente Chloe a seguirla. Chloe lo fece comunque, chiudendosi la porta alle spalle. Tamara la condusse in un soggiorno splendidamente arredato. Un odore dolce si diffondeva da un’altra stanza della casa: doveva trattarsi di qualche tisana, suppose Chloe.
“Capisco quanto deve essere difficile per lei, signora Luntz” disse Chloe. “Cercherò di essere il più breve e delicata possibile.”
“No, non importa” disse Sherry. Aveva la voce di una donna che si era appena svegliata da un sonno di dodici ore, dopo una notte di bevute. “Voglio andare fino in fondo a questa storia. Non abbia riguardi per me.”
Chloe guardò Tamara, come in cerca di approvazione. La sorella alzò le spalle e da quel gesto sembrava che avesse tutto il peso del mondo su di sé.
“Signora Luntz, conosco i dettagli relativi a quel pomeriggio, perciò possiamo saltare alcune parti. Quello che devo sapere sono aspetti più specifici della vita di suo marito. C’erano persone che potrebbe considerare suoi nemici, o semplicemente persone che lo avevano in antipatia?”
“Ci ho pensato a lungo, cercando di capirlo. L’unica persona che mi è venuta in mente è un vecchio rivale in affari, ma vive da qualche parte in California. So che sembra che voglia tessere le lodi del mio defunto marito, ma davvero, Bo piaceva a tutti.”
“Aveva accennato a qualche difficoltà sul lavoro, di recente?”
“Assolutamente no. Niente di niente. Ho persino fatto chiamare il suo capo da Tamara per vedere se mi avesse nascosto qualcosa, ma non è saltato fuori nulla.”
“Avete un figlio, vero?” chiese Chloe.
“Sì. Luke. Quest’anno ha iniziato il college. Anche lui è qui. Adesso sta dormendo, nella camera per gli ospiti. È un po’... svuotato in questo momento.”
“Gli ha fatto queste stesse domande?”
“Sì, anche se non in modo così schietto. Abbiamo cercato di capire chi possa essere stato. Ho l’impressione che potrebbe trattarsi semplicemente di una rapina casuale, ma...non manca nulla. Non è stato preso niente.”
“Ho chiamato ieri le compagnie di carte di credito per Sherry” intervenne Tamara. “Tutte le carte erano ancora nel portafoglio di Bo, ma ho pensato che potesse esserci il rischio di qualche frode digitale. Invece tutto sembrava a posto. Se è opera di uno psicopatico, l’ha fatto solo per il gusto di togliere la vita a qualcuno.”
“Abbiamo controllato e ricontrollato ieri sera, Luke ed io” disse Sherry. “Non siamo riusciti a trovare nulla che mancasse.”
Chloe sapeva cosa voleva chiedere dopo, ma era una domanda difficile da porre. Tanto più che si stava già facendo l’idea che Sherry non avesse assolutamente nulla a che fare con l’omicidio del marito. Si poteva fingere di piangere, si poteva anche fingere una crisi di nervi. Ma svenire per il troppo dolore in presenza della polizia e non dormire al punto da sembrare uno zombie uscito da un film... era roba autentica.
“Invece ha notato se qualcosa in casa, oppure nel cortile o nel portico sul retro, sia stato lasciato fuori posto? Magari qualcosa che sembrava fosse stato spostato solo di pochi centimetri?” Era il suo modo di chiedere se avessero inavvertitamente trovato l’oggetto usato per colpire Bo.
“Non abbiamo notato nulla del genere.”
“C’è qualcuno che potrebbe avere una copia delle chiavi per entrare in casa vostra?”
“Nessuno. Non abbiamo mai avuto bisogno di fare copie. Non abbiamo mai avuto una domestica o una donna delle pulizie, né parenti che hanno vissuto da noi. Niente del genere.”
“E le telecamere di sicurezza? Non ne ho viste quando io e la mia collega abbiamo perlustrato la casa.”
“Non ce ne sono. Continuavamo a dire che dovevamo fare questo investimento e prenderne almeno una, ma il quartiere è così sicuro...così non facevamo che rimandare.”
“Un’altra cosa, signora Luntz...e mi dispiace, ma potrebbe essere una domanda difficile.”
“Non importa.”
“Un dettaglio molto strano sul corpo di suo marito era...”
“Il calzino in bocca” terminò lei. Disse che sembrava uno scherzo di pessimo gusto.
“Esatto. Ha idea di cosa potrebbe significare?”
“No, nessuna” disse Sherry, con voce incrinata. “Quando l’ho trovato così, ho capito che aveva qualcosa in bocca, ma non sapevo cosa fosse. L’ho scoperto soltanto ore dopo, quando me ne sono ricordata e ho chiesto alla polizia. Il detective Anderson mi ha detto che era un calzino. Quando l’ho sentito, ho pensato che forse ero ancora svenuta e che stavo facendo qualche bizzarro sogno, invece... no. Era proprio un calzino. Mi ha persino mostrato una foto, ieri sera, dopo che... insomma, dopo che il medico legale...”
“Va tutto bene” la interruppe Chloe. “Possiamo fermarci qui, signora Luntz.”
“Non so se possa essere d’aiuto in qualche modo” disse Sherry “Ma non era uno dei suoi calzini. Odiava i calzini neri e spessi, anche in inverno. Sudava molto ai piedi, ed era terribile con quel tipo di calze.” L’ombra di un sorriso le sfiorò le labbra mentre ricordava quella fissazione del marito.






