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L’erba era solo leggermente migliore di quella che avevano visto precedentemente da Jeremy. Porzioni del prato attorno alla roulotte almeno erano state tagliate, punti morti si mostravano qua e là. Il tosaerba stesso – un vecchio trattorino tagliaerba con un vano motore arrugginito, era parcheggiato presso un capanno verso il retro della casa. Due inutili furgoni – uno completamente privo del pianale – giacevano su blocchi di cemento accanto a esso. Accanto al capanno c’era una gabbia per cani dall’aria fragile, fatta principalmente di assi di legno, qualche palo di metallo e quella che sembrava una rete da pollaio. Quando DeMarco parcheggiò l’auto e smontarono tutti, due pitbull dentro alla gabbia cominciarono a emettere rumori empi, qualcosa tra l’abbaiare e il ruggire.
Kate, DeMarco e Barnes si erano allontanati di solo qualche passo dalla macchina prima che un uomo di mezz’età dall’aria magra uscisse dal casotto. Aveva con sé una scopa, guardava arrabbiato verso la gabbia e malediceva i cani. Poi si accorse di avere visite. La rabbia scemò e gettò la scopa di nuovo nel casotto, come imbarazzato dall’arnese.
«Ehi, sceriffo.»
«Floyd, ehi a te. Come stai oggi?»
«Bene, immagino. Lavoro sul motore di una vecchia moto da cross per la famiglia Wells. La moto è decrepita. A me sembra uno spreco, ma hanno già pagato, quindi…»
Si fermò lì, chiaramente distratto mentre cercava di vagliare le due donne che stavano su ciascun lato di Barnes. Sembrava sia scosso che leggermente entusiasta. Non perché ci fossero delle donne sulla sua proprietà, ma perché si trattava di qualcosa di inaspettato – qualcosa di nuovo e di fuori dall’ordinario.
«Floyd, queste due signore sono dell’FBI. Vorrebbero farti qualche domanda.»
«FBI? E per che cosa, cavolo? Io non ho fatto niente.»
«Oh, non mi aspetto che le cose stiano diversamente» disse Barnes. «Però dimmi, Floyd: quando è stata l’ultima volta che hai parlato con Jeremy?»
«Ah, merda, cos’ha fatto?»
«Ancora non lo sappiamo» disse Kate. «Forse niente. Siamo venuti qui per scoprirlo con certezza.»
«Ha avuto un coinvolgimento con Mercy Fuller» spiegò Barnes. «La figlia di Alvin e Wendy. Lo abbiamo portato alla stazione per interrogarlo. Pensavo che dovessi saperlo.»
«Cosa? Cavolo, sceriffo.» Floyd fece spallucce e scosse la testa. «Non c’è da stupirsi, però. Quel ragazzo non mi dice mai niente. Probabilmente sono passate circa tre settimane dall’ultima volta che l’ho visto. È rimasto qui qualche notte mentre Randy si occupava di roba sua. Però sono piuttosto sicuro che sia passato per un po’ qualche sera fa mentre ero fuori al bar. Ha lasciato la luce accesa in camera sua. A volte viene qui a guardare film. Porno, più che altro, penso. Un po’ strambo.»
«E non ha mai fatto il nome di Mercy Fuller?» chiese Kate.
«No. Cavolo, abbiamo a malapena parlato. Di football, un po’. Dei Redskins che stanno facendo merda. Mi ha chiesto di sua mamma ma io non avevo voglia di affrontare quella conversazione, sapete?» Si fermò lì, come improvvisamene colpito da un pensiero. «Accidenti. I Fuller? Ho sentito cos’è successo. È stata uccisa anche Mercy?»
«No» disse Barnes. «In realtà è scomparsa.»
«Abbiamo parlato con Jeremy del coinvolgimento con lei» disse Kate. «Ci ha detto che a Mercy i suoi genitori non piacevano e ha suggerito che Mercy abbia avuto qualcosa a che vedere con gli omicidi.»
«Non so perché dovrebbe mentire su questo» disse Floyd. Non sembrava offeso che stessero facendo un’accusa del genere. Anzi, sembrava piuttosto distaccato dall’intera situazione, come se semplicemente non gliene importasse nulla. «Uscivano insieme?»
«Jeremy dice che era solo una relazione fisica» disse DeMarco. «Ma ha detto anche che lei si confidava con lui – gli diceva che odiava i suoi genitori. Che voleva ucciderli.»
«Perdonatemi se faccio una domanda così stupida» disse Floyd «ma perché siete qui? Cavolo, sceriffo Barnes… tu probabilmente conosci Jeremy meglio di me.»
«Ha una stanza qui?» chiese Kate.
«Sì. L’ultima in fondo al corridoio.»
«Ci permetterebbe di darci un’occhiata?»
Floyd lì esitò, insicuro su come rispondere. Guardò Barnes, per chiedere aiuto o rinforzi di qualche tipo.
«Hai qualcosa in quella roulotte che potrei non approvare, Floyd?» chiese Barnes.
Invece di rispondere palesemente, Floyd chiese: «Solo la stanza di Jeremy. Giusto?»
«Per adesso» disse Barnes un po’ scettico. «Grazie, Floyd.»
Barnes scortò Kate e DeMarco alla roulotte. Mentre risalivano il portico pericolante, Kate si voltò indietro per guardare Floyd Branch. Stava rientrando nel casotto, apparentemente non toccato dalla conversazione.
«Non è stato così tremendo come dava a intendere» disse Kate.
«Apparentemente oggi ha cominciato a bere tardi.»
Entrarono nella roulotte e Kate rimase sorpresa da quel che vide. Si era aspettata che fosse disastrosa, caotica e disordinata. Ma Floyd apparentemente possedeva pochissimo, e nulla che potesse creare ingombro. Il posto era piuttosto pulito, anche se aveva lo stesso tipo di odore che Kate aveva sentito nella roulotte del figlio, prima: birra rafferma e qualcosa di leggermente pungente che probabilmente era vecchio fumo di erba.
Il corridoio era stretto e si apriva su tre stanze sole: una camera da letto, un bagno e una camera più piccola vicina al retro. Kate e DeMarco entrarono nella stanza di Jeremy mentre Barnes indugiava dietro.
«Sono qui, se vi serve aiuto» disse. «Ma c’è a malapena spazio a sufficienza per voi due lì, ancor meno per tre.»
Aveva ragione. La stanza era piccolissima, occupata per lo più da un materasso matrimoniale posato sul pavimento e una vecchia scrivania impilata di DVD e CD. Un piccolo televisore e un lettore DVD impolverato giacevano sul pavimento ai piedi del materasso, i cavi e i fili che serpeggiavano per terra. Un cellulare se ne stava sopra al televisore, agganciato a un caricabatterie collegato a un adattatore a più prese che alimentava anche la tv, il lettore DVD e il piccolo ventilatore alla finestra.
Kate raccolse il telefono. Era un iPhone, di circa tre modelli più vecchio del più attuale. Quando premette il pulsante della Home, lo schermo si accese istantaneamente. Non serviva nessuna password. La schermata principale mostrava solo qualche app: qualche gioco, le impostazioni, le foto e l’orologio. Immaginò che quello fosse solo un telefonino passatogli, senza servizio ma ancora usato per i giochi. Aveva qualche amico che aveva iniziato i figli più grandi ai cellulari nello stesso modo. Prima di regalarne uno totalmente operativo avevano permesso ai figli di averne uno di seconda mano privo di tutti i servizi, capace solo di inviare messaggi a utenti selezionati e di fare giochi che non richiedessero il Wi-Fi.
Dietro di lei DeMarco stava scartabellando tra i film. «Floyd non scherzava quando diceva che il figlio viene qui a vedere porno. Metà di questi sono titoli di porno amatoriali. L’altra metà sono roba sessuale stile Cinemax.»
Kate continuava a esaminare il telefono. Aprì le foto e scoprì che ne era pieno. Alcune erano di ragazze, tutte che facevano festa. Alcune erano in topless. Alcune si baciavano l’una con l’altra, le espressioni sui loro visi una chiara indicazione che erano strafatte. C’erano alcuni video di questi eventi, tutti piuttosto brevi. Passò oltre finché non arrivò a uno lungo poco meno di cinque minuti. Nell’anteprima del video vide il volto di Mercy Fuller.
Premette Play e le ci vollero meno di tre secondi per comprendere quello che stava vedendo prima di chiudere tutto. Nel video Mercy era distesa sulla schiena, e veniva ripresa da sopra. Il regista apparentemente era Jeremy, che filmava mentre faceva del sesso piuttosto brutale con lei. Non c’era costrizione, se i gemiti provenienti da Mercy facevano da prova.
«Gesù» disse Kate uscendo dalle foto.
«Cos’era?» chiese DeMarco.
«La prova che Jeremy Branch diceva la verità su almeno una cosa: decisamente facevano sesso.»
Kate vide che anche se il telefono che teneva in mano non aveva accesso ai Contatti – non era necessario, dato che con quello era impossibile telefonare – vide però che c’era qualche scambio di messaggi. Aprì i messaggi e vide solo tre conversazioni. Una era con un contatto che era stato chiamato BRO e i messaggi rendevano ovvio che fossero da e per suo fratello Randy. Una era con un tipo di nome Chuck e l’intera conversazione verteva sulle persone famose con cui avrebbero voluto fare sesso e perché.
La terza conversazione era di un contatto che Jeremy aveva chiamato TROMBAMICA. La piccola foto sopra al nome era di Mercy Fuller, con la testa inclinata e che dava un bacio.
«Potrei aver fatto centro» disse Kate.
DeMarco arrivò ed entrambe si misero a leggere la conversazione. Era piuttosto lunga, e abbracciava gli ultimi mesi. La gran parte consisteva in lunghi e prolissi messaggi di Mercy con brevissime risposte, spesso di una parola sola, da parte di Jeremy. Più leggevano, più diventava chiaro che Jeremy Branch aveva mentito. Magari era anche stato sincero sulla natura della loro relazione, ma l’immagine che aveva dipinto di Mercy e dei suoi genitori era totalmente fasulla.
E ciò sollevava una domanda molto importante.
Se stava mentendo su questo, che altro nascondeva?
CAPITOLO OTTO
Kate tornò in sala interrogatori il più calma possibile. Con lei c’era DeMarco, e anche se pure lei era irritata, aveva acconsentito che fosse Kate a gestire la mole di quel secondo interrogatorio. Analogamente, anche Barnes si tirava indietro per fare qualche telefonata su altre faccende di interesse locale nel suo ufficio.
Kate sedette di fronte a Jeremy con espressione vuota. Riuscì già a capire che Jeremy era nervoso, aveva gli occhi che saltavano avanti e indietro tra Kate, DeMarco e la superficie della scrivania che stava tra loro.
«La buona notizia è che sei un bugiardo molto convincente» disse Kate. «Quella brutta è che non sei particolarmente brillante.»
Jeremy non disse nulla. Continuò a starsene seduto lì, con l’aria esterrefatta, in attesa di vedere dove avrebbe portato adesso la conversazione Kate. Kate estrasse il vecchio cellulare dalla tasca e lo mise sulla scrivania.
«Lo hai lasciato in camera tua a casa di tuo padre» disse. «Messo via insieme a tutto il porno. Ci siamo accorte che in questo telefono c’è anche un po’ di roba tua amatoriale. Certo, dallo sguardo che hai in faccia capisco che sai che c’è ben più che foto incriminanti qua dentro.»
Jeremy rimaneva ancora in silenzio. Non faceva lo sprezzante; era proprio smarrito. Non aveva niente da dire. Perciò Kate proseguì, presumendo che se avesse continuato a insistere alla fine lui avrebbe parlato.
«Ci sono conversazioni lunghissime tra te e Mercy Fuller su questo telefono» disse Kate. «Molte volte durante queste conversazioni lei parla dei suoi genitori – di suo padre in particolare. In una arriva a dire che probabilmente ha il padre più figo del mondo, con l’eccezione dei gusti musicali. A un certo punto ti dice anche che le farebbe piacere che tu conoscessi i suoi, anche solo per assaggiare la deliziosa lasagna fatta in casa di sua madre. Dice anche di essere entusiasta di andare al college, e che l’unica cosa che le fa aver paura di lasciare casa sua quando verrà il momento di andarci è lasciare i suoi genitori. Ora… questa non sembra una ragazza che odiava i genitori e assolutamente non sembra una ragazza che stava progettando di uccidere i genitori.»
Lentamente, Jeremy fece per prendere il telefono. Kate lo riafferrò prontamente e si mise in piedi. «Perché ci hai mentito, Jeremy? Stai nascondendo qualcosa?»
«No» disse. «Volevo solo che giraste a vuoto perché siete venute da me. La legge in questa stupida contea sta sempre dietro a mio fratello. Volevo anche dare al mio vecchio un momentaccio.»
«Cercando di tormentare le forze dell’ordine?» chiese Kate. «Tu non sei proprio brillante, eh? Qui non è mica solo questione di fregare un’indagine locale, facendo perdere tempo ai poliziotti. Qui si tratta di interferire con un caso federale. E sulla base della droga che ho trovato a casa di tuo fratello, la tua piccola recita – le tue stronzate – potrebbero metterti in un sacco di guai.»
Jeremy adesso sembrava sinceramente spaventato. Non ci era voluto molto, e il suo passare da un’emozione all’altra – dall’orgoglio alla testardaggine alla paura – le disse tutto ciò che aveva bisogno di sapere su di lui. Aveva vissuto la sua vita volendo compiacere qualcuno – probabilmente suo fratello o suo padre – e raramente pensava a sé. E adesso eccolo qui, con la sua recita da duro a crollargli davanti agli occhi, a guardare a un futuro che poteva condurlo in guai serissimi.
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