Una Ragione per Uccidere

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“Voglio sapere tutto quello che ti ricordi di quella notte, e di Cindy. Con chi ha parlato? C’è stato qualcosa che ti ha colpito particolarmente? Commenti che ha fatto? Persone che si sono interessate a lei? Qualsiasi cosa a proposito del momento in cui è uscita?”
Rachel crollò completamente.
Alla fine alzò una mano, annuì e si ricompose.
“Sì,” disse. “Certo.”
“Dove sono tutte le altre?” chiese Avery per distrarla. “Pensavo che le case delle sorellanze fossero piene di ragazze con i postumi, vestite con il logo della Kappa?”
“Sono a lezione,” rispose Rachel asciugandosi gli occhi. “Un paio di ragazze sono andate a prendere la colazione. A proposito,” aggiunse, “tecnicamente non siamo una sorellanza. Questo è solo un posto che affittiamo per rimanere a dormire quando non vogliamo tornare al dormitorio. Cindy non è mai rimasta qui. Troppo moderno per lei. Lei è più una da atmosfera “casalinga”.”
“Dove vive?”
“Negli alloggi per gli studenti, non lontano di qui,” disse Rachel. “Ma sabato notte non era diretta a casa. Doveva vedersi con il suo ragazzo.”
Avery drizzò le orecchie.
“Un ragazzo?”
Rachel annuì.
“Winston Graves, noto studente dell’ultimo anno, canoista e stronzo. Nessuna di noi ha mai capito perché uscisse con lui. Beh, io credo di saperlo. È bello e la sua famiglia è ricca. Cindy non ha mai avuto denaro. Credo che se non hai mai avuto dei soldi, sembrino molto interessanti.”
Già, pensò Avery, lo so. Ricordava come il denaro, il prestigio e il potere del suo precedente lavoro allo studio legale le avesse fatto credere di essere in qualche modo diversa dalla ragazzina spaventata ma determinata che aveva lasciato l’Ohio.
“Dove vive Winston?” chiese.
“A Winthrop Square. È qui vicino. Ma Cindy non ci è mai arrivata. Winston è passato domenica mattina presto a cercarla. Aveva pensato che si fosse dimenticata dei loro piani e che si fosse addormentata. Quindi siamo andati insieme a casa sua. Non era neanche lì. È allora che ho chiamato la polizia.”
“Sarebbe andata da qualche altra parte?”
“Assolutamente no,” disse Rachel. “Non sarebbe stato da Cindy.”
“Quindi, quando se ne è andata di qui, tu sei sicura che fosse diretta verso casa di Winston.”
“Assolutamente.”
“C’è qualcosa che avrebbe potuto cambiare i suoi piani? Qualcosa che le è successo all’inizio di quella sera, o alla fine?”
Rachel scosse la testa.
“No, beh,” si rese conto, “c’è stato qualcosa. Sono sicura che non sia niente, ma c’è un ragazzo che ha da anni una cotta per Cindy. Si chiama George Fine. È carino, con un’aria da duro, un solitario, ma un po’ strano, capisce cosa intendo? Si allena e spesso fa jogging dentro il campus. L’anno scorso ho seguito un corso insieme a lui. Scherzavamo sempre ha frequentato un corso insieme a Cindy quasi in ogni semestre sin dal primo anno. È ossessionato da lei. Era qui sabato, e la cosa folle è che Cindy ha ballato con lui e si sono persino baciati. Non è stato da lei. Voglio dire, esce con Winston, non che la loro sia una relazione perfetta, ma era davvero ubriaca, e scatenata. Si sono baciati, hanno ballato e poi se ne è andata.”
“George l’ha seguita fuori?”
“Non lo so,” disse. “Davvero. Non mi ricordo di averlo visto dopo che Cindy se ne è andata, ma potrebbe anche essere perché ero completamente sbronza.”
“Ti ricordi a che ora se ne è andata?’
“Sì,” rispose, “esattamente alle due e tre quarti. Sabato era la nostra festa annuale per la Notte del Pesce d’Aprile, e dovevamo fare un bello scherzo, ma ci stavamo divertendo tutti al punto che ce ne siamo dimenticati fino a quando Cindy non è andata via.”
Rachel bassò la testa. Per un momento il silenzio riempì l’aria.
“Beh, ascolta,” disse Avery, “è stato molto utile. Grazie. Ecco il mio biglietto da visita. Se ti viene in mente qualcos’altro, o se le tue consorelle hanno qualcosa da aggiungere, sarò felice di ascoltarvi. È un’indagine aperta, quindi anche il più piccolo dettaglio può darci un indizio.”
Rachel la guardò con occhi pieni di lacrime. E mentre le lacrime cominciavano a scenderle sulle guance, la sua voce rimase calma e ferma.
“È morta,” disse, “non è vero?”
“Rachel, non posso.”
Rachel annuì, poi si prese il volto tra le mani e scoppiò a piangere. Avery si avvicinò e l’abbracciò forte.
CAPITOLO SEI
Fuori, Avery alzò il volto al sole ed emise un pesante sospiro.
Church Street era una strada trafficata e c'erano molte telecamere dei negozi. Seppur nel bel mezzo della notte, non riusciva a credere che il rapimento fosse avvenuto lì.
Dove sei andata? si domandò.
Una rapida occhiata al telefono le rivelò la strada più semplice fino a Winthrop Square. Risalì la Church e girò a sinistra sulla Brattle. Brattle Street era più larga della Church, ed era ugualmente piena di negozi. Dall'altra parte della strada notò il Brattle Theatre. A lato dell'edificio c'era un piccolo vicolo, riparato da un caffè. Gli alberi avvolgevano la zona nell’ombra. Curiosa, Avery attraversò ed entrò nello stretto spazio tra gli edifici.
Riuscì sulla Brattle e controllò ogni vetrina nel raggio di un isolato su entrambi i lati di Church Street. C'erano almeno due negozi con delle telecamere all'esterno.
Si diresse verso un piccolo smoke shop.
La campanella sulla porta tintinnò.
“Posso aiutarla?” chiese un attempato hippie bianco con i dread.
“Sì,” rispose Avery, “ho notato che ha una telecamera all’esterno. Che distanza copre con quella?”
“L’intero isolato,” disse lui, “in entrambe le direzioni. Ho dovuto installarla due anni fa. Maledetti studenti del college. Pensano tutti che questi ragazzini di Harvard siano speciali, ma sono solo un mucchio di stronzi come tutti gli altri. Mi hanno spaccato le vetrine per anni. Una specie di scherzetto goliardico, capisce? Ma non per me. Sa quanto costano quei vetri?”
“Mi dispiace molto. Ascolti, non ho un mandato,” spiegò, e mostrò il distintivo, “ma qualche ragazzino idiota potrebbe aver fatto un guaio nella sua strada. Lì non ci sono telecamere. Non è che potrei dare un’occhiata? So l’ora, non dovrebbe volerci molto.”
L’uomo fece una smorfia e borbottò tra sé e sé.
“Non lo so,” rispose, “devo guardare il negozio. Qui dentro sono da solo.”
“Ne varrà la pena.” Sorrise. “Che ne dice di cinquanta dollari?”
Senza una parola, l’uomo abbassò la testa, oltrepassò il bancone e voltò il cartello sulla porta da ‘aperto’ a ‘chiuso’.
“Cinquanta dollari?” esclamò. “Venga pure!”
Il retro del negozio era ingombro e buio. Nascosta tra scatole e scorte di materiali, l’uomo svelò una piccola televisione. Sopra, su uno scaffale più alto, c’era del materiale elettrico collegato alla TV.
“Non la uso molto spesso,” spiegò lui, “solo quando ci sono dei guai. I nastri vengono cancellati ogni settimana, il lunedì notte. Quando è stato il suo piccolo incidente?”
“Sabato notte,” rispose.
“Bene, è fortunata allora.”
Accese il televisore.
L’immagine in bianco e nero era quella dell’esterno del negozio. Avery riusciva a vedere chiaramente l’ingresso, così come il lato opposto della strada fin dentro Brattle Street. La zona su cui voleva indagare in particolare era a circa cinquanta metri di distanza. L’immagine era sgranata ed era impossibile distinguere le forme davanti al vicolo.
Un piccolo mouse serviva a mandare indietro l’immagine.
“A che ora ha detto?” chiese l’uomo.
“Alle due e quarantacinque,“ rispose, “ma dovrò controllare anche qualche altro momento. Le secca se mi metto a guardarlo da sola? Lei può tornare in negozio.”
Una smorfia sospetta fu la sua risposta.
“Ha intenzione di rubare qualcosa?”
“Sono una poliziotta,” rispose lei. “Sarebbe contrario al mio motto.”
“Allora è diversa dagli altri poliziotti che conosco io,” rise lui.
Avery prese una piccola sedia nera. La spolverò e si sedette. Un rapido sguardo all’equipaggiamento e fu in grado di mandare avanti indietro la registrazione.
Alle due e quarantacinque, qualcuno camminava su e giù per Brattle Street.
Alle due e cinquanta, la strada sembrava deserta.
Alle due e cinquantadue, qualcuno, una ragazza a giudicare dal vestito e dai capelli, apparve dalla direzione della Church. Attraversò la Brattle e girò a sinistra. Una volta superato il caffè, un’immagine scura scaturita sotto gli alberi si unì alla sua ed entrambi scomparvero. Per un momento Avery riuscì a vedere solamente un indecifrabile movimento di varie sfumature di nero. Mentre la scena proseguiva, le forme degli alberi ripresero la loro solita sagoma. La ragazza non riapparve più.
“Merda,” bisbigliò Avery.
Sganciò un walkie talkie elegante e moderno dal retro della cintura.
“Ramirez,” disse. “Dove sei?”
“Chi è?” rispose una voce gracchiante.
“Lo sai chi è. La tua nuova partner.”
“Sono ancora al Lederman. Qui ho quasi finito. Hanno appena portato via il corpo.”
“Ho bisogno di te qui, ora,” disse lei e gli diede l’indirizzo. “Credo di sapere dove è stata rapita Cindy Jenkins.”
***
Un’ora più tardi, Avery aveva fatto chiudere il vicolo da entrambi i lati con il nastro giallo. Su Brattle Street, un’auto della polizia e il furgone della scientifica erano parcheggiati sul marciapiede. Un agente era stato lasciato di guardia per scoraggiare i visitatori.
Il vicolo si apriva su una larga strada buia circa a metà strada dentro l’isolato/. Su un lato della strada c’era un palazzo in vetro di proprietà di un’immobiliare e una zona di carico. C’era anche un parcheggio che poteva contenere quattro auto. Alla fine del vicolo si trovava un auto della polizia, insieme ad altro nastro giallo.
Avery si fermò davanti alla zona di carico.
“Ecco,” disse, indicando in alto una telecamera. “Abbiamo bisogno di quelle riprese. Probabilmente è dell’agenzia immobiliare. Entriamo e vediamo cosa riusciamo a trovare.”
Ramirez scosse la testa.
“Sei pazza,“ disse. “Su quel nastro non c’era un cazzo.”
“Cindy Jenkins non aveva alcun motivo per imboccare questo vicolo,” rispose Avery. “Il suo ragazzo vive nella direzione opposta.”
“Forse voleva fare una passeggiata,” obiettò lui. “Quello che voglio dire è che questo è un grosso dispiego di forze solo per un sospetto.”
“Non è un sospetto. Hai visto la ripresa.”
“Ho visto un sacco di ombre scure che non sono riuscito a capire!” ribatté lui. “Perché il killer avrebbe attaccato qui? Ci sono telecamere dovunque! Avrebbe dovuto essere un idiota completo.”
“Andiamo a scoprirlo,” rispose lei.
La Top Real Estate Company era la proprietaria del palazzo di vetro e della zona di carico.
Dopo una breve discussione con la sicurezza della reception, ad Avery e Ramirez fu detto di aspettare sui lussuosi divani in pelle l’arrivo qualcuno più autorevole. Dieci minuti dopo, apparvero il capo della sicurezza e il presidente della compagnia.
Avery sfoggiò il suo miglior sorriso e strinse loro le mani.
“Grazie per averci ricevuto,” disse. “Vorremmo avere accesso alla telecamera sopra la vostra zona di carico. Non abbiamo un mandato,” aggiunse facendo una smorfia, “ma abbiamo una ragazza morta che è stata rapita sabato notte, molto probabilmente fuori dal vostro ingresso sul retro. A meno che non troviamo qualcosa, ci basteranno una ventina di minuti.”
“E se trovate qualcosa?” chiese il presidente.
“In quel caso avrà fatto la scelta giusta nell’assistere la polizia in una questione estremamente urgente e delicata. Un mandato richiederebbe tutto il giorno. La ragazza è morta già da due giorni. Non può più parlare, non può aiutarci. Ma lei può farlo. Ci aiuti, la prego. Ogni secondo che perdiamo la pista si raffredda.”
Il presidente annuì tra sé e sé e si voltò verso la guardia.
“Davis,” disse. “Mostraglielo. Dagli qualsiasi cosa chiedano. Se ci sono problemi,” aggiunse verso Avery, “venite pure da me.”
Mentre si incamminavano, Ramirez fischiò.
“Che incantatrice,” commentò.
“Qualsiasi cosa serva,” bisbigliò Avery.
L’ufficio della sicurezza del Top Real Estate era una stanza rumorosa che accoglieva più di venti schermi. La guardia si sedette a un tavolino nero, davanti a una tastiera.
“Ok,” disse, “ora e luogo?”
“La zona di carico. Alle due e quarantacinque circa e poi andiamo avanti da lì.”
Ramirez scosse la testa.
“Non troveremo niente.”
Le telecamera dell’agenzia immobiliare aveva una qualità migliore dello smoke shop ed era a colori. La maggior parte degli schermi era della stessa grandezza, ma ce n’era in particolare uno più grande. La guardia attivò la telecamera della zona di carico sullo schermo più grande e mandò indietro l’immagine.
“Là,” disse Avery. “Si fermi.”
L’immagine si bloccò alle due e cinquanta. La telecamera mostrava una veduta panoramica del parcheggio direttamente davanti alla zona di carico, e anche a sinistra, verso il cartello che segnalava il vicolo cieco e la strada ancora dopo. C’era una vista solo parziale del vicolo che conduceva alla Brattle. Nel parcheggio c’era una sola auto, un minivan che sembrava blu scuro.
“Quell’auto non dovrebbe essere lì,” indicò la guardia.
“Riesce a vedere la targa?” chiese Avery.
“Sì, ce l’ho,” disse Ramirez.
Rimasero in attesa tutti e tre. Per un po’ gli unici movimenti furono quelli delle auto sulla strada perpendicolare e l’ondeggiare degli alberi.
Alle due e cinquantatré, apparvero due persone.
Avrebbero potuto essere amanti.
Uno era un uomo minuto, snello e basso, con folti capelli cespugliosi, baffi e occhiali. L’altra era una ragazza, più alta, con i capelli lunghi. Indossava un leggero abitino estivo e sandali. Sembrava che stessero danzando. Lui le teneva una mano e la faceva volteggiare stringendole la vita.
“Merda,” disse Ramirez, “quella è Jenkins.”
“Stesso vestito,” aggiunse Avery, “scarpe, capelli.”
“È stata drogata,” disse lui. “Guardala. Trascina i piedi.”
Guardarono il killer che apriva la porta del passeggero e la infilava in auto. Poi, mentre si voltava e si dirigeva verso il lato del guidatore, guardò direttamente verso la telecamera della zona di carico, fece un teatrale inchino e piroettò fino alla sua porta.
“Merda!” gridò Ramirez. “Quel figlio di puttana ci prende per il culo.”
“Voglio tutti sul caso,” disse Avery. “D’ora in avanti Thompson e Jones si occuperanno della sorveglianza a tempo pieno. Thompson può rimanere al parco. Digli del minivan. Così restringerà il suo campo di ricerca. Dobbiamo sapere in che direzione stava andando quell’auto. Jones ha un compito più difficile. Deve venire qui subito e seguire quel furgone. Non mi importa come lo fa. Digli di rintracciare qualsiasi telecamera lo possa aiutare lungo la strada.”
Si voltò verso Ramirez, che la fissò a sua volta, sconvolto e impressionato.
“Abbiamo trovato il nostro assassino.”
CAPITOLO SETTE
Alle sei e tre quarti circa del mattino la stanchezza si abbatté su Avery, mentre saliva in ascensore al secondo piano della stazione di polizia. Tutta l’energia e l’impeto che aveva tratto dalle rivelazioni di quella mattina erano culminati in una giornata ben spesa, ma in una notte di inesauribili domande senza risposta. La sua pelle chiara era bruciacchiata dal sole, aveva i capelli in disordine, la giacca che aveva indossato in precedenza era stesa su un braccio. La sua camicia era sporca e sfilata dai pantaloni. Ramirez invece sembrava persino più fresco di quella mattina: i capelli pettinati all’indietro, l’abito quasi perfettamente stirato, gli occhi vigili e solo qualche goccia di sudore sulla fronte.
“Come fai ad avere ancora questo aspetto?”
“È la mia discendenza ispano-americana,” spiegò lui con orgoglio. “Posso andare avanti per ventiquattro, quarantotto ore e rimanere sempre splendido.”
Una rapida e schizzinosa occhiata ad Avery e gemette: “Già. Tu fai proprio schifo.”
Il rispetto riempì il suo sguardo.
“Ma ce l’hai fatta.”
Il secondo piano di notte era solo mezzo pieno, la maggior parte degli agenti era a casa o a lavoro per le strade. Le luci della sala conferenze erano accese. Dylan Connelly era all’interno e camminava avanti e indietro, ovviamente agitato. Alla loro vista, aprì la porta di scatto.
“Dove diavolo siete stati?!” esplose. “Volevo un rapporto sulla mia scrivania alle cinque in punto. Sono quasi le sette. Avete spento i walkie-talkie. Tutti e due,” sottolineò. “Me lo sarei aspettata da te, Black, ma non da te, Ramirez. Nessuno mi ha chiamato. Nessuno rispondeva al cellulare. Anche il capitano è incazzato, quindi non andate a piangere da lui. Avete la minima idea di cosa che è successo qui? Che accidenti stavate pensando?”
Ramirez alzò le mani.
“Abbiamo chiamato,” disse. “Le ho lasciato un messaggio.”
“Hai chiamato venti minuti fa,” sbottò Dylan. “Io vi sto chiamando ogni mezz’ora dalle quattro e mezza. È morto qualcuno? Stavate inseguendo l’assassino? È sceso dal Cielo Dio Onnipotente per aiutarvi con il caso? Perché questi sono gli unici motivi accettabili per la vostra palese insubordinazione. Dovrei togliervi immediatamente il caso.”
Indicò la sala conferenze.
“Portate il culo lì dentro.”
Le scenate erano sprecate con Avery. La rabbia di Dylan era un rumore di fondo che poteva filtrare con facilità. Aveva imparato a farlo molto tempo fa. In Ohio, quando quasi ogni notte era stata costretta ad ascoltare suo padre che urlava e gridava a sua madre. All’epoca si era chiusa le orecchie con le mani e aveva cantato canzoni e sognato del giorno in cui sarebbe finalmente stata libera. Ora c’erano questioni più importanti che catturavano la sua attenzione.
Il giornale del pomeriggio era steso sul tavolo.
Sulla prima pagina c’era una foto di Avery Black, apparentemente sorpresa che qualcuno le avesse sbattuto una macchina fotografica davanti alla faccia. Il titolo diceva: ‘Omicidio a Lederman Park: l’Avvocato Difensore dei Serial Killer sul caso!’ Accanto all’immagine a tutta pagina c’era una foto più piccola di Howard Randall, l’anziano e avvizzito serial killer degli incubi di Avery, con i suoi occhiali a fondo di bottiglia e il volto sorridente. Il titolo sopra la sua foto diceva: ‘Non fidatevi di nessuno, avvocati o polizia.’
“Lo hai visto?” ringhiò Connelly.
Sollevò il giornale e lo risbatté sul tavolo.
“Sei sulla prima pagina! Il tuo primo giorno alla Omicidi e sei una notizia da prima pagina… di nuovo. Ti rendi conto di quanto sia poco professionale? No, no,” disse davanti all’espressione di Ramirez. “Non provare neanche a parlare. Avete fatto entrambi una cazzata. Non so con chi abbiate parlato questa mattina, ma avete scatenato un casino. Come hanno fatto ad Harvard a sapere della morte di Cindy Jenkins? C’è un memoriale per lei nel sito della Kappa Kappa Gamma.”
“Colpo di fortuna?” disse Avery.
“Vaffanculo, Avery! Sei fuori dal caso. Mi hai sentito!?”
Il capitano O’Malley entrò nella sala.
“Aspetti,” contestò Ramirez. “Non può farlo. Non sa che cosa abbiamo trovato.”
“Non mi importa che avete trovato,” ruggì Dylan. “Non ho ancora finito. Andiamo di bene in meglio. Un’ora fa mi ha chiamato il sindaco. A quanto pare, gioca a golf con il padre della Jenkins e voleva sapere perché un avvocato della difesa fallito, che ha fatto rilasciare un serial killer di prigione, si sta occupando dell’omicidio della figlia di un suo caro amico.”
“Calmati,” disse O’Malley.
Dylan si voltò di scatto, rosso in faccia e con la bocca aperta. Alla vista del suo capitano, un uomo più basso e tranquillo, ma che sembrava teso e pronto a esplodere, si fece indietro.
“Per qualche ragione,” disse con voce tranquilla O’Malley, “questo caso è esploso. Quindi vorrei sapere che cosa avete fatto tutto il giorno, se per te va bene, Dylan?”
Connelly borbottò qualcosa sotto voce e si voltò dall’altra parte.
Il capitano annuì verso Avery.
“Dammi una spiegazione.”
“Non ho detto a nessuno il nome della vittima,” disse Avery, “ma ho parlato con una ragazza della Kappa Kappa Gamma, la migliore amica di Cindy Jenkins, Rachel Strauss. Deve aver fatto due più due. Mi dispiace,” disse con espressione onestamente contrita verso Dylan. “Le chiacchiere non sono il mio punto forte. Stavo cercando delle risposte e le ho ottenute.”
“Diglielo,” la incoraggiò Ramirez.
Avery si spostò intorno al tavolo delle conferenze.
“Abbiamo un serial killer tra le mani.”
“Oh, andiamo!” si lamentò Dylan. “Come può dirlo? Sta lavorando sul caso da un giorno. Abbiamo una sola ragazza morta. Non è possibile.”
“Vuoi stare zitto?” gridò O’Malley.
Dylan si morse le labbra.
“Questo non è un normale omicidio,” disse Avery. “Me lo ha detto lei stesso, Capitano, e lo devi aver capito anche tu,” aggiunse a Dylan. “La vittima è stata fatta sembrare viva. Il nostro killer la adorava. Non ci sono lividi sul suo corpo, nessuna penetrazione forzata, per cui possiamo escludere le bande o la violenza domestica. La scientifica ha confermato che è stata drogata con un anestetico potente e probabilmente di origine naturale che potrebbe aver creato il killer stesso, estratti di fiori che paralizzano immediatamente e uccidono lentamente. Supponendo che tenga queste piante sotto terra, ha bisogno di luci, un sistema di irrigazione e concime. Ho fatto qualche telefonata per scoprire come vengono importati questi semi, dove si vendono, e come mettere le mani sull’equipaggiamento. Inoltre voleva la vittima viva, almeno per un po’. Non ero sicura del motivo, fino a quando non lo abbiamo trovato su un video di sorveglianza.”
“Cosa?” sussurrò O’Malley.
“Lo abbiamo beccato,” disse Ramirez. “Non entusiasmatevi troppo. Le immagini sono sgranate e difficili da vedere, ma tutto il rapimento è visibile da due diverse telecamere. La Jenkins ha lasciato la festa un po’ dopo le due e mezza di domenica mattina per andare a casa del suo ragazzo. Lui vive a cinque isolati dalla casa della Kappa Kappa Gamma. Avery ha seguito la stessa strada che secondo lei doveva aver preso la Jenkins. Ha notato un vicolo. Chi sa che cosa l’ha spinta a farlo, ma ha avuto l’intuizione di controllare la telecamera di sorveglianza di uno smoke shop lì vicino.”
“C’è bisogno di un mandato per quello,” si intromise Dylan.
“Solo se viene richiesto,” rispose Avery. “E a volte un sorriso amichevole e una piacevole conversazione possono aiutare. L’anno scorso il negozio è stato vandalizzato una decina di volte,” continuò. “Di recente hanno installato una telecamera esterna. Ora, il negozio è dal lato opposto del vicolo e circa a mezzo edificio di distanza, ma si riesce a vedere chiaramente una ragazza, che io credo sia Cindy Jenkins, che viene avvicinata sotto gli alberi.”
“È a quel punto che mi ha chiamato,” subentrò Ramirez. “Seriamente, io ho pensato che fosse impazzita. Davvero, ho visto il video e non gli avrei dato una seconda occhiata. Black invece mi ha fatto chiamare la scientifica e portare tutta la squadra solo per quella roba. Come potete immaginare, ero incazzato. Ma,” continuò con espressione eccitata, ”aveva ragione lei. C’è un’altra telecamera in una zona di carico dietro al vicolo. Abbiamo chiesto all’azienda proprietaria di farci vedere che cosa aveva ripreso. Hanno accettato e bum,” disse e spalancò le braccia. “Un uomo esce dal vicolo tenendo la nostra vittima. Stesso vestito. Stesse scarpe. È di corporatura snella, più basso di Cindy, e ballava. La abbracciava e ballava. Lei era chiaramente drogata. Con i piedi ciondoloni e tutto il resto. A un certo punto lui ha persino guardato verso la telecamera. Quel bastardo perverso ci ha sfidato. L’ha messa sul sedile davanti di un minivan e si è allontanato come niente fosse. L’auto è una Chrysler, blu scuro.”
“La targa?” chiese Dylan.
“È finta. L’ho già cercata. Deve avere una targa fasulla. Sto compilando una lista di tutti i minivan della Chrysler di quel colore venduti negli ultimi cinque anni nel raggio di cinque contee. Ci vorrà un po’, ma forse con più informazioni possiamo restringere la lista. E lui comunque doveva portare un travestimento. Si riesce a malapena a vedere la sua faccia. Aveva i baffi, forse una parrucca, degli occhiali. Tutto quello che riusciamo a determinare è la sua altezza, un metro e sessanta o settanta, e il suo probabile colore di pelle, bianco.”








