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Ma non ancora. Era solo il 1789, e Napoleone, quel piccolo bastardo, era ancora vivo. Uno dei vampiri preferiti di Kyle. Doveva avere circa 20 anni ora, pensò Kyle, ed era ancora in procinto di iniziare la sua carriera. Non sarebbe stato sepolto in quel luogo se non dopo diversi anni. Naturalmente, essendo della sua razza, la sepoltura di Napoleone era solo uno stratagemma, soltanto un modo per lasciare che le masse di umani pensassero che fosse uno di loro.
Kyle sorrise a quel pensiero. Eccolo lì, il luogo delle spoglie mortali di Napoleone, prima che Napoleone fosse ancora “morto”. Avrebbe atteso di rivederlo di nuovo, per rammentare i vecchi tempi. Dopotutto, lui era una delle poche persone della sua specie, che Kyle quasi rispettava. Ma era anche un arrogante piccolo bastardo. Kyle avrebbe voluto prenderlo a schiaffi.
Camminò lentamente lungo il pavimento di marmo, ed i suoi passi riecheggiarono nel silenzio mentre si guardava intorno. Aveva avuto giorni migliori. Aveva perso un occhio a causa di quell'orribile ragazzino, il figlio di Caleb, e il suo volto era ancora sfigurato per la punizione subita da Rexius, quando era a New York. E, come se non bastasse, ora aveva un'enorme ferita alla guancia, a causa della lancia che Sam gli aveva scagliato contro al Colosseo. Era un rottame, lo sapeva.
Ma, in un certo senso, questo gli piaceva. Era un sopravvissuto. Era vivo, e nessuno era stato in grado di fermarlo. Ed era più furioso che mai. Non solo era determinato a impedire a Caitlin e Caleb di trovare lo Scudo, ma ora era determinato a farla pagare ad entrambi. A farli soffrire, proprio come lui aveva sofferto. Anche Sam era sulla sua lista. Tutti e tre — li avrebbe fermati ad ogni costo, fino a quando non avesse torturato ognuno di loro lentamente.
Con pochi balzi, Kyle raggiunse la sommità della scalinata in marmo, e salì al livello superiore della tomba. Ci girò intorno, camminando fino alla fine della cappella, sotto all'enorme cupola, e raggiunse l'altare. Tastò la sua parete calcarea, cercando.
Infine, trovò quello che cercava. Spinse un chiavistello nascosto, e si aprì uno scompartimento segreto. Allungò la mano e ne estrasse una lunga spada d'argento, la cui impugnatura era ricoperta di pietre preziose. La sollevò verso la luce, e la studiò con soddisfazione. Era proprio come la ricordava.
Se la infilò dietro la schiena, si voltò e si diresse verso il corridoio, raggiungendo la porta d'ingresso. Caricò il colpo e, con un forte calcio, abbattè la grande porta in quercia scardinandola; un boato riecheggiò in tutto l'edificio vuoto. Kyle ne fu soddisfatto: aveva avuto conferma di aver recuperato tutta la sua forza.
Uscito all'aperto, vide che era ancora notte, e si rilassò. Se avesse voluto, avrebbe potuto volare per tutta la notte, dirigendosi verso il proprio obbiettivo—ma intendeva godersi il momento. La Parigi del 1789 era un luogo speciale. Lo ricordava bene, era piena di prostitute, alcolizzati, scommettitori, criminali. Nonostante i monumenti e l'eleganza della superficie, lì viveva un immenso sottobosco. Lui l'amava. La città aspettava solo di essere dominata da lui.
Kyle restò immobile, ad occhi chiusi, intento ad ascoltare ed a raccogliere informazioni. Riusciva a sentire fortemente la presenza di Caitlin in quella città. E quella di Caleb. Di Sam non si sentiva sicuro, ma sapeva che almeno i due c'erano. Questo andava bene. Ora, non gli restava che trovarli. Li avrebbe colti di sorpresa, e, immaginò, li avrebbe uccisi entrambi abbastanza facilmente. Parigi era proprio un luogo adatto. Non aveva un grande Consiglio di vampiri, come a Roma, a cui doveva rispondere. Ancor meglio, lì dimorava un potente covo malvagio, gestito da Napoleone. E Napoleone era in debito con lui.
Kyle decise che il suo primo compito era quello di localizzare il nanetto e indurlo a pagare il debito. Avrebbe assoldato tutti gli uomini di Napoleone per fare tutto quanto ritenuto necessario a trovare Caitlin e Caleb. Sapeva che gli uomini di Napoleone sarebbero stati utili, se lui ne avesse avuto bisogno. Stavolta, non avrebbe lasciato nulla al caso.
Ma aveva ancora tempo. Per prima cosa, si sarebbe potuto nutrire, ed avrebbe messo i piedi saldamente a terra. Inoltre, il suo piano era già in atto. Prima di lasciare Roma, aveva rintracciato il suo vecchio tirapiedi Sergei, e lo aveva spedito indietro nel tempo lì, dov'era lui. Se tutto fosse andato come aveva progettato, Sergei era già lì, e stava già lavorando proprio per eseguire la sua missione, infiltrandosi nel covo di Aiden. Kyle allargò il suo sorriso. Non c'era nulla che amasse di più di un traditore, di una piccola donnola come Sergei. Era diventato più che un utile piccolo burattino.
Kyle saltellò come uno scolaro, allegro, pronto a piombare dritto in città, e a prendere tutto quello che voleva.
Non appena Kyle si avviò per la via più vicina, un artista di strada gli si accostò, tenendo in mano una tela e un pennello, chiedendo a Kyle il permesso di ritrarlo. Se c'era qualcosa che Kyle odiava era qualcuno che intendesse fargli un ritratto. Nonostante ciò, era di buon uomore, e decide di lasciar vivere l'uomo.
Ma l'uomo cominciò ad insistere, seguendo Kyle aggressivamente, spingendo la sua tela verso di lui: era andato un po' troppo oltre. Kyle si voltò, afferrò il suo pennello, e glielo affondò proprio in mezzo agli occhi. Un istante dopo, l'uomo piombò a terra privo di vita.
Kyle prese la tela e la spaccò sopra il cadavere.
Poi proseguì, soddisfatto di sé. La notte si stava rivelando sempre più grandiosa.
Appena svoltò in un vicolo in ghiaia, diretto al distretto che ricordava, tutto cominciò a tornargli familiare. Diverse prostitute occupavano la strada, chiamandolo. Allo stesso tempo, due grossi uomini erano fuori ad un bar, chiaramente ubriachi, e urtarono brutalmente Kyle, senza guardare dove stessero andando.
“Hey, tu idiota!” uno di loro gli gridò contro.
L'altro si voltò verso Kyle. “Hey, uomo dall'occhio solo!” gridò. “Guarda dove vai!”
Il grosso uomo si fece avanti, spintonando brutalmente Kyle al petto.
Ma i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa, quando si accorse che la sua spinta non aveva sortito alcun risultato. Kyle non si era affatto mosso; era stato come colpire una parete di pietra.
Kyle scosse lentamente il capo, meravigliato dalla stupidità di quei due energumeni. Prima che potessero reagire, impugnò la spada appesa sulla schiena, la estrasse con un rumore metallico e, con una sola mossa, li decapitò entrambi in una frazione di secondo.
Osservò con soddisfazione le teste mozzate rotolare via, mentre entrambi i corpi piombavano al suolo. Rimise a posto la spada, e si chinò, afferrando un cadavere decapitato. Poi, infilò i suoi canini nel collo aperto, e bevve con avidità, mentre il sangue schizzava.
Kyle poteva sentire le grida delle prostitute, che avevano visto quanto era appena accaduto. Mentre bevava, udì il suono di porte che sbattevano, e di persiane che si chiudevano.
L'intera città aveva già paura di lui, si rese conto.
Bene, pensò. Questo era il tipo di benvenuto che amava.
CAPITOLO SETTE
Caitlin e Caleb volarono lontano da Parigi, sopra la campagna francese alle prime luci del mattino: lei era aggrappata saldamente alla sua schiena, mentre attraversavano l'aria. Ora si sentiva più forte e sapeva che, se avesse voluto, avrebbe potuto volare. Ma non intendeva staccarsi da lui. Amava sentire il suo corpo. Voleva solo stringersi a lui, sentire come sarebbe stato stare di nuovo insieme. Sapeva che era folle, ma dopo essere stati separati per così tanto tempo, temeva che se lo avesse lasciato andare, sarebbe volato via per sempre.
Sotto di loro, il paesaggio continuava a cambiare. Rapidamente la città lasciò il posto ad una folta foresta, estesa in un paesaggio collinare. Nei dintorni della città si notavano case isolate, fattorie. Ma più si allontanavano, e più la terra si apriva. Sorvolarono campo dopo campo, prati, qua e là una fattoria, pecore al pascolo. Il fumo usciva dai comignoli, e lei si chiese che cosa stessero cucinando quelle persone. Le corde stendipanni erano stese sui prati rasati, le lenzuola asciugavano al sole. Era una scena idilliaca, e la temperatura di luglio era scesa abbastanza da rinfrescare l'aria, specialmente a quell'altezza.
Dopo ore di volo, svoltarono e il nuovo paesaggio lasciò Caitlin senza fiato: lì, all'orizzonte, c'era un mare luccicante, di un blu acceso, con le onde che s'infrangevano sulla sterminata battigia. Quando si fecero più vicini, notarono le colline che si innalzano proprio lungo la costa.
Arroccato tra le colline, circondato dall'erba alta, Caitlin vide un singolo edificio ergersi contro l'orizzonte. Era un glorioso castello medievale, tutto in antica pietra calcarea, decorato da elaborate sculture e gargoyle. Costruito sulla sommità della collina, sovrastava il mare, e circondato da prati punteggiati da fiori di campo, in ogni direzione. Era bello da mozzare il fiato e a Caitlin sembrava di essere all'interno di una cartolina.
Il cuore di Caitlin batteva con eccitazione, mentre si chiedeva, mentre sperava … che fosse la casa di Caleb. In qualche modo, sentiva che lo era.
“Sì,” lui gridò, oltre il vento, leggendole la mente, come sempre. “E' questo.”
Il cuore di Caitlin quasi esplose di gioia. Era così eccitata, e si sentì così forte, pronta a volare da sola.
Improvvisamente si staccò dalla schiena di Caleb, e balzò volando nell'aria. Per un momento, fu terrorizzata, chiedendosi se le sue ali si sarebbero aperte. Un istante dopo, lo fecero, sostenendola nell'aria.
In quel momento, ricordò d'improvviso quanto amasse quella sensazione. Era grandioso riavere le sue ali, essere indipendente. Lei andò su e giù in picchiata, vicino a Caleb, che le sorrise. Volarono entrambi in picchiata, poi tornarono su, incrociandosi ripetutamente, con le punte delle loro ali che a volte si toccavano.
Come una cosa sola, volarono insieme in picchiata, avvicinandosi di più al castello. Sembrava antico; appariva consumato, ma non in modo negativo. A Caitlin già sembrava una casa.
Quando lei osservò tutto quanto intorno - il paesaggio, le colline, l'oceano in lontananza - per la prima volta, da quando aveva ricordi, avvertì un senso di pace. Finalmente, sentì di trovarsi a casa. Visualizzò la sua vita insieme a Caleb lì, immaginò persino di cominciare una famiglia assieme, se fosse stato possibile. Sarebbe stata felice di vivere i suoi giorni lì con lui— e finalmente non vedeva nulla che li ostacolasse.
*
Caitlin e Caleb atterrarono insieme di fronte al suo castello; lui le prese la mano e la condusse alla porta d'entrata. La porta in quercia era coperta da uno spesso strato di polvere e sale marino, e chiaramente non veniva aperta da anni. Lui provò la maniglia. Era chiusa.
“Sono trascorse centinaia di anni,” lui disse. “Sono piacevolmente sorpreso di vedere che è ancora qui, che non è stato danneggiato—che è persino ancora sigillato. C'era una chiave…”
Si avvicinò, tastando al di sopra del telaio, e sentì la fessura dietro l'arco in pietra. Fece scorrere le dita su e giù, e infine si fermò, estraendo una lunga chiave d'argento.
La introdusse senza difficoltà nella serratura. La girò con un clic.
Si voltò e le sorrise, entrando all'interno dell'edificio. “Fai tu gli onori,” le disse.
Caitlin spinse la pesante porta medievale e questa si aprì lentamente, cigolando; sale incrostato cadde a blocchi.
Entrarono insieme. L'ingresso era buio e ricoperto di ragnatele. L'aria era stantia e malsana; sembrava che nessuno ci entrasse da secoli. Lei guardò in alto, in direzione delle alte pareti in pietra ad arco, e poi abbassò gli occhi sul pavimento in pietra. C'erano strati di polvere ovunque, incluse le vetrate, che limitavano molto l'ingresso della luce, facendo sembrare il tutto più buio di quanto in realtà fosse.
“Da questa parte,” Caleb disse.
Lui le prese la mano e la condusse lungo un corridoio stretto, che portava ad una grande sala, con alte finestre ad arco su entrambi i lati. Era molto più illuminato lì, persino con la polvere. C'erano anche dei mobili lì: un lungo tavolo medievale in quercia, circondato da elaborate sedie in legno. Al suo centro, c'era un'enorme cornice del camino, uno dei più grossi camini che Caitlin avesse mai visto. Era incredibile. A Caitlin sembrò di essere finita di nuovo nei Chiostri.
“Fu costruito nel secolo XII,” lui disse, guardandosi intorno. “Allora, questo era lo stile.”
“Vivevi qui?” Caitlin chiese.
Lui annuì.
“Per quanto tempo?”
Lui pensò. “Non più di un secolo,” le rispose. “Forse due.”
Caitlin si meravigliò, ancora una volta, al pensiero di quanto valesse il tempo nel mondo dei vampiri.
Improvvisamente, però, lei si preoccupò, per qualcos'altro: aveva vissuto lì con un'altra donna?
Ebbe paura di chiedere.
Lui improvvisamente si voltò e la guardò.
“No, non l'ho fatto,” lui disse. “Ci vivevo da solo. Te lo assicuro. Tu sei la prima donna che porto.”
Caitlin si sentì sollevata, e al contempo imbarazzata perché lui le aveva letto la mente.
“Vieni,” le disse. “Da questa parte.”
La condusse ad una scalinata in pietra a chiocciola, e girarono e rigirarono, per poi arrivare al secondo piano. Quest'ultimo era molto più luminoso, con grandi finestre ad arco che si affacciavano su ogni direzione, consentendo alla luce del sole di filtrare, riflettendo il mare distante. Le stanze lì erano più piccole, più intime. C'erano degli altri camini in marmo, e appena Caitlin girò di stanza in stanza, vide un enorme letto a baldacchino che ne dominava una. Chaise longue e sedie dalla tappezzeria di velluto, erano sparse in tutte le altre stanze, Non c'erano tappeti, ma soltanto un semplice pavimento in pietra. Era molto spoglio. Ma bello.
Lui la guidò attraverso la stanza, per poi superare delle enormi porte in vetro. Erano coperte di così tanta polvere, che lei non si era nemmeno accorta che fossero lì. Lui si avvicinò, mosse con forza la maniglia, e, alla fine, con un colpo ed una nuvola di polvere, si aprirono.
Uscirono all'esterno, su un'enorme terrazza di pietra, incorniciata da un parapetto in pietra scolpita. Insieme, si affacciarono.
Da lì, potevano godere di un'imponente vista dell'intera campagna, dell'oceano. Caitlin sentiva le onde frangersi sulla battigia e l'odore del mare, di cui la fresca brezza era impregnata. Si sentì come in paradiso.
Se Caitlin avesse mai immaginato una casa dei sogni, allora era senz'altro quella. Era polverosa, e aveva bisogno di un tocco femminile, ma Caitlin sapeva che avrebbero potuto sistemarla, riportandola al proprio stadio originario. Lei sentiva che questo era davvero il luogo che avrebbe potuto chiamare casa insieme.
“Stavo pensando a quello che hai detto,” lui disse, “l'intero viaggio fin qui. Costruire una vita insieme. Lo vorrei tantissimo.”
Mise un braccio intorno a lei.
“Vororei che tu vivessi qui con me. Poter ricominciare la nostra vita. Proprio qui. Questo posto è tranquillo e sicuro, e protetto. Nessuno conosce questo posto. Nessuno ci troverà mai qui. Non vedo alcuna ragione, per cui non possiamo vivere la nostra vita al sicuro, come persone normali,” lui disse. “Naturalmente, avrò bisogno di fare un po' di lavoro per migliorarla. Ma io ci sto, se anche tu ci stai.”
Lui si voltò e le sorrise.
Lei rispose al suo sorriso. Non era mai stata così in gioco nella sua vita.
Più di questo, era profondamente toccata dal fatto che lui l'avesse invitata a vivere con lui. Nulla contava di più per lei. La verità era, che avrebbe dovuto vivere con lui, in ogni caso, anche se fosse stato solo un capanno nella foresta.
“Mi piacerebbe da morire,” lei rispose. “Voglio solo stare con te.”
Il cuore le batteva fortissimo, mentre si baciavano, il suono delle onde in sottofondo, la brezza dell'oceano sopra di loro.
Finalmente, ogni cosa era di nuovo perfetta, nel mondo di Caitlin.
*
Caitlin non era mai stata così felice, mentre vagava nella casa, passando di stanza in stanza, con una salvietta per lavarsi. Caleb era uscito a caccia, eccitato di portare loro la cena. Lei era elettrizzata, perché questo le dava del tempo da sola, di camminare nella casa, di assimilare tutto, da sola, e di guardarla con un occhio femminile, per rendersi conto di come metterla a posto, rendendola una vera casa per loro due.
Entrò nelle stanze, aprendo le finestre, lasciando entrare l'aria dell'oceano. Trovò un secchio ed uno straccio, e si recò al ruscello che vide scorrere nel cortile posteriore, e tornò con un secchio traboccante di acqua. Poi, immerse lo straccio nel ruscello, fino a quando non divenne più pulito possibile. Trovò una grossa cassa su cui appoggiarsi, e appena aprì ogni singola enorme finestra medievale, salì sopra la cassa, e pulì ogni vetro. C'erano poche finestre che erano semplicemente troppo in alto per lei, e, per queste, mise in moto le sue ali, fluttuando nell'aria, e volteggiando davanti alle finestre, lavandole.
Fu stupita dell'immediata differenza che fece. Dal buio alla luce, il passaggio cambiò completamente la stanza. Dovevano esserci centinaia di anni di sporco incrostato e sale su entrambi i lati del vetro. Infatti, persino aprire soltanto ogni singola finestra era una vera impresa, e le occorse tutta la sua forza per liberarla da sporcizia e detriti.
Caitlin guardò attentamente e restò colpita dall'abilità artistica in cui ogni ogni finestra era stata realizzata. Ogni vetro era spesso diversi centimetri, ed era realizzato in uno dei modi più belli che avesse mai visto. Alcuni dei vetri erano macchiati, altri no, ed altri ancora avevano la più leggera tinta di colore. Appena lei ripuliva i vetri, poteva quasi percepire la gratitudine della casa, mentre lentamente, centimetro per centimetro, tornava alla vita.
Caitlin finalmente terminò, e controllò la stanza di nuovo. Si scioccò. Quella che prima era una stanza buia e poco invitante, ora era diventata una stanza incredibilmente piena di luce, con una vista sull'oceano.
Caitlin passò poi ai pavimenti; inginocchiata a terra, prese a strofinarli centimetro per centimetro. Guardava con soddisfazione mentre lo sporco venivano via, e le belle ed enormi pietre cominciavano a splendere.
Poi, si rivolse all'enorme mensola sopra il camino, togliendo anni di polvere. Poi, passò all'enorme specchio lavorato posto al di sopra di esso, sfregandolo fino a quando non iniziò a brillare. Lei era nervosa per il fatto che non potesse ancora specchiarsi—ma sapeva che non c'era molto che potesse fare per risolvere la questione.
Dopo, si occupò del lampadario, pulendo tutti i cristalli dei portacandele. Dopotutto, si concentrò sul letto a baldacchino. Lavò tutti i posti, e poi il telaio, riportando lentamente alla vita l'antico legno. Afferrò le vecchie lenzuola e andò in terrazza e le scosse fortemente, e nuvole di polvere si innalzarono ovunque.
Caitlin tornò nella stanza, la sua aspirante camera da letto, e la osservò: adesso era magnifica. Splendeva così forte, così come ogni altra stanza in qualsiasi castello. Era sempre medievale, ma almeno ora era fresca ed invitante. Era felice all'idea di vivere lì.
Lei guardò in basso e vide che l'acqua nel secchio era diventata completamente nera; con un salto, fu in fondo alle scale e uscì fuori dalla porta, per andare a vuotarlo nel ruscello.
Caitlin sorrise al pensiero della reazione di Caleb quando sarebbe tornato. Sarebbe stato così sorpreso, pensò. Il suo prossimo passo sarebbe stato occuparsi della camera da pranzo. Avrebbe tentato di creare un ambiente intimo, in cui avrebbero consumato il loro primo pasto insieme nella nuova casa — il primo, sperava, di una lunga serie.
Ma, appena giunta al ruscello, mentre era inginocchiata sulla morbida erba, svuotando e riempiendo il secchio, improvvisamente avvertì una sensazione di allarme. Sentì un fruscio, vicino, e sentì un animale avvicinarsi a lei.
Si voltò rapidamente, e fu sorpresa da quello che vide.
Avvicinandosi a lei lentamente, a pochi metri di distanza, c'era un cucciolo di lupo. Aveva tutto il pelo bianco, fatta eccezione per una singola striscia di grigio che aveva sulla fronte e sulla schiena. Quello che più colpì Caitlin erano i suoi occhi: guardavano Caitlin come se la conoscesse. C'era di più: erano gli stessi occhi di Rose.
Caitlin sentì il cuore batterle forte. Sentiva come se Rose fosse tornata dal mondo dei morti, si fosse reincarnata in un altro animale. Quell'espressione, quella faccia. Il colore della pelliccia era diverso, ma, per il resto, sembrava Rose rinata.
Anche la cucciola appariva stupita di vedere Caitlin. Si fermò, guardandola, poi lentamente, cautamente, fece alcuni passi incerti verso di lei. Caitlin fece una scansione della foresta, guardando per vedere se altri cuccioli fossero nelle vicinanze, o la mamma. Lei non intendeva trovarsi impegnata in una lotta.
Ma non c'erano altri animali in vista.
Appena Caitlin esaminò la cucciola più attentamente, capì il perché. Zoppicava molto, con il sangue che fuorisciva da una zampa. Sembrava ferita. Era stata probabilmente abbandonata dalla sua mamma, realizzò Caitlin, lasciata a morire.
La cucciola abbassò la testa, e camminò lentamente, fino a Caitlin. Poi, con sorpresa di Caitlin, abbassò la testa e la appoggiò sulle sue gambe, guaendo leggermente, mentre chiudeva gli occhi.
Il cuore di Caitlin sobbalzò. Rose le era mancata così tanto, e ora era come se fosse tornata da lei.
Caitlin mise giù il secchio, e prese la cucciola in braccio. La tenne vicina al petto, piangendo mentre lo faceva, ricordando tutto il tempo che aveva trascorso con Rose. Nonostante tutto, le lacrime le scesero lungo le guance. La cucciola, come a percepire questo, si abbassò e leccò le lacrime dal suo viso.
Caitlin si abbassò e la baciò sulla fronte. La abbracciò, stringendola al petto. In nessun modo l'avrebbe lasciata andare. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di farla guarire e riportarla alla vita. E, se la lupa avesse voluto, l'avrebbe tenuta con sé.
“Come dovrei chiamarti?” Caitlin chiese. “Non posso usare di nuovo Rose …. Che ne pensi di … Ruth?”
La cucciola improvvisamente leccò la guancia di Caitlin, come per rispondere al nome. Quella fu la risposta definitiva di cui Caitlin aveva bisogno.
E dunque, si sarebbe chiamata Ruth.
*
Caitlin, con Ruth al suo fianco, aveva appena terminato di pulire la camera da pranzo, quando scorse qualcosa di interessante lungo la parete. Lì, accanto al camino, c'erano due lunghe spade d'argento. Ne prese una, la spolverò e ne ammirò l'impugnatura, ricoperta di pietre preziose. Era una splendida arma. Poggiò in terra straccio e secchio, e non riuscì a fare a meno di fare un tentativo. Fece oscillare forte la spada, a destra e a sinistra, descrivendo ampi cerchi, muovendo le mani, in tutta la stanza. Avvertì una bella sensazione.
Si chiese quante altre armi ancora Caleb tenesse lì. Avrebbe potuto allenarsi un giorno.
“Ho visto che hai trovato le armi,” lui disse, entrando improvvisamente dalla porta. Immediatamente, Caitlin rimise a posto la spada, frettolosamente, sentendosi in colpa.
“Scusa, non intendevo frugare nella tua roba.”
Caleb rise. “La mia casa è tua,” lui disse, mentre camminava nella stanza, trasportando due enormi cervi sulle spalle. “Tutto quello che è mio, è tuo. Inoltre, sei la mia ragazza. Anch'io sarei andato dritto alle spade,” replicò con un sorriso.
Attraversò la stanza, trasportando il cervo, poi improvvisamente si fermò e si voltò, ed ebbe una reazione a scoppio ritardato.
“Accidenti,” lui esclamò con stupore. “Sembra un posto nuovo!”
Se ne stette lì a guardare, con gli occhi spalancati. Caitlin vide quanto fosse impressionato, e ne fu felice. Anche lei guardò la stanza, e vide che, in effetti, aveva subito una bella trasformazione. Ora avevano una splendida camera da pranzo, con tavolo e sedie pronti per il loro primo pasto.
Ruth improvvisamente guaì, e Caleb guardò in basso e la vide per la prima volta. Lui sembrò ancora più sorpreso.






