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“Entrate!” gridò Luna più avanti. Era arrivata all’auto adesso ed era saltata al posto del conducente.
Kevin e Chloe corsero e raggiunsero l’auto mentre Luna iniziava ad avviarla. Kevin la sentì imprecare sottovoce mentre lo faceva, e gli ci volle solo un momento per capirne il motivo: la macchina non si accendeva. Faceva una sorta di vibrazione, un rumore sussultorio, ma a parte quello non succedeva nulla, indipendentemente da quante volte Luna tentasse di farla partire.
La paura allora crebbe in Kevin, anche se ce n’era già abbastanza in lui grazie a quella lunga corsa per sfuggire alla gente controllata dagli alieni. Si guardò attorno tra gli alberi, tentando di scorgere movimento, cercando ogni segno di gente controllata. Non solo quelli che erano inciampati giù per il pendio, perché di certo ce n’erano degli altri. Sembravano sempre essercene degli altri.
“Non funziona,” disse Luna.
“Non funzionerà di certo,” disse Chloe. “’L’avete inondata.”
“Come se tu ne sapessi qualcosa,” ribatté Luna.
Dava la sensazione di un incombente litigio che sarebbe stato troppo lungo e troppo forte, e che li avrebbe comunque lasciati là dentro seduti quando fossero arrivate altre persone controllate dagli alieni. A Kevin già sembrava di sentire dei fruscii tra gli alberi.
“Dobbiamo andare,” disse. Gli parve di vedere delle forme dietro ai tronchi più vicini. “Dobbiamo andare adesso.”
Uscì ancora dall’auto e le altre lo seguirono con ovvia riluttanza. Almeno lo seguirono, scivolando tra gli alberi giusto in tempo mentre Kevin si guardava alle spalle e vedeva altri escursionisti e soldati, guardaboschi e famiglie che si avvicinavano all’auto in gruppo, coordinati e silenziosi. Alcuni di loro si guardarono in giro, sembrarono quasi annusare l’aria. Kevin si affrettò ad allontanarsi il più rapidamente possibile.
“La macchina non li distrarrà a lungo,” disse. “Dobbiamo pensare a qualcos’altro.”
“Ci sono un sacco di auto nel parcheggio,” disse Chloe.
Luna sbuffò. “Di cui non abbiamo le chiavi.”
“Non serve la chiave. È quello che stavo facendo, fino a che non si sono messi a inseguirmi.” Aveva ancora l’espressione di voler iniziare una discussione, ma in quel momento, se fossero tutti riusciti a uscire da lì, Kevin avrebbe anche potuto sopportarlo.
“Dobbiamo stare in silenzio,” disse Kevin, e le due ragazze lo guardarono come se avesse appena detto la cosa più ovvia al mondo. Avanzarono tutti di soppiatto, facendosi strada verso la cima della montagna in direzione del parcheggio per i visitatori. Per il momento sembrava non esserci nessuno.
“Potresti comunque levarti quella stupida maschera,” disse Chloe a Luna. “Ti ho detto che qualsiasi cosa abbiano messo nell’aria ora non c’è più. O hai paura?”
L’ultima affermazione fu sufficiente a toccare Luna sul vivo. Con decisione prese la maschera e se la levò, appendendosela alla cintura.
“Non ho paura,” disse. “Solo non sono stupida.”
“Dobbiamo trovare una macchina,” disse Kevin interrompendole prima che potessero litigare di nuovo.
Ce n’erano un sacco tra cui scegliere, abbandonate dove la gente che stava visitando la montagna le aveva lasciate. C’erano SUV e furgoncini, auto moderne e più vecchie, di tutti i colori e…
“Quella,” disse Chloe indicando un pick-up che sembrava così malmesso che Kevin rimase stupito che ancora stesse in piedi. La vernice era scrostata e c’erano intere macchie di ruggine. “Quello posso farlo partire.”
Lo raggiunsero e videro che uno dei finestrini era leggermente aperto. Chloe lo tirò più in basso e allungò un braccio per aprire la portiera dall’interno.
“Non ti preoccupa il fatto che sappia fare tutte queste cose?” chiese Luna a Kevin.
Chloe la guardò da dietro la spalla. “Non tutti abbiamo delle belle vite perfette, cara la mia cheerleader.”
Kevin fu quasi contento di vedere un gruppo di persone controllate che avanzavano lentamente, ovviamente intenti a cercarli.
“Veloci,” disse. “A bordo!”
Entrarono e tennero le teste basse. Chloe era sul sedile del conducente e lavorava a qualcosa con l’accensione. Sembrava metterci un sacco di tempo.
“Mi pareva avessi detto che potevi farlo,” sussurrò Luna.
“Mi piacerebbe vedere te che ci provi,” ribatté Chloe.
“Basta che ci porti alla NASA,” disse Luna.
Chloe scosse la testa. “Andiamo a LA.”
“San Francisco,” insistette Luna.
“LA,” ribatté Chloe.
Kevin sapeva di dover intervenire, perché altrimenti sarebbero probabilmente state ancora lì a discutere quando la gente controllata li avesse trovati e catturati.
“Ti prego, Chloe, dobbiamo sentire questo messaggio. E… beh, se non funziona, allora magari potremmo andare a LA. Insieme.”
Chloe rimase in silenzio per un minuto. Kevin osò dare un’occhiata oltre il cruscotto. Sperava che prendesse presto una decisione, perché un gruppo di persone controllate si stava avvicinando.
“Direi che mi hai praticamente salvato la vita laggiù,” disse Chloe. “Ok.”
Continuò a lavorare a ciò che stava facendo con l’accensione. Il motore fece un sussulto. Kevin sollevò lo sguardo e vide che la gente controllata dagli alieni ora li stava fissando, guardandoli con l’intensità di un gatto che ha appena scorto un topo.
“Ehm… Chloe?”
Iniziarono ad avanzare verso di loro.
“Puoi farlo o no?” disse Luna.
Chloe non rispose, continuando a lavorare a ciò che stava facendo. Il motore sussultò ancora, poi emise un rombo accendendosi definitivamente. Chloe sollevò lo sguardo trionfante.
“Visto! Vi avevo detto che…”
Si fermò di colpo quando una figura andò a sbattere contro il furgoncino nel tentativo di prenderli.
“Andiamocene da qui,” disse Kevin, e Chloe annuì.
Il furgoncino scattò in avanti mentre lei guidava, apparentemente non curandosi di andare a sbattere contro la gente controllata. Schivarono un’auto e un soldato si lanciò mettendosi davanti alla loro traiettoria. Chloe non rallentò neanche per un momento, e lo schianto quando lo colpirono fu orribile. L’uomo rimbalzò sul cofano e rotolò rimettendosi in piedi, ma a quel punto loro erano ormai lontani.
O più o meno lontani. Non potevano andare tanto più veloci di così sulla strada di montagna, soprattutto con il rischio delle auto abbandonate lungo la via, lasciate ovunque dalle persone che erano state lì quando il vapore le aveva convertite. Chloe stava zigzagando tra esse con destrezza, ma avanzavano comunque tanto lentamente che la gente controllata che li stava inseguendo di corsa stava guadagnando terreno.
“Non si arrenderanno,” disse Luna dandosi un’occhiata alle spalle.
“Non si stancano, non si fermano,” disse Chloe, e qualcosa nel modo in cui lo disse fece capire che lo aveva imparato di persona. “Tenetevi forte.”
Kevin si aggrappò al cruscotto mentre acceleravano e il furgoncino slittava pericolosamente mentre schivavano gli ostacoli che avevano davanti. Kevin era certo che sarebbero andati a sbattere da un momento all’altro, ma in qualche modo, incredibilmente, non accadde. Chloe ruotava il volante da una parte all’altra, e il furgoncino rispondeva con prontezza.
Scivolarono vicini al ciglio della strada, e Kevin non aveva idea di cosa potesse essere peggio: schiantarsi o essere catturati. Chloe sembrava aver deciso, però, perché non rallentò. Scesero a tutta velocità dalla montagna, e ora Kevin poteva vedere la gente controllata che era sempre più lontana.
“Ce l’abbiamo fatta,” disse. “Siamo sopravvissuti.”
Luna lo abbracciò. Davanti a sé Kevin poté vedere il volto di Chloe mentre l’amica lo stringeva.
“Ora tutto quello che dobbiamo fare,” disse Luna, “è arrivare in città, entrare nell’istituto da cui siamo a malapena usciti e trovare un messaggio da parte di un secondo gruppo di alieni senza essere catturati dai primi.”
Messo così, sembrava un compito impossibile. Kevin faceva fatica a immaginarsi capace di entrare alla NASA tutto intero, ma doveva.
Era l’unica speranza che il mondo avesse.
CAPITOLO CINQUE
“Sono tentata di dire che ci siamo quasi,” disse Luna guardando Kevin con un sorriso.
Kevin avrebbe dovuto immaginare che uno dei più grossi pericoli di un viaggio su strada come quello non era solo il rischio di andare a sbattere, o di finire in un’imboscata da parte della gente controllata dagli alieni, o niente del genere. Era che Luna potesse iniziare ad annoiarsi e cominciasse a pensare a dei modi per passare il tempo. Non aveva alcun dubbio che ciò sarebbe risultato in una discussione con Chloe, e dato che Chloe stava guidando, la cosa non sembrava particolarmente un bene.
C’erano un sacco di altre cose che suonavano sbagliate, dalla navicella spaziale sospesa come una luna minacciosa in cielo, al vuoto silenzioso delle strade. Tutto ciò non faceva che ricordagli quanto strana fosse l’intera situazione, e quanto il mondo fosse cambiato quasi dal giorno alla notte.
“Non puoi guidare un po’ più veloce?” chiese Luna.
“Vuoi andare più veloce?” chiese Chloe, e premette sull’acceleratore.
Kevin si aggrappò. Quando erano scesi dalla montagna, le strade si erano aperte un poco, ma ciò non significava che potessero proseguire veloci come volevano. Prima di tutto Kevin dubitava che Chloe, come lui e Luna, avesse più che una semplice idea di come guidare.
E poi c’erano ancora troppe auto in mezzo alla strada per rischiare di fare le corse.
“Rallenta,” disse Kevin mentre sfrecciavano schivando una Chevrolet parcheggiata in mezzo alla carreggiata, il proprietario scomparso da tempo. Scansarono per un pelo una motocicletta che era stata lasciata a terra, praticamente abbandonata. “Chloe, per favore rallenta.”
Rallentarono un poco, e forse fu veramente un bene che lo facessero. C’erano auto disseminate ovunque adesso, per lo più lasciate dove i loro proprietari erano stati trasformati, ma alcune di loro erano poco più che rottami di metallo accartocciato laddove si erano ovviamente schiantate. Un’autocisterna era rovesciata sul fianco sul ciglio della strada, il gas che colava sul terreno tutt’attorno. Una semplice scintilla l’avrebbe innescato, e Kevin in quel momento capì come dovevano andare le cose.
“Bisogna che lavoriamo insieme,” disse, cercando di calmare un poco le acque. Cercò di pensare a cosa avrebbe potuto dire sua madre in una situazione come quella, o Ted o la dottoressa Levin. L’unico problema con quei pensieri era che faceva troppo male ricordare tutte le persone che erano state prese, che magari proprio in questo momento erano già sulla nave spaziale che incombeva su di loro come una seconda luna in mezzo al cielo.
“Abbiamo… tutti gli altri sono spariti,” disse, cacciando indietro il dolore. “Abbiamo tutti perso delle persone. A tutti noi sono capitate delle brutte cose.” Dirlo non gli sembrava una cosa sufficientemente grande da contenere l’intero orrore della situazione. “Tutti noi stiamo soffrendo, e non possiamo litigare solo perché le cose vanno male. Riusciremo a cavarcela solo se lavoriamo insieme.”
Le ragazze rimasero in silenzio per un po’.
“Ok,” disse Chloe alla fine.
“Sì, immagino che sia così,” ribadì Luna.
Proseguirono, il vecchio furgoncino che sferragliava e sobbalzava lungo strade disseminate di detriti lasciati all’ultimo momento dalla gente, prima che gli alieni li prendessero. C’erano cartoni di fast-food abbandonati insieme ai veicoli, animali che vagavano a bordo strada e persone che giacevano a terra dove le auto le avevano colpite, così immobili che era ovvio che non ci fosse nulla da fare per aiutarle, anche se Kevin avesse saputo qualcosa di medicina.
Sollevò lo sguardo osservando la nave aliena in orbita al di sopra del mondo. Sua madre era lassù o si trovava su una delle navicelle che lui e Luna avevano visto sospese sopra ad altre città del mondo? Forse era stata lasciata a terra, in attesa di qualcos’altro, proprio come gli escursionisti e i soldati della montagna. Kevin non era certo di quale di quelle opzioni dovesse sperare. Nessuna delle due gli pareva una buona cosa.
“Guardate,” disse Luna indicando.
Kevin vide immediatamente ciò che stava guardando. La piccola nave spaziale che si era posizionata sopra San Francisco era ancora lì, improbabilmente sospesa sopra la città mentre di tanto in tanto delle forme molto più piccole scendevano da essa. Dopo tutta quella quiete sulle strade, quel movimento era scioccante quasi come il fatto che ci fosse una navicella spaziale.
Quasi.
“Stiamo andando proprio in quella direzione,” disse Chloe. “Non mi sembra veramente una buona idea.”
“Beh, sue questo possiamo proprio essere d’accordo,” disse Luna.
Era probabilmente l’unica cosa sulla quale si fossero finora trovate d’accordo, ma dovevano comunque andarci. Dovevano fare questa cosa, perché in quel momento sembrava l’unica speranza che avessero. Kevin deglutì a fatica a quel pensiero. Era troppa pressione, decisamente troppa.
La nave aliena era tanto alta sopra la città che ci vollero altri dieci minuti prima che gli edifici sotto a essa iniziassero ad apparire alla vista: grattacieli che si ergevano alti come dita che tentavano di toccare quell’oggetto sopra di essi. Man mano che si avvicinavano, anche le strade si fecero più trafficate, con sempre più auto abbandonate, tanto che dovettero rallentare un sacco, quasi a passo d’uomo per proseguire in modo sicuro e poter scegliere la traiettoria giusta.
“Almeno non siamo dall’altra parte della strada,” disse Luna. Aveva ragione. La strada che conduceva fuori dalla città era così intasata di auto ora, che sembrava impossibile che qualcuno potesse essere in grado di passare in mezzo a tutto quel caos. Pareva che la prima volta fossero riusciti a scappare appena in tempo.
“Questo renderà piuttosto difficile uscire dalla città dopo,” disse Kevin mentre ci pensava. Non gli piaceva l’idea di essere intrappolato lì. Magari ci sarebbe stato un modo semplice per trattare con gli alieni non appena fossero arrivati alla NASA e avessero ascoltato il nuovo segnale; forse non ci sarebbe stato bisogno di andarsene un’altra volta prima che tutto fosse sistemato, ma lanciando un’altra occhiata alla navicella spaziale, gli parve difficile poterlo credere.
“È facile,” disse Chloe. “Non c’è nessuno in strada, quindi guidiamo sulla corsia opposta.”
Poteva funzionare. Era strano, però, che anche con quella che pareva la fine del mondo, sembrasse ancora sbagliato anche solo pensarci.
“Da che parte?” chiese Chloe.
Kevin indicò, sperando di dire la cosa giusta. Era vissuto alla NASA per così tanto tempo, ma non era che lui e sua mamma ci fossero andati e tornati così tante volte. Si inoltrarono di più nella città, cercando di seguire dei segnali che sembravano poterli condurre più vicini a dove volevano andare.
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