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Vedendoli così vicini Alec capì di essere un uomo morto.
Alec scattò in avanti con l’ultimo sprazzo di velocità, le mani che sudavano nonostante il freddo gelido, il fiato congelato nell’aria davanti a lui. I wilvox erano a e neanche dieci metri e capì dal disperato sguardo nei loro occhi, dalla saliva che pendeva dalle loro bocche, che li avrebbero fatti a pezzi. Non vedeva alcuna via di scampo. Guardò Marco, sperando nel segno di una qualche idea, ma Marco aveva il suo stesso sguardo disperato. Chiaramente non aveva neppure lui alcuna idea sul da farsi.
Alec chiuse gli occhi e fece una cosa che mai aveva fatto prima d’ora: pregò. Vedendo la vita che gli sfrecciava davanti agli occhi si sentì in qualche modo cambiato, si rese conto di quanto amasse la vita e provò un più intenso desiderio di tenersela stretta.
Ti prego, Dio, tirami fuori da questa situazione. Dopo quello che ho fatto per mio fratello, non lasciarmi morire qui. Non in questo posto e non per opera di queste creature. Farò qualsiasi cosa.
Alec aprì gli occhi e guardò davanti a sé e questa volta notò un albero leggermente diverso dagli altri. Aveva i rami più contorti che pendevano fino al terreno, abbastanza bassi da poterne afferrare uno con un salto preso di slancio. Non aveva idea se i wilvox potessero saltare, ma non aveva altra scelta.
“Il ramo!” gridò a Marco indicandogli l’albero.
Corsero insieme verso l’albero e mentre i wilvox si facevano più vicini, senza esitare saltarono e afferrarono il ramo tirandosi su.
Le mani di Alec scivolavano sul legno ricoperto di neve, ma riuscì a tenersi stretto e si tirò su fino a raggiungere e afferrare un altro ramo a qualche metro da terra. Poi saltò subito sul ramo vicino con Marco accanto a sé. Non si era mai arrampicato con tale velocità in vita sua.
I wilvox li raggiunsero, l’intero branco ringhiava ferocemente saltando e allungando gli artigli sotto di loro. Alec sentiva il loro alito caldo vicino ai piedi, ma li sollevò prontamente mentre le zanne si chiudevano e lo mancavano per un pelo. I due continuarono ad arrampicarsi, spinti dall’adrenalina, fino a che si vennero a trovare a quasi cinque metri dal suolo, più al sicuro di quanto avessero bisogno.
Alec alla fine si fermò e si tenne stretto a un ramo con tutte le sue forze, prendendo fiato mentre il sudore gli bruciava negli occhi. Guardò verso il basso, pregando che i wilvox non potessero arrampicarsi.
Con suo immenso sollievo erano ancora a terra, ringhiando e facendo schioccare le fauci, saltando verso l’albero ma chiaramente incapaci di arrampicarsi. Graffiavano il tronco come forsennati, ma non serviva a niente.
I due rimasero seduti sul ramo e mentre realizzavano di essere in salvo fecero entrambi un profondo sospiro di sollievo. Marco si mise a ridere con immensa sorpresa di Alec. Era una risata folle, una risata di sollievo, la risata di un uomo che era appena stato risparmiato da una morte sicura nel modo più improbabile.
Alec, rendendosi conto di quanto vicini fossero capitati alla morte, non poté fare a meno di imitarlo. Sapeva che erano ancora ben distanti dalla salvezza, sapeva che avrebbero potuto non scendere mai da lì e che c’era la possibilità che morissero in quel posto. Ma per il momento almeno erano vivi.
“Pare che sia in debito con te,” disse Marco.
Alec scosse la testa.
“Non ringraziarmi ancora,” gli disse Alec.
I wilvox stavano ringhiando ferocemente, con il pelo dritto sul dorso, e Alec sollevò lo sguardo verso la cima dell’albero, con mani tremanti, desideroso di allontanarsi ancora di più, chiedendosi quanto in alto ci si potesse ancora arrampicare, chiedendosi se ci fosse una qualche via di scampo da lì.
Improvvisamente rimase impietrito. Guardando in alto rabbrividì, colpito da un terrore mai conosciuto. Lì, tra i rami sopra di lui, intento a guardarlo, c’era una creatura orribile mai vista prima. Lungo quasi tre metri, con il corpo di un serpente ma sei gruppi di piedi, tutti dotati di lunghi artigli e una testa a forma di anguilla. Aveva piccole fessure come occhi, di colore giallo spento, e fissava proprio lui. A pochi metri da lui, inarcò la schiena, sibilò e aprì la bocca. Alec, scioccato, non poteva credere a quanto larghe fossero quelle fauci, tanto grandi da poterlo ingoiare intero. E capì, dal ticchettio della sua coda, che stava per colpire e ucciderli entrambi.
Calò la bocca dritto verso la gola di Alec che reagì involontariamente. Gridò e saltò indietro lasciando la presa, imitato da Marco, pensando solo ad allontanarsi da quelle zanne letali, da quella bocca enorme, dalla morte sicura.
Non pensò neppure a cosa c’era sotto di loro. Mentre si sentiva volare all’indietro dimenandosi in aria, si rese conto troppo tardi che stava passando da una serie di zanne a un’altra. Si guardò alle spalle e vide i wilvox che sbavavano con le fauci aperte e non poté fare altro che prepararsi alla discesa.
Aveva sostituito una morte con un’altra.
CAPITOLO TRE
Kyra andò lentamente ad attraversare di nuovo i cancelli di Argos, gli occhi di tutti gli uomini su di lei. Si sentiva bruciare di vergogna. Aveva frainteso la sua relazione con Theo. Aveva pensato stupidamente di poterlo controllare e invece lui l’aveva respinta con sdegno davanti a tutte quelle persone. Davanti agli occhi di tutti era apparsa priva di potere, senza alcun dominio sul drago. Era solo un altro guerriero come tutti gli altri. Neanche un guerriero, ma una ragazzina che aveva portato il suo popolo in una guerra che, abbandonati dal drago, non poteva più essere vinta.
Kyra riattraversò i cancelli di Argos sentendo gli occhi puntati su di sé in quel silenzio imbarazzante. Cosa pensavano di lei adesso? Non sapeva cosa pensare neppure lei stessa. Theo forse non era venuto per lei? Aveva combattuto quella battaglia per un suo scopo privato? Lei allora non aveva nessun potere speciale in assoluto?
Kyra si sentì sollevata quando finalmente gli uomini distolsero lo sguardo e tornarono ai loro bottini, tutti impegnati a raccogliere armi e a prepararsi per la guerra. Correvano da una parte e dall’altra raccogliendo l’abbondanza lasciata dagli uomini del Lord e portando via i cavalli. Il clangore dell’acciaio era fortemente presente nell’aria mentre scudi e armature veniva presi a manciate e raccolti in mucchi. Mentre cadeva altra neve e il cielo iniziava a farsi buio erano tutti consapevoli di non avere tempo da perdere.
“Kyra,” disse una voce familiare.
Si voltò e fu sollevata di vedere il volto sorridente di Alvin che le si stava avvicinando. La guardava con rispetto, con la rassicurante gentilezza e il calore di figura paterna che sempre l’aveva contraddistinto. Le mise affettuosamente un braccio attorno alle spalle sorridendo sotto la barba e le porse una spada nuova e scintillante, con la lama decorata da simboli pandesiani.
“Il miglior acciaio che abbia mai tenuto in mano,” sottolineò con un sorriso smagliante. "Grazie a te abbiamo abbastanza armi per cominciare una guerra. Ci hai resi tutti molto più forti.”
Kyra si sentì confortata dalle sue parole, come sempre. Eppure non riusciva ad annullare la sua sensazione di depressione, di confusione dopo essere stata rifiutata dal drago. Scrollò le spalle.
“Non sono stata io a fare tutto questo,” rispose. “È stato Theo.”
“Ma Theo tornerà per te,” le rispose.
Kyra sollevò lo sguardo al cielo grigio, ora vuoto, e pensò.
“Non ne sono sicura.”
Entrambi scrutarono il cielo in un lungo silenzio, spezzato solo dal vento che soffiava.
“Tuo padre ti aspetta,” disse infine Alvin con voce seria.
Kyra si unì a lui mentre camminavano con la neve e il ghiaccio che scricchiolavano sotto i loro stivali, facendosi strada nel cortile nel mezzo di tutta quella frenesia. Passarono accanto a decine degli uomini di suo padre attraversando l’ampio forte di Argos, con uomini ovunque, finalmente rilassati per la prima volta dopo secoli. Li vide ridere, bere e spingersi mentre raccoglievano armi e provviste. Erano come bambini nel giorno di Halloween.
Decine di altri uomini di suo padre si trovavano in fila e si passavano sacchi di denaro pandesiano di mano in mano impilandoli sui carri; un altro carro passò, pieno di scudi che tintinnavano mentre procedeva. Era talmente pieno che un pochi caddero di lato e i soldati si affrettarono a raccoglierli di nuovo. Tutt’attorno a lei i carri venivano portati fuori dal forte, alcuni sulla strada che riportava a Volis e altri verso altre vie, verso luoghi dove suo padre li aveva indirizzati, tutti pieni fino all’orlo. Kyra in qualche modo godeva di quella vista, sentendosi meno male per quella guerra che aveva istigato.
Svoltarono un angolo e Kyra scorse suo padre, circondato dai suoi uomini, impegnato nell’ispezionare decine di spade e lance che gli stavano mostrando per avere la sua approvazione. Si voltò sentendola avvicinarsi e fece un cenno ai suoi uomini che si allontanarono lasciandoli soli.
Suo padre si voltò a guardare Anvin e lui rimase fermo un momento, insicuro, apparente sorpreso dell’occhiata silenziosa del re che lo stava chiaramente invitando ad andarsene come gli altri. Alla fine anche lui quindi si allontanò, lasciando Kyra da sola con lui. Kyra ne fu sorpresa: suo padre non aveva mai chiesto ad Anvin di andarsene.
Kyra lo guardò, un’espressione imperscrutabile come sempre, il volto distaccato da capo dei suoi uomini, non lo sguardo intimo del padre che conosceva e amava. La guardava e lei si sentì nervosa mentre moltissimi pensieri le passavano tutti insieme per la testa: era fiero di lei? Era arrabbiato perché li aveva portati in quella guerra? Era deluso che Theo l’avesse rifiutata e avesse abbandonato il suo esercito?
Kyra attese, abituata ai suoi lunghi silenzi prima di parlare, e non poté dire nulla: troppe cose erano cambiate tra loro troppo rapidamente. Si sentiva come se fosse cresciuta in una notte mentre lui era stato cambiato dagli eventi recenti. Era come se non sapessero più come relazionarsi l’uno con l’altro. Era il padre che aveva sempre conosciuto e amato, che le leggeva le storie la sera tardi? Oppure ora era diventato il suo comandante?
Rimaneva lì a fissarla e lei si rese conto che non sapeva cosa dirle mentre il silenzio li avvolgeva pesantemente, interrotto solo dal soffiare del vento e dal crepitio delle torce che gli uomini accendevano per illuminare la notte. Alla fine Kyra non poté più sopportare il silenzio.
“Porterai tutto questo a Volis?” chiese mentre un carro passava sobbalzando, pieno di spade.
Lui si voltò a guardare il carro e sembrò risvegliarsi dai suoi pensieri. Non la guardò in volto, ma continuò ad osservare il carro scuotendo la testa.
“Volis ora non ha niente per noi se non la morte,” disse con voce profonda e chiara. “Ora ci dirigeremo a sud.”
Kyra era sorpresa.
“A sud?” gli chiese.
Lui annuì.
“Ad Esefo,” dichiarò.
Il cuore di Kyra si gonfiò per l’eccitazione immaginandosi il viaggio verso Esefo, l’antica fortezza arroccata vicino al mare, il più grande paese vicino se diretti verso sud. Sentì ancora maggiore emozione rendendosi conto che se lui voleva dirigersi lì questo non poteva che significare una cosa: si stava preparando per la guerra.
Suo padre annuì, come leggendole nella mente.
“Non c’è modo di tornare indietro adesso,” disse.
Kyra lo guardò con un senso di orgoglio mai provato negli anni passati. Non era più il guerriero che si accontentava di vivere nella sicurezza del suo piccolo forte: ora era tornato il coraggioso comandante che un tempo aveva conosciuto, pronto a rischiare tutto per la libertà.
“Quando partiamo?” chiese con il cuore che le batteva forte nell’attesa della sua prima battaglia.
Fu sorpresa di vederlo scuotere la testa.
“Non noi,” la corresse. “Partiremo io e i miei uomini. Non tu.”
Kyra rimase pietrificata, le sue parole la colpirono come un coltello piantato nel cuore.
“Hai intenzione di lasciarmi qui?” gli chiese balbettando. “Dopo quello che è successo? Cos’altro devo fare per dimostrarti di cosa sono capace?”
Lui scosse la testa con fermezza e lei rimase devastata nel vedere che il suo sguardo si faceva più severo, uno sguardo che rivelava, come ben sapeva, che non avrebbe cambiato idea.
“Andrai da tuo zio,” le disse. Era un ordine, non una richiesta, e con quelle parole capì all’istante che ora era un suo soldato, non più sua figlia. Questo la feriva.
Kyra fece un profondo respiro: non si sarebbe arresa così rapidamente.
“Voglio combattere insieme a te,” insistette. “Posso aiutarti.”
“Mi aiuterai,” disse, “andando dove c’è bisogno di te. Mi serve che tu stia con lui.”
Kyra corrugò la fronte cercando di capire.
“Ma perché?” chiese.
Lui rimase in silenzio a lungo e alla fine sospirò.
“Possiedi…” iniziò, “… delle doti che non comprendo. Doti di cui avremo bisogno per vincere questa guerra. Doti che solo tuo zio saprà come nutrire.”
Allungò una mano e le strinse significativamente una spalla.
“Se vuoi aiutarci,” aggiunse, “se vuoi aiutare il tuo popolo, quello è il posto dove c’è bisogno di te. Non mi serve un altro soldato. Mi servono i talenti unici che puoi offrirmi solo tu. Le doti che nessun altro possiede.”
Kyra vide la sincerità nei suoi occhi e sebbene si sentisse malissimo all’idea di non poter andare con lui, si sentì rassicurata dalle sue parole e provò una crescente curiosità. Si chiese a quali doti si stesse riferendo e si chiese chi potesse essere suo zio.
“Vai e impara ciò che io non posso insegnarti,” aggiunse. “Torna più forte. E aiutami a vincere.”
Kyra lo guardò negli occhi e provò rispetto, sentì che il calore tornava e iniziò a sentirsi di nuovo bene.
“Il viaggio per Ur è lungo,” aggiunse. “Tre giorni di viaggio buoni verso ovest e nord. Dovrai attraversare Escalon da sola. Dovrai muoverti velocemente, furtivamente, evitando le strade. Si diffonderà presto la notizia di ciò che è accaduto qui e i Lord pandesiani saranno furenti. Le strade saranno quindi pericolose e dovrai stare nei boschi. Vai verso nord, trova il mare e tienilo sempre d’occhio. Sarà la tua bussola. Segui la costa e troverai Ur. Tieniti alla larga dai villaggi, stai lontana dalla gente. Non fermarti. Non dire a nessuno dove stai andando. Non parlare con nessuno.”
Le strinse le spalle con fermezza e i suoi occhi si incupirono e riempirono di un senso di urgenza, quasi spaventandola.
“Mi capisci?” la implorò. “È un viaggio pericoloso per qualsiasi uomo, tanto più per una ragazza sola. Non posso mandare nessuno ad accompagnarti. Mi serve che tu sia abbastanza forte da fare questa cosa da sola. Lo sei?”
Kyra poteva sentire la paura nella sua voce, l’amore di un padre preoccupato e lacerato. Annuì provando orgoglio per il fatto che si fidasse di lei mandandola a compiere una tale impresa.
“Sì, padre,” gli disse fieramente.
Lui la osservò attentamente, quindi annuì soddisfatto. Lentamente i suoi occhi si colmarono di lacrime.
“Di tutti i miei uomini,” le disse, “di tutti questi guerrieri, tu sei quella di cui ho maggiormente bisogno. Non dei tuoi fratelli e neppure dei miei fidati soldati. Tu sei la persona, l’unica persona, che può vincere questa guerra.”
Kyra si sentiva confusa e sopraffatta: non capiva pienamente cosa intendesse dire. Aprì la bocca per chiederglielo, ma improvvisamente percepì del movimento vicino.
Si voltò e vide Baylor, il maestro dei cavalieri, che si avvicinava con un insolito sorriso. Era un uomo basso e sovrappeso con folte sopracciglia e capelli fini e radi. Si avvicinò a loro con la sua solita camminata da spaccone e le sorrise. Poi guardò suo padre, come se stesse aspettando la sua approvazione.
Suo padre gli fece un cenno e Kyra si chiese cosa stesse succedendo mentre Baylor si girava verso di lei.
“Mi hanno detto che farai un viaggio,” disse Baylor con voce nasale. “Per cui avrei bisogno di un cavallo.”
Kyra si accigliò confusa.
“Ce l’ho un cavallo,” rispose guardando il bel destriero che aveva cavalcato durante la battaglia contro gli uomini del Lord e che ora era legato dall’altra parte del cortile.
Baylor sorrise.
“Quello non è un cavallo,” le disse.
Poi guardò suo padre che gli fece un cenno e Kyra cercò di capire cosa stesse succedendo.
“Seguimi,” le disse. E senza aspettare improvvisamente si voltò e si diresse rapidamente verso le scuderie.
Kyra lo guardò andare, confusa, poi guardò suo padre. Lui annuì.
“Seguilo,” disse. “Non te ne pentirai.”
*Kyra attraversò il cortile ricoperto di neve insieme ad Anvin, Arthfael e Vidar, dirigendosi felice verso le basse scuderie di pietra in lontananza. Mentre camminava Kyra si chiese cosa avesse inteso dire Baylor, chiedendosi quale cavallo avesse in mente per lei. Nella sua testa un cavallo non era poi tanto diverso da un altro.
Mentre si avvicinavano alla scuderia, ora ad almeno cento metri di distanza, Baylor si voltò verso di lei sgranando gli occhi per il piacere.
“La figlia del nostro signore avrà bisogno di un bel cavallo che la porti ovunque debba andare.”
Il cuore di Kyra iniziò a battere più rapidamente: non le era mai stato dato un cavallo da Baylor prima d’ora, un onore generalmente riservato solo ai guerrieri che spiccavano di più. Aveva sempre sognato di averne uno quando fosse stata abbastanza grande e se lo fosse guadagnato. Era un onore di cui neppure i suoi fratelli più grandi ancora non godevano.
Anvin annuì con orgoglio.
“Te lo sei guadagnato,” le disse.
“Se sei in grado di gestire un drago,” aggiunse Arthfael con un sorrise,” puoi sicuramente fare lo stesso anche con un cavallo da maestro.”
Mentre le scuderie si facevano più vicine, una piccola folla iniziava a raccogliersi lì attorno unendosi a loro mentre camminavano. Gli uomini fecero una pausa dal raccogliere armi, chiaramente curiosi di vedere dove la stessero portando. Anche i suoi due fratelli più grandi, Brandon e Braxton, li seguirono guardando Kyra senza parole e con la gelosia negli occhi. Distolsero subito lo sguardo, come al solito troppo orgogliosi per riconoscere il suo valore, tantomeno per offrirle un qualche apprezzamento. Tristemente Kyra non si sarebbe aspettata niente di diverso da parte loro.
Udì dei passi e sollevò lo sguardo, felice di vedere l’amica Dierdre che pure si univa a lei.
“Ho sentito che te ne andrai,” disse portandosi al suo fianco.
Kyra continuò a camminare accanto alla nuova amica, confortata dalla sua presenza. Ripensò al tempo passato insieme a lei nella cella del governatore e alla sofferenza che aveva dovuto sopportare prima di fuggire. Si sentiva fortemente legata a lei. Dierdre aveva attraversato un inferno ben peggiore del suo e guardandola Kyra si chiedeva cosa ne sarebbe stato di lei. Si rese conto che non poteva lasciarla sola in quel forte e basta. Con l’esercito diretto verso sud, Dierdre sarebbe rimasta sola.
“Potrei usufruire di un compagno di viaggio,” le disse, un idea prendeva forma mentre la esponeva.
Dierdre la guardò sgranando gli occhi per la sorpresa e sorrise facendo scomparire l’aura di oppressione che l’aveva avvolta fino a pochi istanti prima.
“Speravo davvero che me l’avresti chiesto,” rispose.
Anvin, udendo, si accigliò.
“Non so se tuo padre approverebbe,” si intromise. “Hai degli importanti affari che ti attendono.”
“Non mi intrometterò,” disse Dierdre. “Devo attraversare Escalon in ogni caso. Ho intenzione di tornare da mio padre. E preferirei non viaggiare da sola.”
Anvin si accarezzò la barba.
“A tu padre non piacerà,” disse a Kyra. “Potrebbe essere d’intralcio.”
Kyra posò una mano sul polso di Anvin con fare rassicurante, ma comunque risoluta.
“Dierdre è mia amica,” disse ponendo fine alla questione. “Non la abbandonerò, proprio come tu non abbandoneresti uno dei tuoi uomini. Cos’è che mi hai sempre detto? Mai lasciarsi qualcuno alle spalle.”
Kyra sospirò.
“Posso anche aver contribuito a liberare Deirdre da quella cella,” aggiunse, “ma anche lei mi ha salvata. Sono in debito con lei. Mi spiace, ma ciò che pensa mio padre in questo caso conta poco. Sono io che devo attraversare Escalon da sola, non lui. Lei verrà con me.”
Dierdre sorrise. Si avvicinò a Kyra e la prese sottobraccio con un nuovo moto di orgoglio nel modo di avanzare. Kyra si sentiva bene all’idea di averla con sé nel suo viaggio e sapeva di aver preso la giusta decisine, qualsiasi cosa potesse ora accadere.
Kyra notò i suoi fratelli che le camminavano vicini e non poté fare a meno di sentirsi in un certo modo contrariata che non fossero più protettivi nei suoi confronti, che anche loro non si proponessero per accompagnarla. Erano troppo in competizione con lei. La rattristava che questa fosse la natura della loro relazione, eppure non poteva cambiare le persone. Si rendeva comunque conto che sarebbe stata meglio lontana da lì. Erano pieni di boria e avrebbero solo fatto cose avventate per crearle problemi.
“Anch’io vorrei accompagnarti,” disse Anvin con voce carica di senso di colpa. “L’idea che attraverserai Escalon non mi fa stare per niente bene.” Sospirò. “Ma tuo padre ha bisogno di me ora più che mai. Mi ha chiesto di andare con lui a sud.”
“E io,” aggiunse Arthfael. “Anche io vorrei venire con te, ma mi è stato assegnato il compito di andare a sud con gli uomini.”
“E io invece dovrò restare di guardia a Volis in sua assenza,” aggiunse Vidar.
Kyra era commossa dal loro sostegno.
“Non preoccupatevi,” rispose. “Non ho che tre giorni di cammino davanti a me. Andrà tutto bene.”
“Certo,” si intromise Baylor avvicinandosi. “E il tuo nuovo cavallo lo assicurerà.”
Detto questo Baylor aprì la porta delle scuderie e tutti lo seguirono all’interno del basso edificio di pietra dove l’aria era pregna dell’odore di cavalli.
Gli occhi Kyra lentamente si abituarono alla penombra del posto seguendolo. Le scuderie erano umide e fresche e vi riecheggiavano i rumori dei cavalli eccitati. Sollevò lo sguardo guardandosi attorno e vide davanti a sé file di cavalli meravigliosi, i più belli che avesse mai visto, grandi e forti, morelli e bai, tutti campioni. Era come uno scrigno del tesoro.
“Gli uomini del Lord hanno sempre riservato il meglio per se stessi,” spiegò Baylor mentre camminava dirigendosi baldanzoso verso le poste, a suo agio in quello che era proprio il suo elemento. Toccò un cavallo da una parte e ne accarezzò un altro da un’altra e gli animali sembrarono prendere vita dalla sua presenza.
Kyra camminava lentamente osservando tutto con attenzione. Ogni cavallo era come un’opera d’arte, più grande della maggior parte dei cavalli che aveva visto in vita sua, tutti incredibilmente belli e forti.
“Grazie a te e al tuo drago questi cavalli adesso sono nostri,” disse sentendo il peso della responsabilità, sapendo che sarebbe stata la scelta che poteva capitarle una volta nella vita.
Camminò lentamente accarezzando le loro criniere e sentendo quanto fossero soffici e lisce, sentendo quanto fossero potenti quelle bestie. Era difficilissimo sceglierne uno.
“Come faccio a decidere?” chiese a Baylor.
Lui sorrise e scosse la testa.
“Alleno cavalli da una vita,” rispose. “Li cresco pure e se c’è una cosa che so è che non ci sono due cavalli uguali. Alcuni vengono allevati per la velocità, altri per la resistenza; alcuni hanno una struttura forte e altri sono fatti per portare carichi. Alcuni sono troppo fieri per trainare qualcosa. E altri ancora sono fatti per la battaglia. Alcuni prosperano solo nei tornei, altri vogliono combattere e basta, altri ancora sono nati per vere e proprie maratone di guerra. Alcuni saranno i tuoi migliori amici, altri ti si rivolteranno contro. Il tuo rapporto con un cavallo è una cosa magica. Devono fare appello a te e tu a loro. Scegli bene e il tuo cavallo sarà per sempre accanto a te, nei momenti di battaglia e nelle guerre vere e proprie. Nessun bravo guerriero è completo senza un cavallo.”
Kyra camminava lentamente, con il cuore che le batteva forte per l’emozione, passando di cavallo in cavallo. Alcuni la guardavano, altri distoglievano lo sguardo; alcuni nitrivano e scalpitavano impazienti, altri stavano fermi. Aspettò di percepire una connessione, ma non sentiva nulla. Si sentiva frustrata.
Poi, improvvisamente, provò un brivido lungo la schiena, come un fulmine che la attraversasse. Avvenne quando un suono acuto smosse le scuderie, un suono che le diceva che quello era il suo cavallo. Non aveva il verso di qualsiasi cavallo, ma sembrava più oscuro, più potente. Passò attraverso il rumore, al di sopra dei nitriti degli altri cavalli come un leone selvaggio che cercasse di liberarsi da una gabbia. La terrorizzava e allo stesso tempo la attirava.