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Corsero verso la moto. Non era stata tenuta sotto chiave o assicurata in alcun modo.
Dovettero provare più volte prima di riuscire ad accendere il motore, ma poi, di colpo, iniziò a ruggire e sputare fumo. Proprio in quel momento, le persone che erano all'interno della chiesa distrutta cominciarono a uscire fuori.
“Presto” Caitlin gridò, saltando in sella dietro a Caleb. “Stanno arrivando.”
Ma, prima che avesse la possibilità di partire, il suono delle sirene della polizia cominciò a sentirsi dalle vicinanze.
Sfrecciarono via, deviando per evitare le persone che stavano uscendo dal castello. Mentre si allontanavano a tutta velocità dal Castello di Boldt, alle loro spalle sentirono le sirene della polizia, arrivata in elicottero. Sfrecciando nell'oscurità, si scoprirono inseguiti anche da diverse auto della polizia, con le luci che abbagliavano furiosamente.
“Adesso che si fa?” Caitlin gridò.
Caleb la guardò e pigiò l’acceleratore.
“Ora reggiti forte” le disse.
Caitlin ebbe giusto il tempo di stringergli la vita con le braccia, prima che la moto sfrecciasse via ad alta velocità.
*La moto correva lungo la strada. Caitlin era esausta. Appoggiò la testa contro la schiena di Caleb, confortata dal battito regolare del suo cuore, e rivolse uno sguardo alla notte buia. Ma sapeva di non poter riposare. Scarlet aveva bisogno del suo aiuto, e non poteva in alcun modo riposarsi neanche per un istante, mentre la figlia era in pericolo.
“Idee?” Caleb gridò al di sopra della spalla, sforzandosi di far sentire la sua voce, superando il rumore del vento e quello delle sirene della polizia. “Direzioni?”
Caitlin capì che lui stava provando con tutte le sue forze a restare calmo, ma era stanco quanto lei.
“Non riesco a sentirla” Caitlin gli gridò. “Non adesso.”
Lui non disse niente, ma Caitlin vide le sue mani irrigidirsi sul manubrio, mentre le nocche diventavano bianche.
La moto proseguì, aumentando gradualmente la distanza tra loro e le auto della polizia.
La strada si era ridotta ad una stretta viuzza di campagna. Cominciò a salire su una collina. Poi, imboccarono una discesa ripida, fiancheggiando la parete di un dirupo. Con lo stomaco sottosopra, Caitlin si strinse alla schiena di Caleb, per proteggersi. Il vento le danzava tra i capelli.
Proprio allora, sentì qualcosa vibrare nella sua tasca. Pensò che non poteva trattarsi del suo cellulare ma, con sua grande sorpresa, si accorse subito che il telefono era sopravvissuto incredibilmente al tuffo nell’oceano. Fino ad allora non aveva avuto campo ma ora, improvvisamente, era tornato attivo, lampeggiando per indicare che aveva ricevuto un messaggio vocale.
Caitlin compose il numero della posta vocale, e ascoltò la voce affrettata di Aiden, dall'altro capo del telefono.
“Caitlin” disse. “Dove sei? Devi richiamarmi subito.”
Il messaggio era terminato. Era tutto lì. Lei pigiò il tasto per comporre automaticamente l’ultimo numero, ma non c'era campo.
“Accidenti!” gridò.
“Che cosa c'è?” Caleb le chiese, girandosi verso di lei.
“Dobbiamo accostare” Caitlin rispose, accorgendosi che la batteria del cellulare era ridotta all'1%.
“Non posso farlo” il marito replicò. “Abbiamo la polizia alle calcagna. Dobbiamo allontanarci da qui come prima cosa.”
Proprio in quel momento, Caitlin notò una grotta sul fianco del dirupo.
“Lì dentro!” gridò.
Caleb seguì la sua indicazione, manovrando la moto con la precisione di un pilota consumato, riuscendo ad infilarsi nella grotta, sollevando la polvere prima di fermarsi.
Appena furono fermi, l’uomo si rivolse alla moglie. “Riesci a sentire Scarlet?”
“No” Caitlin rispose. “Il mio telefono è tornato attivo. Devo chiamare Aiden.”
Proprio in quell'istante, le auto della polizia, che fino ad allora erano state alle loro calcagna, sfrecciarono a sirene spiegate davanti alla piccola grotta, dov'erano nascosti Caitlin e Caleb.
Caitlin afferrò il suo cellulare, e compose il numero di Aiden, pregando che la batteria tenesse. L'uomo rispose al terzo squillo.
“Sono stata un po' occupata” Caitlin rispose, pensando al viaggio in aereo e al tuffo nell'oceano. “Allora, che cosa dovevi dirmi?”
Caitlin ascoltò il suono della voce di Aiden dall'altro capo del telefono, mentre trascinava i piedi e sfogliava libri e carte. Lei sentì crescere la sua frustrazione.
“Potresti sbrigarti per favore?” Caitlin gli disse, aggressivamente. “Non mi resta molta batteria.”
“Ah, sì” l'uomo disse infine.
“Allora?” Caitlin insisté. “Dimmi!”
“Ridimmi quella filastrocca. Dimmi la filastrocca che dovrebbe costituire la cura.”
Caitlin frugò nelle tasche, ed estrasse gli appunti che aveva preso quando studiava il libro. Ma erano fradici, e l'inchiostro si era sciolto. Allora chiuse gli occhi e provò a visualizzare la pagina, così come l'aveva letta. Le parole cominciarono ad apparire nella sua mente.
“Sono il mare, il cielo e la sabbia,
sono il polline nel vento.
Sono l'orizzonte, la terra incolta, l'erica sulla collina.
Sono ghiaccio,
sono niente,
sono estinto.”
Caitlin aprì gli occhi, e le parole svanirono dalla sua mente. Ci fu un lungo momento, in cui Aiden restò in silenzio.
Caitlin voleva gridargli di sbrigarsi.
“Caitlin!” lui disse infine. “Ce l'ho. Ce l'ho!”
“Dimmi” Caitlin rispose frettolosamente, sentendo il cuore battere all'impazzata.
“Siamo stati talmente sciocchi! Non è affatto una filastrocca.”
Caitlin era perplessa ora.
“In che senso non è una filastrocca? Non capisco.”
“Intendo dire che la filastrocca non è la cura” Aiden replicò, farfugliando sopra le parole con eccitazione. “La filastrocca è un indizio per la cura!”
Caitlin sentì il suo cuore battere forte.
“Allora qual è l'indizio?” lei chiese.
“Caitlin! Pensaci. E' una filastrocca. Offre indicazioni. Ti sta dicendo di andare da qualche parte.”
Caitlin sentì che stava sbiancando, mentre rilesse le parole nella sua mente.
“Sono il mare, il cielo e la sabbia” continuò a ripetere sottovoce. Poi, improvvisamente, ci arrivò. “No. Non vuoi dire—”
“Sì” Aiden rispose. “S. F. I. N. G. E.”
“La città dei vampiri” Caitlin sussurrò sottovoce.
Naturalmente. Prima che Scarlet sparisse, mettendo in pericolo la sua vita, Caitlin aveva provato a cercare la cura, un modo per far tornare sua figlia umana, annullando la sua essenza da vampira. Pensò che le parole sulla pagina dovevano essere lette a Scarlet, per curarla, che quello che lei aveva trovato fosse la cura. Ma no. Quello che aveva trovato erano istruzioni che l'avrebbero condotta alla cura stessa. Caitlin aveva permesso che la sua istintiva ansia di madre sopraffacesse la studiosa logica che avrebbe dovuto essere in quel momento, quella che avrebbe dovuto capire che la filastrocca non era una cura, ma una mappa.
“Grazie, Aiden” lei disse precipitosamente.
Il suo cellulare morì.
Caitlin alzò gli occhi, guardando Caleb in attesa.
“Allora?” lui disse.
“So dove andare” Caitlin rispose, aggrappandosi a un filo di speranza per la prima volta dopo tanto tempo.
Caleb sollevò un sopracciglio, e guardò sua moglie.
“Dove?” le chiese.
Caitlin sorrise.
“Andiamo in Egitto.”
CAPITOLO OTTO
Lore era su un mucchio di detriti nel bel mezzo delle rovine del Castello di Boldt. Le eliche dell’elicottero, ormai abbassatosi quasi a terra, facevano sì che il vento facesse svolazzare i suoi abiti logori e gli scompigliasse i capelli. Si guardò intorno, scrutando i danni causati dall'aereo. L'odio lo colmò completamente.
Pianse, il pugno alzato in direzione del crollo dell'antico castello. Poi, fece un respiro profondo. Non c'era tempo da perdere. La sua gente sarebbe morta, sradicata prima dell'inizio del nuovo giorno. La loro unica speranza era trovare la ragazza che aveva rubato il cuore di suo cugino. E questo implicava uccidere chiunque si frapponesse tra loro.
Ma gli Immortali erano nel panico, sorpresi dalla presenza dell'elicottero. Poi, cominciarono a uscire fuori dalla grande sala; alcuni uscirono fuori dal castello, correndo incontro alla propria morte inevitabile.
“Che cosa stai pensando, figliolo?” una voce accanto a Lore disse, destandolo dai propri pensieri.
Lui abbassò lo sguardo e vide sua madre che lo guardava. Sebbene le esperienze tra figli e genitori degli Immortali fossero diverse da quelle degli umani, Lore rispettava ancora la donna che lo aveva nutrito, vestito, e tenuto al sicuro per tutta l'infanzia. Il pensiero della sua morte alla fine della notte, lo fece trasalire, più di quanto lo facesse sentire la sua stessa morte.
“Sto pensando a Sage” lui replicò. “Lo abbiamo usato come esca, prima, e la ragazza è arrivata.”
La madre si accigliò.
“Pensi che ci sia ancora speranza?” lei chiese, tranquillamente.
Lore riconobbe l'affaticamento negli occhi della donna. Era pronta a morire. O almeno, era pronta a smettere di lottare.
Ma non era così per Lore. E nemmeno per le centinaia di Immortali che ancora si aggrappavano alla vita nel Castello di Boldt.
“Non intendo arrendermi” Lord esclamò con fervore. “Non possiamo lasciare che la nostra gente muoia, perché mio cugino si è innamorato di una vampira. Morirà comunque. Qual è il punto?”
La madre scosse la testa. “Non capisci l'amore.”
“No” Lore replicò. “Ma, forse, se vivessi altri duemila anni, lo capirei.”
La madre sorrise e gli strinse il braccio.
“Lo voglio per te, figlio mio” lei disse gentilmente. “Ma non posso evitare di sentire che il fato é contro di noi.” Lei rivolse lo sguardo al cielo, e vide la luce della luna, piena e splendente, filtrare dal soffitto crollato. “Le stelle sono allineate. Le ruote del fato sono in moto.” Lei tornò a guardarlo. “Stanotte gli Immortali moriranno.”
Lore agitò i pugni al cielo.
“No, non è così” disse digrignando i denti. “Guiderò un esercito se necessario. Porterò il caos sulla terra. Distruggerò l'intera razza umana, prima di lasciar morire la mia gente.”
Mentre parlava, gli Immortali intorno a lui cominciarono a guardare nella sua direzione, eccitati dal suo discorso e dalla sua passione. Lui diede le spalle a sua madre, e si rivolse a loro.
“Chi è con me?” Lore gridò, agitando i pugni. “Chi combatterà per il proprio diritto alla vita?”
La piccola folla cominciò a borbottare, e il rumore l'attrasse ancora di più verso di lui. Passarono tutti vicino alla fusoliera in fiamme dell'aereo, per dare un'occhiata migliore. Presto, le parole di Lore non furono accolte da un semplice borbottio ma da un aperto sostegno e da applausi.
“Chi tra di voi ha sentito parlare abbastanza di fato, profezie e stelle?” lui disse. “Non sono preparato a lasciare che il nostro orgoglioso popolo muoia oggi!”
La folla espresse con forza il proprio consenso.
Lore notò che Octal si era unito alla folla, e stava ai margini. Chiamò il suo leader, l'uomo che rispettava più di ogni altro. Ma Octal scosse la testa, come per indicare silenziosamente che Lore doveva essere l'unico a guidare gli Immortali.
Ma era perplesso. Poteva davvero condurre un esercito?
Ma non ebbe il tempo di ponderarci su, visto che l'elicottero stava atterrando.
“Uccideteli!” Lore gridò. “Uccidete gli umani!”
La folla d'Immortali eseguì immediatamente il suo comando. Si precipitarono verso l'elicottero. Lore sentì le urla disperate, mentre la polizia cominciava ad estrarre le armi. Ma fu inutile. Non avrebbero mai potuto sopraffare gli Immortali.
Mentre lottavano, Lore notò diversi poliziotti fuggire dal castello.
“Bloccate l'uscita!” ordinò alle sue truppe.
Con le uscite bloccate, gli agenti restanti non avevano altra scelta che provare a raggiungere l’elicottero e riprendere il volo.
Ma questo non bastava a Lore. Non voleva semplicemente che scappassero, li voleva morti. Quando l'elicottero si alzò in volo, il suo intento omicida si fece sempre più palese.
“Non lasciateli fuggire!” ordinò ai suoi seguaci.
Vide un gruppo di Immortali spiccare il volo. La polizia a bordo dell’elicottero, ormai in aria, guardò stupita mentre gli Immortali in volo cominciavano ad afferrare l'elicottero, facendolo precipitare. Il veicolo cominciò a perdere quota, sotto il peso degli Immortali, e cominciò a cadere. I poliziotti all'interno presero a gridare. Quando l'elicottero toccò il suolo, gli Immortali entrarono in azione.
Una palla di fuoco esplose in aria, mentre l'elicottero colpiva il suolo ed esplodeva.
La folla esplose in urla di felicità, estasiata dalla morte e dalla distruzione che le sue azioni avevano causato. Zigzagarono per l'aria, prima di atterrare finalmente e calmarsi. Fu allora che Lore si rese conto che tutti stavano guardando di nuovo a lui, in attesa di nuove istruzioni.
“Adesso?” uno di loro gridò.
“Come salviamo il nostro popolo?” un altro aggiunse.
Erano stati rinforzati dalla vittoria contro l'elicottero e gli umani. L’Immortale aveva destato il desiderio di combattere, infondendolo in tutti loro. Ma la folla era ancora preoccupata dalla fine imminente.
Stavolta, Octal passò tra di loro, raggiungendo il nuovo leader. Era pronto di nuovo a comandare la sua gente.
“La ragazza è nelle grotte” lui disse, con la voce che riecheggiava nella grande sala distrutta. “Ha Sage. Sono insieme.”
Lore annuì e strinse le mani nei pugni.
“Alla grotta!” urlò.
Insieme, il gruppo di Immortali seguì Octal e Lore in direzione delle grotte.
CAPITOLO NOVE
Il volto di Vivian era sferzato dall’aria, mentre volava sopra la piccola città, col cuore che batteva forte nel petto. Non sapeva esattamente dove andare; aveva solo obbedito all’impulso di volare, per spezzare le catene che la tenevano legata alla sua vecchia vita. Si sentiva euforica: il mondo le appariva pieno di opportunità, tanto da riuscire a malapena a contenere la sua eccitazione.
Ma più volava, più una nuova sensazione cominciava a farsi strada dentro di lei. Era una sorta di vuoto assillante. La sua parte umana era morta, ed era stata sostituita da questa nuova splendida e potente creatura. La morte di sua madre, per mani sue, non ne era la causa. Quella sensazione era qualcosa di più primordiale.
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