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“Abbiamo dei regali!” Dinah s’illuminò, estraendo un pacco dalla borsa e poggiandolo sulle braccia di Kate.
“Apri prima il mio” aggiunse Nicole, porgendo uno scatolino alla festeggiata.
“Non immagini che cosa sia” Amy disse, dandole un pacchetto dalla forma di un libro.
Kate fu felice di tutti i regali. “Grazie ragazze” rispose allegramente. “Non so che cosa dire.”
“Avanti, aprili!” Nicole gridò.
Così si spostarono, sedendosi sul prato accanto al campo da tennis. Kate aprì tutti i pacchetti—una scatola di cioccolatini da parte di Dinah, un paio di orecchini a forma di teschio e ossa incrociate da parte di Nicole, e una copia usata di Romeo e Giulietta. Kate amava Shakespeare, amava le tragedie romantiche, e avrebbe trascorso tutta la sera a leggerle se avesse potuto.
“Ragazze, siete le migliori” disse, abbracciandole.
Amy dette un colpetto all’amica. “Allora… che cos’ha detto Mamma Mostro stamattina? Ti ha fatto gli auguri?”
Kate scosse la testa. “No.” Fu allora che si ricordò del biglietto di Max. “Max è stato l’unico che a ricordarsi di me.”
Estrasse il biglietto. Si era un po’ spiegazzato nel suo zaino. Aprì la busta e vide il biglietto rosa scintillante, con un fiore sul davanti. Era il tipo di biglietto che si riceve ad un quarto compleanno, eppure ne era contenta. Max doveva aver speso tutta la sua paghetta per comprarlo; la mamma non glieli aveva dati certamente.
All’interno del biglietto, c’era scritto: “A mia sorella per il suo compleanno.” Non aveva scritto un messaggio, bensì soltanto “Kate” in cima, e “Max” sotto. Leggere quel semplice biglietto le fece di nuovo stringere il cuore, rammentandole di quell'inizio mattinata doloroso e deludente. Prima che potesse riprendere il controllo, il labbro superiore cominciò a tremarle.
“Kate!” Dinah gridò, gettandole le braccia intono. “Che cosa c’è che non va?”
Kate provò a parlare tra le lacrime, ma queste scendevano tanto copiosamente che la stavano soffocando. Tutte le tre ragazze sapevano quanto fosse difficile la sua vita domestica – l’avevano ascoltata e aiutata già per tre anni di angoscia —ed erano tutte preoccupate per l’amica.
“Mamma ha detto” Kate esordì, parlando tra le lacrime, “ha detto che non potrò andare al college. Che dovrò lavorare per aiutare a pagare gli studi a Madison.”
La bocca di Amy si spalancò. Dinah rivolse a Kate un’espressione addolorata. Nicole le strinse il braccio.
“Non può farlo!” Amy gridò.
“E’ così ingiusto” Nicole disse, molto corrucciata. “Puoi sempre stare con la mia famiglia, se hai bisogno di allontanarti da loro.”
“O con la mia” Dinah aggiunse. “Mia mamma ti vuole bene. Questo lo sai.”
“Grazie” Kate brontolò. “Ma non so che cosa farò, se non potrò andare al college. E’ come il mio piano di fuga, sapete?”
Le ragazze annuirono. Avevano avuto più di una conversazione sul college, spingendosi persino oltre, ipotizzando di frequentare lo stesso così da non doversi separare.
“Non so proprio che cosa fare” aggiunse Kate, riprendendo a piangere.
“Suppongo che Madison non abbia preso le tue difese” disse Amy. Lei odiava Madison, perché non sosteneva Kate, e suggeriva spesso all’amica di non essere così tollerante nei confronti della sorella. Secondo Amy, Madison avrebbe dovuto protestare con la loro madre perché trattava Kate così male e non provare a ottenerne complimenti e attenzione, mostrandosi indifferente alla sorte della sorella.
“No” Kate rispose, tristemente.
“Ehi” Nicole disse, mettendo un braccio intorno all’amica. “Andrà tutto bene. Hai noi, ti guarderemo le spalle. Se dovesse succedere qualcosa, ci penseremo noi. Te lo prometto.”
Kate non si sentiva più sicura di nulla. Nicole non faceva altro che ipotizzare come cambiare le cose, ma il solo modo in cui le cose sembravano cambiare per Kate era in peggio. Il problema dell’alcolismo di suo padre si era aggravato, il potere di sua madre sulla sua vita era sempre più forte e Madison stava diventando sempre più distante, visto che il suo status di figlia d’oro diventava sempre più evidente. La vita di Kate sembrava stesse seguendo una traiettoria verso il basso, e perdere la possibilità di andare al college era l’ultima goccia.
Nicole stava ancora balbettando. “Tra poco ci sarà il ballo della scuola” diceva. “Chissà che cosa potrebbe accadere.”
“Oh, ti prego” Kate rispose. “I ragazzi sono proprio l’ultima cosa che ho in mente in questo momento.”
“Oh davvero?” Amy disse, sollevando un sopracciglio. “Perché pensavo di aver visto un certo Tony Martin abbracciare una certa Kate Roswell nel parcheggio.”
Nonostante la tristezza, quel pensiero sollevò lievemente il morale di Kate. Sentì formarsi un sorriso sulle labbra. “Sì. Lui, ecco, ha detto che sto bene col mascara.”
“Oh mio Dio!” Dinah gridò. “Gli piaci molto!”
Kate scoppiò a ridere e scosse la testa. “Questo non lo so. Lui è carino con tutti.”
“Certo, carino” Amy disse, “non provocante!”
Nicole aveva uno sguardo trionfante. “Non ti ho detto che delle cose succederanno di nuovo presto?”
Kate agitò le mani, provando a tamponare l’eccitazione delle amiche.
“Non penso sia proprio così” disse.
“Forse ti inviterà al ballo” Dinah gridò.
Quel pensiero fece contorcere lo stomaco di Kate per l’eccitazione. C’era una possibilità che accadesse? Proprio in quel momento, ricordò il mascara e come avesse pianto.
“Accidenti, ho un aspetto tremendo, vero?” chiese la ragazza, colta dal panico.
“No, dai” Dinah rispose. “Stai bene. Ma ti darò una sistemata a pranzo, come regalo di compleanno!”
Dinah amava il trucco. Visto che era parte di una famiglia numerosa, non riusciva a comprare tutti vestiti e le scarpe che voleva per restare al passo con la moda, perciò modificava sempre da sola i suoi vestiti e creava i giusti abbinamenti col trucco. Era diventata incredibilmente creativa. Incoraggiava sempre le altre a sperimentare di più con il loro look.
Anche Nicole era molto attenta al suo aspetto.
Amy provava a restare neutra, così da non mandare fuori di testa la propria famiglia, sebbene avesse un debole per le minigonne e per gli stivali che arrivavano al ginocchio: li indossava ogni volta che ne aveva la possibilità.
Kate era l’unica che non aveva mai davvero esplorato totalmente la sua identità attraverso la moda. Le piaceva soprattutto scegliere degli outfit che irritavano sua madre. Così aveva rinunciato a indossare i vestiti di seta, frivoli e dai colori pastello, che la madre avrebbe approvato e aveva rifiutato di andare agli spettacoli di paese, diventando un maschiaccio. Ma non sapeva se fosse davvero un maschiaccio o se le piacesse semplicemente far innervosire la madre, quando si vestiva in quel modo.
Kate sorrise. Se c'era anche sola una possibilità che Tony la invitasse al ballo, allora avrebbe fatto tutto il possibile. Si sentiva già molto meglio, rispetto al furioso viaggio in bicicletta di quella mattina. Sapeva che le amiche ci sarebbero state per lei.
“E ascoltate, se Tony non mi invita, non sarà un grosso problema” Kate aggiunse. “Possiamo sempre andarci noi insieme.”
“Sono così contenta che tu l’abbia detto” Amy disse. “Non credo che i miei genitori mi lascerebbero andare in macchina con un ragazzo!”
Tutte scoppiarono a ridere. Era bello sapere che si sostenevano tutte, tanto da non aver bisogno di rivolgersi ai ragazzi per divertirsi al ballo.
La campanella suonò, e le ragazze si alzarono e si recarono nelle rispettive aule. Amy e Kate avevano entrambe lezione di matematica, perciò si incamminarono prendendosi sotto braccio, lungo i corridoi.
Improvvisamente, Kate sentì Amy stringerle la mano. La ragazza sollevò lo sguardo e vide che Madison era vicina agli armadietti con le amiche cheerleader. Dava la schiena a Kate ed Amy, inconsapevole che fossero dietro di lei, e stava raccontando una storia che stava facendo morir dal ridere le ragazze.
“E poi, mamma ha detto: ‘Signorina, tu farai le pulizie come me, così che Madison possa andare al college.’ Riuscite a crederci? Io invece ho detto: ‘Oh mio Dio, lei sta per trasformare mia sorella in una schiava!’ E questo avviene il giorno del suo compleanno! Io, invece, ho ricevuto un’auto per i diciassette anni. Lei invece, niente.”
Esplose in una sonora risata, così come le ragazze che erano con lei. A Kate parve di aver ricevuto un pugno nello stomaco. Come poteva Madison ridere di lei in quel modo? Sapeva che la sorella non le copriva esattamente le spalle a casa, ma non si era mai resa conto di quanto spettegolasse della sua sfortuna con le amiche.
Amy strinse il braccio di Kate, provando a sostenerla, a trattenerla. Aiutò l'amica a passare davanti a Madison e al gruppo di ragazze antipatiche. Kate sapeva che la sorella l’avrebbe riconosciuta, che si sarebbe resa conto che l’aveva sentita.
I loro sguardi si incrociarono e Madison assunse un’espressione leggermente scioccata. Ma, oltre a ciò, non sembrava assolutamente sentirsi in colpa per aver ferito i sentimenti di Kate. Poi, distolse lo sguardo, rivolgendo di nuovo la piena attenzione alle amiche.
Kate arrancò in classe, sentendosi peggio di prima.
CAPITOLO TRE
Kate seguì le prime due lezioni, sebbene l’umore non fosse migliorato. Si sentì meglio, solo quando la campanella suonò, annunciando l'ora di pranzo, perché avrebbe potuto riunirsi alle amiche.
Kate era in fila con le ragazze nella mensa, affollata come sempre, e guardava distrattamente l'offerta di cibo. Era piuttosto scadente.
Nicole, vegetariana, ebbe molta difficoltà nello scegliersi il pranzo. Quel giorno, avrebbe mangiato cialde di patate e fagioli, mentre Dinah ed Amy gustavano un piatto leggermente migliore, deliziandosi con pollo “tikka masala" e riso. Kate pensò che il curry fosse un po’ troppo grasso, ma a Dinah, lievemente più robusta della media, non importava, perché era alta e ben proporzionata.
Amy era molto magra e sembrava poter mangiare qualsiasi cosa volesse, senza metter su peso.
Nicole sembrava restare tagliata fuori, per la sua pignoleria.
Alla fine, Kate optò per un’insalata. Nonostante le continue derisioni di sua madre in relazione al peso, sperava che, se avesse perso quei pochi chili che aveva in più, la madre non sarebbe stata così severa con lei.
“Accidenti” Dinah esclamò, quando vide il piatto dell’amica, “non dirmi che mangerai soltanto questo. Dai, è il tuo compleanno! Mangia almeno un dessert!”
Kate si abbassò nella sedia.
“A dire il vero, Tony ha detto che, se mi avesse incontrata a pranzo, mi avrebbe portato un cupcake” lei disse.
Tutte le altre tre ragazze fecero un grosso sorriso e si scambiarono degli sguardi. Kate si sentì un po’ sciocca ad averlo menzionato.
“Oh mio Dio” improvvisamente Nicole disse.
Tutte smisero di ridacchiare e si guardarono intorno per individuare quello che aveva colpito l'amica.
Un ragazzo bellissimo era appena entrato in mensa.
“Oh” Kate disse, voltandosi. “Quello è Elijah. E’ un nuovo studente dell’ultimo anno, ha iniziato un mese fa. Ho sentito Madison parlarne.”
“Quell’uomo meraviglioso sta camminando nella scuola da un intero mese e questa è la prima volta che l’ho visto?” Nicole chiese. Sembrava ipnotizzata da lui, come se non riuscisse a distogliere lo sguardo.
Anche Dinah sembrava guardarlo incantata.
“Accidenti, sì. Ha come una sorta di fascino alla Leonardo DiCaprio in Titanic.”
“Ma pensieroso” Nicole mormorò. “Misterioso e pensieroso.”
Kate gli diede un altro sguardo. Elijah era incredibilmente bello. Ma, da quello che aveva sentito dire a Madison alla loro madre, Elijah era davvero un solitario. Non sembrava aver mai nessuno intorno a sé. Madison aveva provato a convincerlo a farlo entrare nel suo giro, quando aveva iniziato un mese prima, ma il giovane si era dimostrato riluttante, e la ragazza lo aveva considerato uno sgarbo. Allora, aveva deciso che lui era una sorta di scherzo della natura, indegno di attenzione.
Sembrava piuttosto sfuggente. Infatti, questa era probabilmente la prima volta che Kate lo vedeva in mensa. La San Marcos era una grande scuola, ma uno come Elijah non era il tipo da perdersi in una folla. Si chiese come mai non lo avesse visto spesso.
“Ricordi quello che stavamo dicendo sul ballo?” Nicole intervenne. “Lo rimangio. Vi scarico in un battibaleno, voglio andarci con lui!”
Tutte cominciarono a ridere. Tranne Kate. Stava guardando Elijah, studiando il modo in cui si muoveva tra la folla di persone. Era così leggero, sembrava che stesse fluttuando! Aveva un modo aggraziato di muoversi, quasi come se ogni passo che faceva fosse parte di una danza imparata da lungo tempo.
Proprio allora, il nuovo venuto voltò la testa, come se si fosse accorto di qualcuno che lo guardava. I loro sguardi s’incrociarono nella mensa affollata. In quel momento, Kate sentì una sensazione invaderla, come mai prima d’allora. Era come una scossa elettrica, e ogni nervo nel suo corpo era quasi in fiamme.
Un gruppo di ragazzi più giovane passò davanti al tavolo di Kate, bloccandole la vista.
Quando si spostarono, Elijah se n’era andato.
La ragazza allungò la testa, pensando di vederlo uscire dalla porta verso cui era diretto, ma non vi riuscì. Era sparito.
“Ragazze” Kate si rivolse alle amiche, “l’avete visto?”
Tutte la guardarono, confuse.
“Visto che cosa?”
“Elijah. Un minuto prima era lì, e quello dopo è completamente sparito.”
Lei continuò a guardare il punto in cui lui si trovava fino ad un momento prima. Non era possibile che avesse lasciato la mensa così in fretta.
“Elijah” Nicole rise, stringendosi forte il cuore in modo teatrale. Poi, guardò Kate canzonandola. “Ti picchierò per lui, lo sai. Pugni, tirate di capelli, graffi con le unghie, tutto quanto.”
Le ragazze scoppiarono di nuovo a ridere, ma Kate non si unì a loro. Era rimasta ipnotizzata dal punto in cui si trovava prima Elijah. La sua mente era sbigottita.
Che cosa aveva appena visto?
CAPITOLO QUATTRO
Kate tornò nei corridoi affollati con le altre ragazze, persa nel suo mondo. La mente era ancora confusa. Le amiche non sembravano comprendere il motivo per cui fosse tanto scossa, e, ogniqualvolta volta insisteva che Elijah era letteralmente sparito di fronte a lei, trovavano un modo per dare al fatto una spiegazione. Si era stufata di provare a farglielo capire e, imbronciata, ci aveva rinunciato.
Al termine della giornata di scuola, lo stomaco di Kate brontolava. Non aveva mangiato altro che yogurt e insalata, e un paio di cioccolatini dalla scatola che Dinah le aveva regalato. Le emozioni dell'inizio della mattina, la pedalata furiosa fino a scuola e la stranezza della sparizione di Elijah nell’aria, tutto aveva contribuito a farla sentire debole e stordita.
Liberò la bici e tornò a casa, assicurandosi di andare piano; non voleva cadere. Lo zaino, pieno di libri scolastici e regali delle amiche era pesante e rendeva il percorso ancora più stancante.
Il sole non era fortissimo, anche se erano le tre del pomeriggio, e c’era una fresca brezza proveniente dall’oceano. A distanza, Kate vide i monti del Rattlesnake Canyon Park. Era uno dei suoi luoghi preferiti. Amava la natura, la sua quiete, la sua bellezza. Le piaceva andarci i fine settimana. La faceva riflettere sulla vita. Le ricordava sempre che il mondo era vasto e che la sua vita familiare era solo una delle minuscole esperienze che la terra aveva da offrire.
Avrebbe mai visto il mondo? Senza andare al college, avrebbe mai vissuto come desiderava? Non riusciva a sopportare l’idea di restare bloccata in California per un altro anno, a pulire le case dei ricchi, come faceva sua madre, vivendo nella sua ombra. Non era giusto! Perché doveva guadagnare per mantenere Madison agli studi? Madison non era affatto studiosa quanto Kate; infatti, probabilmente intendeva andare al college soltanto per incontrare i ragazzi.
Kate poi decise di voler trovare un modo per tenere per sé parte delle sue entrate, così da risparmiare per un biglietto per la Costa Est, e poi sparire in un giorno. Sembrava una soluzione drammatica, ma che altra scelta aveva?
Kate era così persa nei suoi pensieri da non accorgersi di un gruppo di persone davanti a sé, se non nel momento in cui le di pararono davanti. Erano studenti dell’ultimo anno della sua scuola, occupavano il marciapiede e la strada, urlando e spingendosi tutti tra loro. Kate stava per passare alla larga, quando si accorse di qualcuno nel mezzo. Alcuni stavano malmenando un ragazzo, trattandolo come un pallone da spiaggia, spintonandolo avanti e indietro tra loro. Lei notò i capelli scuri del ragazzo e i tratti delicati. Si trattava di Elijah.
“Ehi!” Kate gridò, frenando bruscamente accanto al gruppo. “Lasciatelo in pace!”
Uno dei ragazzi si voltò verso di lei, rivolgendole uno sguardo infuriato. “Vattene, ragazzina” le disse, crudelmente. “Non penso che il tuo ragazzo voglia essere salvato da una femmina.”
Nello stesso istante, Kate incrociò lo sguardo di Elijah. Era triste. Una lacrima bagnava la sua maglietta sulla spalla. Ma, quando i ragazzi ignorarono Kate, riprendendo a spintonandolo avanti e indietro, lui non si difese.
“Elijah!” lei gridò. “Difenditi!”
Lui la guardò e poi, come se la vedesse per la prima volta, continuò a camminare. La ragazza non riusciva a comprendere.
Ma Kate non avrebbe lasciato che Elijah continuasse a farsi picchiare, solo per la stupida idea che le ragazze non potessero prendere le difese dei ragazzi. Aveva una bicicletta, il che significava che era più veloce, e che poteva usarla come un’arma.
Si tolse lo zaino dalle spalle, pesante e carico di libri. Lo fece roteare e caricò verso il gruppo di ragazzi, colpendone uno dietro la schiena con lo zaino.
“Ehi!” lui gridò, inciampando in avanti. “Vattene, pazza.”
Non sembrava essersi scomposto più di tanto per l'intervento di Kate, sebbene la ragazza confidasse che stesse soltanto provando a salvarsi la faccia di fronte agli amici.
Forse era sciocco sfidare un gruppo di maturandi, con nient’altro che uno zaino e la bicicletta come armi, ma Kate sembrava posseduta da una sorta di forza, come una mamma oca protettiva con il suo nido. Affrontava i bulli di Elijah nel modo in cui avrebbe voluto che facesse Madison contro la prepotenza della mamma.
Lei tornò sui propri passi, pedalando verso di loro, quanto più rapidamente possibile, facendoli disperdere ovunque.
“Chi è quella matta?” uno dei ragazzi chiese, schivandola.
“Non è la sorella di Madison?” fu la risposta dell'altro, che rise alla vista di Kate che brandiva lo zaino.
“E’ così bruttina” il primo disse. “Ma Madison è così sexy. Dev’essere adottata, giusto?”
Resa ancora più furiosa da quei brutti commenti, Kate partí di nuovo alla carica, facendo cadere entrambi a terra di botto. Poi colpí un ragazzo vicino con lo zaino, con tale forza da proiettarlo addosso ad un altro. Entrambi finirono stesi a terra.
Provando a salvare la faccia, i ragazzi cominciarono a disperdersi, come bambini che lasciano il gelato a causa di una vespa irritante e persistente. Ormai si erano convinti che Kate avrebbe reso l’attacco ad Elijah più seccante del voluto.
Kate aveva l’affanno per la fatica e l’ansia, sebbene ci fosse anche un po’ di adrenalina trionfante a scorrerle nelle vene. Rivolse uno sguardo ai ragazzi che si allontanavano lungo la strada, poi tornò dove si trova Elijah.
Ma questi se n’era andato.
“Ehi!” Kate gridò. Quell’idiota avrebbe almeno potuto degnarsi di dirle grazie.
Si guardò intorno, provando a vedere dove fosse finito. Ma più guardava, più si convinceva che, in nessun modo, Elijah avrebbe avuto il tempo di sparire dalla sua vista. Non c’erano case o negozi lungo la strada dove lui potesse entrare, solo la roccia della montagna da un lato, e una ripida strada che portava ai tetti delle case sulla strada sottostante, dall'altro. Dov’era andato?
La ragazza si guardò attorno, strizzando gli occhi contro la forte luce del sole, ma del giovane non c’era traccia. Poi, scorse una figura ai piedi della collina, camminare in quel modo aggraziato, piacevole che lei riconobbe appartenere proprio ad Elijah. Non aveva idea di come fosse arrivato così lontano in così poco tempo. Voleva far scendere il livello di adrenalina, che forse stava alterando la sua percezione, ma una sensazione sgradevole stava cominciando ad assalirla, come era successo in mensa. Elijah, ne era certa, poteva spostarsi per notevoli distanze a una velocità impensabile.
Kate non sapeva che cosa la portasse a cercarlo. Forse era dovuto al fatto che, a diciassette anni, non aveva mai avuto molta popolarità, ma sentiva di meritare almeno un po’ di gratitudine da lui, per essersi esposta così tanto. Aveva schiacciato la scatola di cioccolatini di Dinah, mentre aveva affrontato i ragazzi. Erano penetrati, in forma di zucchero rosa e appiccicoso all’interno dello zaino. E la sua copia di Romeo e Giulietta aveva un’enorme macchia ora sulla copertina.
Cominciò a pedalare in direzione di Elijah. Era una strada lunga e in alcuni punti divenne abbastanza ripida. Tutto ciò che Kate doveva fare era abbassarsi in avanti, e lasciare che la gravità la spingesse in fondo alla collina. In genere, era una ciclista lenta e attenta, non proprio un’amante del brivido, ma era bello sentire il vento tra i capelli, mentre percorreva la collina.
“Ehi!” gridò quando pensava che Elijah potesse sentirla.
Lui si voltò e le lanciò uno sguardo confuso. Ancora una volta, quando i loro sguardi s’incontrarono, una strana sensazione s’impossessò di Kate. C’era un’intensità negli occhi di Elijah, un'espressione quasi stregata in essi. Se gli occhi erano lo specchio dell’anima, l’anima di Elijah sembrava essere più vecchia del tempo.
Confusa dalle sensazioni che le scorrevano in corpo, Kate azionò i freni. Ma stava andando troppo veloce, i freni erano un po’ consumati e non reagivano velocemente quanto avrebbero dovuto, la bici era vecchia. Stava praticamente volando, avvicinandosi alla fine della strada ad una folle velocità. In fondo ad essa, si rese conto con timore, c’era una strada a scorrimento veloce.
Il cuore di Kate cominciò a battere forte, quando si rese conto che non avrebbe in alcun modo potuto fermarsi in tempo. Stava andando dritta verso la strada.
Il tempo sembrò rallentare dolorosamente, mentre correva verso la conclusione inevitabile, inarrestabile, la sua morte. La bici passò davanti al segnale di stop, i freni inutili cigolarono e l’odore sgradevole di gomma bruciata si espanse nell’aria. Poi, volò verso i segni bianchi della strada—e finì dritta nel traffico in arrivo.
Kate intravide un camper arrivare dritto verso di lei. Vide gli occhi dello stupefatto autista – e poi, sentì l’impatto.
Il corpo di Kate si schiantò contro il camper. Non sentì alcun dolore, ma seppe immediatamente, dal rumore assordante, che le si era rotto qualcosa. Forse tutto.
Il clacson del camper cominciò a suonare, mentre lei rimbalzava sul parabrezza, ricadendo a terra e rotolando per un tratto, battendo violentemente il capo sull’asfalto. Anche la bicicletta fu proiettata in aria, poi ricadde a terra.
Stelle nere danzarono davanti ai suoi occhi. La sua bici finì la sua corsa accanto a lei, frantumandosi contro il pesante asfalto. Kate era consapevole della sensazione di torpore, del sapore metallico del sangue.
Ma non provava alcun dolore. Sapeva che era grave. Grave il fatto di non muoversi. Grave il fatto di non provare niente.
La testa ricadde di lato, e Kate posò lo sguardo sull’oceano luccicante a distanza. Come se fosse alla fine di un lungo tunnel, Kate sentì le auto frenare, schiantarsi tra loro e persone gridare. Sentiva l’odore della benzina, della gomma e del metallo, e qualcosa bruciare.
Poi, in tutto quel caos, vide il viso di Elijah apparire davanti a lei, e si sentì prendere in braccio da lui. Il ragazzo stava dicendo qualcosa, ma lei non riuscì a cogliere il senso delle parole. L’espressione di Elijah era intensa, terrorizzata.
E, proprio prima che tutto si oscurasse, le sembrò di vedere delle zanne spuntargli dalla bocca. La giovane non riusciva a muoversi né a gridare. Ma ebbe la sensazione di qualcosa di appuntito, caldo e bagnato sul collo, ne era certa.
Poi, il mondo svanì.
CAPITOLO CINQUE
La prima cosa di cui Kate fu consapevole fu un suono di un trillo elettronico. Non aveva pensato molto alla morte, ma era abbastanza sicura che quello fosse il suo suono. Poi riuscì a distinguere un altro suono: un cigolio. E infine percepì chiaramente che si stava muovendo in avanti. Ruote, pensò. Sono su una barella.