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Lei guardò Caleb, e lui guardò lei al contempo. Entrambi guardarono il ragazzino, e lui cominciò a sparire lungo la strada.
“Combattimento di cani contro un orso?" Caitlin chiese. “Che cos'è?”
“Ora ricordo,” Caitlin disse. “Era il grande sport dell'epoca. Mettono un orso in un cerchio, e lo legano ad un palo, e viene attaccato da cani selvatici. Si scommette su chi vince: l'orso o i cani .”
"E' disgustoso," Caitlin esclamò.
"L'indovinello,” lui disse. “‘Dall'altra parte del ponte, e Oltre l'Oltro. Pensi che potrebbe essere questo?”
Insieme, si voltarono e seguirono il ragazzino, ora distante, ma che continuava ad urlare.
Si recarono direttamente alla base del ponte e camminarono lungo il fiume, ora sull'altro lato del Tamigi, percorrendo una strada di nome "Clink Street." Quel lato del fiume, Caitlin notò, era molto diverso dall'altro. Era meno urbanizzato, meno popolato. C'erano anche meno case, ed erano più grezze, quel lato del fiume era più trascurato. C'erano certamente molti meno negozi, e le folle erano meno fitte.
Presto si ritrovarono davanti ad un'altra struttura, e Caitlin poteva affermare, dalle sbarre alle finestre e alle guardie posizionate all'esterno, che si trattava di una prigione.
Clink Street, Caitlin rifletté. Nome appropriato.
Si trattava di un enorme edificio esteso, e appena ci passarono davanti, Caitlin vide mani e volti spuntare fuori dalle sbarre, guardandola mentre camminava. Centinaia di prigionieri erano rinchiusi lì, e la guardavano in modo lascivo, urlando frasi sconce mentre loro passavano.
Ruth ringhiò, e Caleb si fece più vicino.
Proseguirono, passando per una strada con un'insegna su cui si leggeva “Luogo dell'Uomo Morto.” Caitlin guardò alla sua destra, e vide un altro patibolo, su cui stava per avvenire un'altra esecuzione. Un prigioniero tremante stava su una piattaforma, bendato, col cappio intorno al collo.
Caitlin fu così distratta da quel triste spettacolo da perdere quasi di vista il ragazzino, quando sentì la mano di Caleb afferrarla e guidarla oltre, in Clink Street.
Mentre proseguivano, Caitlin sentì improvvisamente un urlo distante e poi un ruggito. Vide il ragazzino a distanza, mentre svoltava un angolo e sentì elevarsi un altro grido. Poi, fu sorpresa a sentire la terra scuotersi sotto di lei. Non si sentiva così sin da quando era stata al Colosseo. Pensò che doveva esserci una sorta di enorme stadio proprio dietro la curva.
Appena svoltato l'angolo, rimase paralizzata da quello che le si parò davanti. Si trattava di un'enorme struttura circolare, che assomigliava ad un Colosseo in miniatura. Era alto svariati piani, e ovunque c'erano porte ad arco che conducevano al suo interno. Lei sentì le urla, chiaramente provenienti da dietro le sue mura.
Davanti all'edificio, erano radunate centinaia di persone: alcune erano tra le più trasandate su cui lei avesse mai posato gli occhi. Altri erano a malapena vestiti, molti esponevano il ventre e non erano rasati e non si erano nemmeno lavati. Cani selvatici vagavano in mezzo a loro, e Ruth ringhiò; i peli le si rizzarono, dimostrando chiaramente quanto fosse agitata.
I venditori spingevano i carri nel fango, molti vendevano pinte di gin. Dagli sguardi della folla, sembrava che molta gente fosse interessata. Le persone nella folla si spingevano brutalmente, e la maggior parte sembrava ubriaca. Si elevò un altro ringhio, e Caitlin guardò verso l'alto e vide l'insegna appesa sopra lo stadio, che recitava “Combattimento di Cani Contro Orso.”
Provò una fitta allo stomaco. Quella società era davvero così crudele?
Il piccolo stadio sembrava far parte di un complesso. Lì, a distanza, si innalzava un altro stadio, con un'enorme insegna su cui era scritto “Combattimento di Cani Contro Toro.” E lì, lateralmente rispetto alle prime due, c'era un'altra struttura circolare—sebbene quest'ultima sembrasse diversa dalle altre: era più distinta.
"Venite ad assistere alla nuova opera di Will Shakespeare al nuovo Globe Theatre!" urlò un ragazzo che passava di lì, tenendo in mano una pila di volantini. Si diresse dritto verso Caitlin, mettendo un volantino tra le sue mani. Lei lo guardò e lo lesse: “la nuova opera di William Shakespeare: La Tragedia di Romeo e Giulietta.”
"Verrete, Signorina?” il ragazzo le chiese. “E' la sua nuova tragedia, e verrà rappresentata per la prima volta in questo nuovo teatro: il Globe.”
Caitlin guardò un volantino, provando un'ondata di eccitazione. Poteva essere reale? Stava accadendo davvero?
“Dove si trova?” lei chiese.
Il ragazzo rise sommessamente. Si voltò e indicò la direzione. “Perché, é proprio laggiù, Signorina.”
Caitlin guardò verso la direzione indicata dal ragazzo, e vide un'edificio circolare a distanza, con pareti di stucco bianco e un rivestimento Tudor di legno. Il Globe di Shakespeare. Era incredibile. Era davvero lì.
Di fronte al teatro, erano radunate migliaia di persone, che entravano da tutte le direzioni. E la folla era proprio della stessa tipologia di quella che entrava ad assistere al combattimento di cani contro il toro e al combattimento dei cani contro l'orso. Questo la sorprese. Aveva sempre immaginato che chi andasse ad assistere alle opere teatrali di Shakespeare fosse più civilizzato, più sofisticato. Non aveva mai davvero considerato che si trattasse d'intrattenimento per le masse—e il tipo più rozzo di masse. Sembrava essere la tipologia adatta ad assistere al combattimento di cani contro l'orso.
Sì, le sarebbe piaciuto tantissimo assistere alla nuova opera di Shakespeare, andare al Globe. Ma era determinata a portare prima a termine la sua missione, a risolvere l'indovinello.
Si udì un altro ruggito provenire dallo stadio del combattimento dei cani contro l'orso, e lei si voltò per concentrarsi proprio su quel posto. Si chiese se la soluzione dell'indovinello giacesse proprio oltre quelle mura.
Si voltò verso Caleb.
"Che cosa pensi?" gli chiese. “Dovremmo andare a vedere di che cosa si tratta?”
Caleb sembrò titubante.
“L'indovinello menzionava un ponte,” lui disse, “e un orso. Ma i miei sensi mi dicono qualcos'altro. Non sono molto sicuro—”
Improvvisamente, Ruth ringhiò, poi si allontanò, correndo via.
"Ruth!" Caitlin urlò.
Se n'era andata. Non si era nemmeno voltata ad ascoltare, scattando via con tutta la velocità di cui era capace.
Caitlin era scioccata. Non l'aveva mai vista comportarsi in quel modo, nemmeno in caso di grave pericolo. Che cosa poteva attirarla così tanto? Non era mai capitato che Ruth non ascoltasse.
Caitlin e Caleb scattarono dietro di lei, contemporaneamente.
Ma neppure facendo ricorso alla velocità tipica dei vampiri, riuscivano, in mezzo al fango, a star dietro alla lupa, che era più veloce di loro. La videro voltarsi e farsi largo in mezzo alla folla, e dovettero sgomitare per riuscire a non perderla di vista. Caitlin vide, a distanza, che Ruth svoltava ad un angolo, e si fiondava veloce per un vicolo stretto. Si affrettò, così come fece Caleb, spingendo un uomo grosso via dalla sua strada, e svoltò nel vicolo, dietro di lei.
Che cosa diamine stava rincorrendo? Caitlin si chiese. Si chiese se ci fosse un cane randagio, o se forse avesse appena raggiunto il limite di sopportazione della fame e stesse rincorrendo qualcosa da mangiare. Dopotutto, era una lupa. Caitlin dovette rammentarselo. Avrebbe dovuto cercare di più qualcosa da mangiare per lei, e molto prima.
Ma quando Caitlin svoltò l'angolo e guardò in fondo al vicolo, capì subito.
Lì, in fondo al vicolo, era seduta una ragazzina, di forse otto anni: immersa nella sporcizia, accucciata, piangeva e tremava. Torreggiava sopra di lei un grosso e robusto uomo, senza camicia, con l'enorme pancia scoperta, non rasato, con il petto e le spalle ricoperti di peli. Aveva un'espressione arrabbiata, che svelava i denti mancanti, e frustava ripetutamente la bambina con una cintura di pelle.
"Ecco che cosa ottieni se non ascolti!" l'uomo urlò in un tono aggressivo, mentre sollevava di nuovo la sua cintura.
Caitlin era mortificata, e senza nemmeno pensarci, si preparò ad entrare in azione.
Ma Ruth la batté sul tempo. La lupa partì avvantaggiata, e appena l'uomo allungò un braccio, Ruth balzò in aria, tenendo la mandibola ben spalancata.
Lei balzò sull'avambraccio dell'uomo, e vi affondò i denti. Il sangue spruzzò ovunque, mentre l'uomo urlava in modo sovrumano.
Ruth era furiosa, e non avrebbe mollato la presa. Ringhiò e scosse la testa avanti e indietro, affondando i denti ancora di più nella carne dell'uomo, e non intendeva lasciare la presa.
L'uomo fece oscillare Ruth avanti e indietro, riuscendoci solo grazie alla sua stazza considerevole, e perchè non era ancora una lupa adulta. Lei ringhiò, e fu un verso tanto spaventoso, da far rizzare persino i capelli sulla nuca di Caitlin.
Ma l'uomo era chiaramente abituato alla violenza, e fece ondeggiare la sua grossa spalla e riuscì a colpire Ruth, scaraventandola contro il muro di mattoni. Poi, le si avvicinò e con l'altra mano, la colpì forte alla schiena con la cintura.
Ruth urlò e guaì. Alla fine, si lasciò andare e cadde stremata al suolo.
L'uomo, con uno sguardo colmo d'odio negli occhi, si preparò a riutilizzare la cintura con entrambe le mani, per scatenare tutta la sua violenza sul muso di Ruth.
Caitlin entrò in azione. Prima che l'uomo potesse abbassarsi, lei scattò in avanti, e con la mano destra, gli afferrò la gola. Lo fece piegare all'indietro, sollevandolo da terra, più in alto di lei, fino a quando non lo lanciò, scagliandolo contro il muro, frantumando diversi mattoni.
Lo sollevò nuovamente per il collo, con il viso che stava diventando blu per il soffocamento. Caitlin era molto più minuta di lui, ma quest'ultimo non aveva nessuna speranza contro la sua presa di ferro.
Infine, lo lasciò cadere. Lui si tirò su e tentò disperatamente di raggiungere la cintura, e Caitlin invece, gli si avvicinò e gli diede un forte calcio al volto, rompendogli il naso.
Poi, proseguì dandogli un calcio al petto; fu un colpo talmente forte, che lo fece volare all'indietro per diversi metri. Colpì infine, il muro con una tale forza, che lasciò un segno in mezzo ai mattoni, per poi finire al suolo, creando un totale caos.
Ma Caitlin sentiva ancora la rabbia scorrerle nelle vene. Pensò a quella ragazzina innocente, a Ruth, e non aveva provato una simile rabbia non ricordava da quanto tempo. Non riusciva a fermarsi. Si diresse verso di lui, afferrò la cintura, prendendola dalla sua mano, poi si abbassò, e lo colpì forte, proprio sulla grossa pancia.
Lui barcollò, trattenendo lo stomaco.
Appena lui si tirò su, lei gli diede un forte calcio, proprio in faccia. Poi, si occupo' del mento, e lo fece andare all'indietro rapidamente, colpendo la nuca, facendogli sbattere la testa contro il suolo. Finalmente, perse i sensi.
Ma Caitlin non fu ancora soddisfatta. Non era facile che l'ira prendesse il sopravvento in lei, in quei giorni, ma, quando succedeva, non riusciva a bloccarla.
Caitlin gli salì addosso, mettendogli un piede sulla gola, e si preparò a ucciderlo definitivamente.
“Caitlin!" giunse una voce acuta.
Lei si voltò, ancora pulsante di rabbia, e vide Caleb accanto a lei. L'uomo scosse lentamente la testa, ostentando uno sguardo di rimprovero.
“Hai fatto abbastanza danni. Lascialo andare.”
Qualcosa della voce di Caleb giunse a lei.
Sollevò il piede, con riluttanza.
A distanza, scorse un'enorme tinozza piena di liquami. Poteva vedere il denso liquido nero strabordare, e ne sentiva il tanfo da lì.
Perfetto.
Si abbassò, sollevò l'uomo al di sopra della sua testa, sebbene questo pesasse oltre 136kg, e lo portò nel vicolo. Lo lanciò, a testa in avanti, dritto nella tinozza dei liquami.
Atterrò con uno splash. Lei lo vide ricoperto, dalla testa ai piedi, da tutti gli escrementi. Si godette l'idea del risveglio dell'uomo, che avrebbe realizzato dove si trovava, e finalmente, si sentì soddisfatta.
Bene, Caitlin pensò. E' proprio da dove provieni.
Caitlin pensò immediatamente a Ruth. Corse verso di lei, ed esaminò il segno che la cintura le aveva fatto sulla schiena; si stava riprendendo, e lentamente si stava rimettendo in piedi. Anche Caleb si avvicinò, esaminandola, mentre Ruth poggiò la faccia sul grembo di Caitlin e guaì. Caitlin la baciò sulla fronte.
Ruth improvvisamente se li scrollò di dosso, si alzò e corse nel vicolo, verso la ragazzina.
Caitlin si voltò e improvvisamente, ricordò. Anche lei imitò la lupa.
Ruth corse dalla ragazzina, e la leccò sulla faccia. Il pianto isterico della ragazzina cessò lentamente, distratta dalla lingua di Ruth. Era seduta lì nel fango, nel suo vestito sporco e sudicio, ricoperta di ferite causate dalla cintura, alla schiena, con il sangue che le colava, e aveva lo sguardo rivolto verso Ruth in sorpresa.
Gli occhi gonfi di pianto le si spalancarono, mentre Ruth continuava a leccarla. Infine, si tirò su e lentamente, cominciò, seppur con esitazione, ad accarezzare Ruth. Poi, si fece avanti e la abbracciò. Ruth ricambiò, avvicinandosi ancora di più.
Fu incredibile, pensò Caitlin. Ruth aveva individuato quella ragazzina ad isolati di distanza. Era stato come se si conoscessero da sempre.
Caitlin si avvcinò e s'inginocchiò accanto alla ragazzina, offrendole una mano, per aiutarla a tirarsi su.
"Stai bene?" Caitlin chiese.
La ragazza la guardò sbalordita, poi guardò Caleb. Sbatté le palpebre, come se si chiedesse chi fossero quelle persone.
Infine, lentamente, annuì ad indicare un sì. Gli occhi le si spalancarono, ed apparve fin troppo spaventata persino per parlare.
Caitlin si fece avanti e le spostò gentilmente i capelli arruffati dal viso. “Va tutto bene," Caitlin disse. "Non ti farà mai più del male.”
Sembrò che la ragazzina stesse di nuovo per scoppiare in lacrime.
"Io sono Caitlin," lei disse. "E questo è Caleb.”
La ragazzina li guardò, ancora senza parlare.
"Come ti chiami?" Caitlin le chiese.
Dopo diversi secondi, la ragazzina finalmente rispose: “Scarlet."
Caitlin sorrise. “Scarlet," lei ripeté. "E' proprio un nome grazioso. Dove sono i tuoi genitori?"
Lei scosse la testa. “Non ho i genitori. Lui è il mio tutore. Mi picchia ogni giorno. Senza motivo. Lo odio. Vi prego, non fatemi tornare da lui. Non ho nessun altro.”
Caitlin si voltò verso Caleb, e vide che lui la stava guardando, entrambi pensavano la stessa cosa allo stesso tempo.
"Sei al sicuro adesso,” Caitlin disse. “Non devi più preoccuparti. Puoi venire con noi.”
Gli occhi di Scarlet si spalancarono per la sorpresa e la gioia, e quasi esplose in un sorriso.
"Davvero?" lei chiese.
Caitlin ricambiò il sorriso, le diede la mano e Scarlet la prese, così per aiutarla ad alzarsi in piedi. Caitlin vide le sue ferite alla schiena, ancora grondanti di sangue, e nel profondo, improvvisamente sentì un potere impossessarsi di lei. Pensò a ciò che Aiden le aveva insegnato, al potere di sentirsi come una cosa sola con l'universo, e nel profondo di se stessa, percepì l'esistenza di un potere che non aveva mai sentito. Lei aveva sempre sentito quello della sua rabbia, ma mai uno simile a questo. Era diverso, nuovo, e la avvolgeva dalla testa ai piedi, passando dalle braccia alla punta delle dita.
Si trattava del potere della guarigione.
Caitlin chiuse gli occhi e si abbassò, mettendo le mani sulla schiena di Scarlet, dove si trovavano le ferite. Respirò profondamente, e fece appello al potere dell'universo, richiamando alla mente tutto l'addestramento a cui Aiden l'aveva sottoposta, e si concentrò a inviare alla ragazzina la luce bianca. Sentì le mani diventare molto calde, e sentì un'incredibile energia scorrere dentro di lei.
Caitlin non era certa di quanto tempo fosse trascorso, quando riaprì di nuovo gli occhi. Aprendoli, vide Scarlet che la stava guardando, con gli occhi spalancati per lo stupore. Anche Caleb la guardò, anche lui stupito.
Caitlin guardò in basso, e vide che le ferite di Scarlet erano completamente guarite.
"Sei una maga?" Scarlet domandò.
Caitlin esplose in un grosso sorriso. "Qualcosa del genere."
CAPITOLO SEI
Sam volò sopra la campagna britannica con Polly al suo fianco, ma tenendola a distanza. Le loro ali erano aperte, ma non erano abbastanza vicine da toccarsi, visto che volevano che ci fosse dello spazio tra di loro. Sam preferiva che fosse così, e desunse che anche lei lo volesse. Gli piaceva Polly, davvero. Ma, dopo il suo fiasco con Kendra, non era pronto ad avvicinarsi a qualcuno del sesso opposto, almeno per un po' di tempo. Ci sarebbe voluto un po', prima che potesse fidarsi di nuovo di qualcuno. Persino se si trattava di qualcuno che era stato molto vicino a sua sorella, come sembrava essere Polly.
Volavano da ore, e appena Sam guardò in basso, nella luce del mattino, vide immensi ed estesi strati di colture, con sporadiche casette, con il fumo che si innalzava dai comignoli in pietra, persino in quella bella giornata autunnale. Vide una persona fuori nel suo cortile, recarsi verso il bucato, stendendo le lenzuola sulle corde. Ad ogni modo, non c'erano molte abitazioni. Quella terra sembrava essere interamente rurale, e lui cominciò a chiedersi se le città esistessero per davvero in quell'epoca—a prescindere dal tempo e dal luogo in cui si trovavano.
Sam non aveva alcuna idea di dove andare, e Polly non era stata di grande aiuto. Avevano entrambi fatto appello ai propri sensi sviluppati di vampiri per sintonizzarsi, per provare a sfruttare la loro vicina connessione a Caitlin, per percepire dove lei fosse. Avevano entrambi intuito che lei potesse trovarsi in quella generale direzione, ed avevano volato per ore. Ma da allora, non avevano visto alcun indizio o pista diretta. L'istinto suggerì a Sam che Caitlin fosse in una grande città. Ma non erano passati sopra qualcosa neanche lontanamente delle sembianze di una città, per centinaia di chilometri.
Proprio quando Sam stava cominciando a chiedersi se avesse scelto la giusta direzione, svoltarono e, in quello stesso istante, lui fu scioccato da ciò che vide in lontananza. Lì, all'orizzonte, c'era una grande città. Non era in grado di riconoscerla, e non era sicuro di poterlo fare nemmeno da vicino. Non aveva un gran conoscenza geografica, e non era granché nemmeno in storia. Era il risultato del suo continuo spostarsi, del frequentare le amicizie sbagliate e di non prestare attenzione a scuola. Era stato uno studente da Sufficienza, sebbene sapesse di avere il potenziale per essere uno da Ottimo. Ma prima era stato troppo difficile per lui trovare un motivo per cui preoccuparsi della sua educazione. Ora, lo rimpiangeva.
"E' Londra!" Polly gridò, esternando gioia e sorpresa. "Oh mio Dio! Londra! Non posso crederci. Siamo qui! Siamo davvero qui! E' un posto magnifico!" lei gridò, eccitata.
Grazie al cielo per Polly, Sam pensò, sentendosi più stupido che mai. Si rese conto che avrebbe potuto apprendere molte cose da lei.
Appena si avvicinarono di più, e gli edicfici apparvero davanti a loro, Sam si meravigliò dell'architettura. Persino a quella distanza, vide i campanili delle chiese ergersi fin su in cielo, disegnando la città, come se fosse un campo di lance. Appena si fecero ancora più vicini, vide quanto tutte le chiese fossero maestose e magnifiche—e fu sorpreso che apparissero già antiche. Oltre ad esse, tutti gli altri edifici sembravano in miniatura a confronto.
Non appena iniziò a rendersi conto di dove fosse, percepì fortemente che Caitlin era lì. E quel pensiero lo eccitò ed elettrizzò al contempo.
"Caitlin è laggiù!" Sam urlò. "Lo sento.”
Polly gli sorrise. "Anch'io!" lei urlò.
Per la prima volta da quando erano finiti in quell'epoca e in quel posto, Sam si sentì finalmente a suo agio, come se fosse ora certo di che cosa fare. Finalmente, stabilì che erano sulla giusta pista.
Provò a percepire se lei era in pericolo. Ad un primo tentativo, non ottenne nulla. Pensò all'ultima volta che l'aveva vista, a Parigi, proprio prima che lei volasse a Notre Dame. Era con quel tipo – Caleb —e si chiese se fossero ancora insieme. Aveva incontrato Caleb una o due volte, ma gli era piaciuto molto. Sperava che Caitlin fosse con lui, e che lui si prendesse cura di lei. Ebbe una buona sensazione pensando a loro due insieme.
Polly si abbassò improvvisamente, senza avvertire, avvicinandosi sempre di più ai tetti. Non le importava neanche che Sam la seguisse, o lei credette semplicemente che lo facesse. Questo infastidì Sam. Avrebbe sperato di ricevere un preavviso da lei, o almeno che gli indicasse in qualche modo che si stava abbassando. E poi, una parte di lui percepì che a lei importava. Stava soltanto fingendo il contrario?
E perché a lui importava, ad ogni modo? Non si era solo detto che non era interessato alle ragazze in quel momento?
Sam si abbassò sempre di più, al suo livello, e volarono a pochi metri sopra la città. Ma virò a sinistra, così che volassero persino ancor più distanziati tra loro. Prendi questa, Sam pensò.
Appena si avvicinarono al centro della città, Sam rimase a bocca aperta. Quell'epoca e quel luogo erano così diversi, diversi da qualsiasi altra cosa che avesse visto o conosciuto. Era così vicino ai tetti, era come se potesse quasi raggiungerli e toccarli. La maggioranza degli edifici era bassa, alta di pochi piani, e costruita con tetti inclinati, ricoperti da quelli che sembravano enormi strati di fieno o paglia. La maggioranza degli edifici era dipinta di un bianco luminoso, con contorni dipinti in marrone. Le chiese—enormi, marmoree, calcaree—si ergevano alte, emergendo dal paesaggio, dominando interi isolati, e ovunque erano sparse poche altre grandi strutture che sembravano palazzi. Probabilmente, lui immaginava, si trattava di residenze per I reali.
La città era divisa da un immenso fiume, sopra al quale ora stavano volando. Il fiume era animato da traffico—barche di ogni forma e grandezza—e appena lui guardò verso le strade, vide che anch'esse erano colme di vita. Infatti, non riusciva a credere di quanto fossero vive. C'erano persone ovunque, che si recavano in ogni direzione. Non riusciva ad immaginare il motivo per cui si affrettassero in quel modo. Non era come se avessero internet, le e-mail, i fax o persino i telefoni.
Invece, altre zone della città erano relativamente tranquille. Le strade sporche, il fiume, e tutte le barche creavano un'atmosfera tranquilla. Non c'erano automobili sfreccianti, autobus, clacson, camion o motociclette che acceleravano. Tutto era relativamente tranquillo.
Fu così, fino a quando non si sentì un improvviso ruggito.
Sam voltò la testa, e così fece Polly.
Lì, lateralmente, scorsero un grosso stadio, costruito in una perfetta forma circolare e alto diversi piani. Gli rammentò del Colosseo romano, sebbene fosse molto più piccolo.
Dalla sua prospettiva a volo d'uccello, sembrava che al centro ci fosse un grosso animale di qualche sorta, che correva, ma vide che lo stadio era affollato, c'erano migliaia di spettatori, tutti in piedi, che incitavano e ruggivano.
Improvvisamente, Sam sentì un formicolio al corpo, mentre guardava. Non perché era in grado di stabilire di che cosa si trattasse. Ma perché, improvvisamente, sentì la presenza di Caitlin lì. Fortemente.
"Mia sorella!" gridò a Polly. "Lei è lì," disse, indicando. “Lo sento.”
Polly guardò in basso, e aggrottò il sopracciglio.
"Non ne sono sicura," lei disse. "Non sento nulla."
Lei si voltò verso l'altra direzione, ed indicò il ponte che si estendeva davanti a loro. "Sento che si trova lì."
Sam guardò, e vide un enorme ponte sopra il fiume. Fu sorpreso di notare che era coperto di negozi di ogni sorta, e cosa che lo lasciò ancora più sorpreso, mentre volavano sopra di esso, era che c'erano diversi prigionieri lì, su un patibolo, con il cappio al collo, e le teste incappucciate. Sembrava proprio che dovessero subire un'esecuzione. E una grande folla si era radunata intorno a loro.
"Bene," Sam disse, e improvvisamente si abbassò, dirigendosi verso il ponte. Intendeva anticiparla, ed essere il primo a farlo questa volta.
Sam atterrò sul ponte, senza voltarsi indietro, e alcuni istanti dopo, sentì Polly atterrare a diversi metri di distanza dietro di lui. Lei lo raggiunse, e i due camminarono fianco a fianco, tenendosi a distanza l'uno dall'altra, e lui non la guardò neppure, e nemmeno lei lo fece. Sam era orgoglioso del fatto che stesse mantenendo un rapporto puramente professionale con lei. Non c'era neanche l'ombra della vicinanza, il che era chiaramente ciò che volevano entrambi.