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“Stai provando ad approfittarti di una ragazza mentre dorme?” Polly chiese, nella sua tipica voce allegra.
Sam non riuscì a fare a meno di esplodere in un grosso sorriso. Polly era tornata. Non importava altro. Lui provò a scacciare dalla mente l'infausta sensazione di aver sfidato il destino, e la consapevolezza che, presto o tardi, avrebbe dovuto pagarne il prezzo.
Polly si tirò su, tornando al suo io sveglio e felice, imbarazzata di essere stata così vulnerabile tra le sue braccia, e provando a sembrare forte ed indipendente. Consapevole di dove si trovasse, si tenne all'altro lato della barca, mentre un'onda li fece ondeggiare in alto, per poi abbassarsi.
“Questa non è esattamente ciò che chiamerei una romantica escursione in barca,” lei disse, sembrando un po' pallida, mentre provava a restare ferma nel mare ondeggiante. “Dove ci troviamo esattamente? E che cos'è lì all'orizzonte?”
Sam si voltò e guardò nella direzione che lei stava indicando. Non l'aveva vista prima. Lì, a poche centinaia di metri di distanza, si ergeva un'isola rocciosa, che sbucava proprio in mezzo al mare, con alte e implacabili scogliere. Sembrava antica, disabitata, con il suo terreno roccioso e desolato.
Sam si voltò e scrutò l'orizzonte in ogni direzione. Sembrava che fosse l'unica isola nell'arco di centinaia di chilometri.
“Sembra che ci stiamo dirigendo proprio lì,” lui disse.
“Certamente lo spero,” Polly disse. “Ho davvero la nausea su questa barca.”
Improvvisamente, Polly si sporse da un lato e vomitò, ancora e ancora.
Sam si avvicinò e le mise una mano rassicurante sulla schiena. Polly finalmente si riprese, asciugandosi la bocca con il retro della manica e distolse lo sguardo, imbarazzata.
“Mi dispiace,” lei disse. “Queste onde sono implacabili.” Lei lo guardò, sentendosi in colpa. “Dev'essere sgradevole.”
Ma Sam non ci stava affatto pensando. Al contrario, si stava rendendo conto che nutriva dei sentimenti per Polly, ancora più profondi di quanto avesse mai realizzato.
“Perché mi stai guardando in quel modo?” Polly chiese. “E' stato così orribile?”
Sam distolse rapidamente lo sguardo, realizzando che la stava fissando.
“Non stavo affatto pensando a quello,” lui esclamò, arrossendo.
Ma furono entrambi interrotti. Sull'isola, apparvero improvvisamente diversi guerrieri, allineati sulla cima di una scogliera. Continuavano a comparire, uno dietro l'altro, e presto l'orizzonte ne fu pieno.
Sam si abbassò, provando a vedere quali armi aveva portato con sé. Ma fu deluso di scoprire che non ne aveva nessuna.
L'orizzonte si oscurò, pullulando sempre di più di vampiri guerrieri, e Sam vide che la corrente li stava portando direttamente verso di loro. Stavano finendo dritti in una trappola, e non c'era nulla che potessero fare per impedirlo.
“Guarda lì,” Polly disse. “Stanno venendo a salutarci.”
Sam li studiò attentamente, e giunse ad una diversa conclusione.
“No, affatto,” lui disse. “Stanno venendo per metterci alla prova.”
CAPITOLO TRE
Caitlin era davanti al ponte di corda che conduceva a Skye, con Caleb al suo fianco e Scarlet e Ruth dietro di lei. Lei guardò la struttura in corda oscillare violentemente, mentre il vento fischiava tra le rocce; le onde s'infrangevano contro le scogliere, centinaia di metri più in basso. Il ponte era bagnato e scivoloso. Scivolare avrebbe significato morte istantanea per Scarlet e per Ruth, e Caitlin non aveva neppure ancora provato le sue ali. Attraversare quel ponte non era davvero la scelta che avrebbe voluto fare – ma poi, di nuovo, sembrava ovvio che avevano bisogno di recarsi sull'Isola di Skye.
Caleb guardò verso di lei.
“Non abbiamo molta scelta,” disse.
“Allora non possiamo indugiare,” lei rispose. “Io prendo Scarlet, tu prendi Ruth?”
Caleb annuì risolutamente, mentre Caitlin prendeva in braccio Scarlet e se la metteva sulle spalle. Caleb tenne Ruth in braccio. All'inizio, la lupa si agitò, volendo scendere a terra, ma Caleb la tenne fermamente e qualcosa, nella sua stretta, alla fine la calmò.
Non c'era altra scelta, se non camminare uno alla volta sul piccolo ponte. Caitlin andò per prima.
Caitlin fece il primo passo incerto sul ponte, e immediatamente si accorse di quanto fossero scivolose le assi spruzzate di acqua. Si allungò, ed afferrò la ringhiera di corda per trovare l'equilibrio, ma il ponte oscillò ancora di più e la ringhiera cadde a pezzi tra le sue mani.
Lei chiuse gli occhi, fece un respiro profondo, e si concentrò. Sapeva che non poteva fare affidamento sulla sua vista, sul suo equilibrio. Doveva fare appello a qualcosa di più profondo. Ripensò alle lezioni di Aiden, richiamò le sue parole. Smise di provare ad opporsi al ponte: invece, provò a diventare una cosa sola con esso.
Caitlin si affidò al suo istinto più nascosto, e fece diversi passi in avanti. Aprì lentamente gli occhi, e, non appena fece un altro passso, un'asse cadde sotto di lei. Scarlet gridò, e lei perse l'equilibrio per un istante—poi, rapidamente, fece un altro passo, e ritrovò l'appoggio. Il vento fece ondeggiare di nuovo il ponte. Le sembrava che fosse passata un'eternità da quando aveva iniziato a percorrere il ponte ma, quando Caitlin guardò in alto, vide che aveva proceduto solo per circa tre metri. Istintivamente, seppe che non ce l'avrebbero mai fatta.
Si voltò e guardò Caleb. Vide lo sguardo nei suoi occhi, e sapeva che stava pensando la stessa cosa. Lei, più di ogni altra cosa, voleva spalancare le ali e volare, ma, quando provò a muoverle, percepì qualcosa nell'aria e comprese che Caleb aveva ragione: c'era una sorta d'invisibile scudo d'energia intorno all'isola, ed era impossibile spiccare il volo lì.
Il vento scosse nuovamente il ponte, e Caitlin stava cominciando a disperarsi. Erano andati troppo lontano per tornare indietro.
Lei prese una decisione in una frazione di secondo.
“Al tre, salta giù, afferrati alla ringhiera, e lascia che ti faccia oscillare completamente!” lei improvvisamente gridò a Caleb. “E' il solo modo!”
“E se cede!?” lui rispose, gridando.
“Non abbiamo scelta! Se continuiamo in questo modo, moriremo!”
Caleb non si oppose.
“UNO!” lei gridò, prendendo un respiro profondo, “DUE! TRE!”
Lei saltò in aria, alla sua destra, e vide Caleb saltare alla sua sinistra. Sentiva Scarlet urlare e Ruth guaire, mentre cadevano di sotto. Lei si allungò e afferrò saldamente la ringhiera di corsa, pregando il Signore che tenesse davvero stavolta. Vide Caleb fare lo stesso.
Un istante dopo, si stavano tenendo alla corda e oscillavano nell'aria, a piena velocità, con l'acqua salata che schizzava in alto dalle onde, spruzzandoli. Per un momento, Caitlin non poté dire se stessero ancora oscillando, o cadendo di sotto.
Ma dopo alcuni secondi, sentì la tensione della corda nella sua mano, e li sentì non crollare di sotto, ma piuttosto, ondeggiare verso la lontana scogliera. Stava tenendo.
Caitlin si rannicchiò su se stessa. La corda stava tenendo, e questo andava bene. Ma stavano anche oscillando velocemente, puntando dritto al lato della scogliera. Schiantarvisi contro, lo sapeva, sarebbe stato doloroso.
Lei voltò la spalla e posizionò Scarlet dietro di sé, così da proteggerla dallo schianto. Guardò attentamente, e vide Caleb fare la stessa cosa, tenendo Ruth con un braccio dietro di sé, e inclinandosi con una spalla. Entrambi si prepararono all'impatto.
Un istante dopo, si schiantarono nel muro, molto dolorosamente. La forza dell'impatto colpì forte Caitlin, che fu momentaneamente scossa. Ma si tenne ancora alla corda, e vide che anche Caleb faceva lo stesso. Si tenne lì, disorientata per diversi secondi, controllando per vedere se Scarlet stesse bene, e se anche Caleb lo fosse. Lo erano entrambi.
Caitlin smise lentamente di vedere le stelle, e si allungò, cominciando a tirarsi lungo le rocce fino in cima alla scogliera. Guardò in alto, e vide che distava dalla cima di circa ventisette metri. Poi, fece l'errore di voltarsi e guardare di sotto: era una caduta pericolosa, e si rese conto che, se la corda avesse ceduto, sarebbero precipitati per centinaia di metri, schiantandosi sulle rocce affilate di sotto.
Caleb si era ripreso e anche lui si stava arrampicando sulla sua corda. I due si muovevano a gran velocità, nonostante scivolassero sulle rocce coperte di muschio.
Improvvisamente, Caitlin sentì un rumore inquietante. Era quello della corda che si spezzava.
Caitlin si rannicchiò per un istante, preparandosi ad affrontare la propria morte, ma poi si rese conto che la corda non stava affatto cedendo. Controllò immediatamente, e vide che si trattava di quella di Caleb.
La sua corda stava per spezzarsi.
Caitlin entrò in azione. Saltò oltre le rocce, e fece ondeggiare la sua corda più vicino a lui, allungandosi con una mano libera. Riuscì ad afferrare la mano di Caleb, proprio nell'attimo in cui iniziava a precipitare di sotto. Lo prese saldamente con la sua mano libera, tenendolo lì, sospeso nell'aria. Poi, con uno sforzo immane, lo sollevò di diversi metri fino ad una profonda fenditura nel lato della scogliera. Caleb, ancora tenendo Ruth, fu in grado di posizionarsi stabilmente nell'incavo, e di tenersi saldamente ad una maniglia naturale all'interno della parte rocciosa.
Al sicuro, lei vide il sollievo dipingersi sul volto di Caleb.
Ma non ci fu il tempo di riflettere. Immediatamente, Caitlin si voltò e si precipitò sulla corsa. Anche quest'ultima avrebbe potuto cedere in qualsiasi momento, e aveva ancora Scarlet sulla schiena.
Finalmente, lei raggiunse la cima. Saltò velocemente sull'altopiano erboso e depositò Scarlet. Si sentiva così grata di trovarsi sulla terraferma—ma non perse tempo. Lei si rialzò, prese la corda, e la gettò per diversi metri, in modo da calarla fin dove si trovava Caleb, di sotto.
Vide che lui stava guardando attentamente la corda, e, non appena questa gli passò davanti, lui si allungò e l'afferrò, tenendo Ruth con l'altra mano. Iniziò subito a salire rapidamente. Caitlin osservò attentamente ogni suo passo, pregando che la corda non cedesse.
Finalmente, Caleb riuscì a raggiungere la cima, rotolando sull'erba, proprio vicino a lei. Si allontanarono dal precipizio e, immediatamente, Scarlet e Ruth si abbracciarono; poi anche Caitlin e Caleb le imitarono.
Caitlin riuscì a sentire il sollievo in tutto il corpo, proprio come Caleb.
“Mi hai salvato la vita,” lui disse. “Di nuovo.”
Lei gli rispose con un sorriso.
“Tu hai salvato la mia molte volte,” lei disse. “Te ne devo almeno qualcuna.”
Lui le sorrise.
Tutti si voltarono guardandosi intorno. L'Isola di Skye. Era meravigliosa, da mozzare il fiato, mistica, desolata e spettacolare al contempo. L'isola era costituita da una serie di monti, valli, colline ed altopiani, alcuni rocciosi ed aridi, altri coperti da muschio verde. Tutto era avvolto da una foschia celeste, che si faceva largo nelle fessure e nelle incrinature, ed era illuminata di arancione e giallo al sole del mattino. Quell'isola sembrava la dimora dei sogni. E sembrava anche un luogo in cui nessun essere umano potesse vivere.
Non appena lei guardò l'orizzonte, improvvisamente, come un'apparizione, una dozzina di vampiri sbucò fuori dalla foschia, in cima alla collina: comparvero lentamente uno dopo l'altro, dirigendosi proprio verso di loro. Caitlin non riusciva a crederci. Lei si preparò alla battaglia, ma Caleb si avvicinò e pose una mano rassicurante sulle sue, appena tutti si fermarono.
“Tranquilla,” Caleb disse. “Lo sento. Sono amichevoli.”
Non appena si fecero più vicini, Caitlin potè vedere i loro tratti, e sentì che lui aveva ragione. Infatti, fu scioccata dinnanzi a quello che vide.
Lì, davanti a lei, c'erano diversi suoi vecchi amici.
CAPITOLO QUATTRO
Sam si rannicchiò, mentre la loro barca, che oscillava selvaggiamente, li trascinava inesorabilmente verso la riva rocciosa. Avvertiva la tensione in Polly, mentre dozzine di guerrieri vampiri si precipitavano lungo le ripide scogliere, diretti verso di loro.
“Adesso che succede?” Polly chiese, quando la loro barca distava solo pochi metri dalla riva.
“Non c'è alternativa,” Sam rispose. “Proviamo a resistere.”
Detto ciò, d'improvviso Sam saltò fuori dalla barca, tenendo Polly per mano e portandola con sé. I due balzarono in alto per diversi metri e atterrarono sulla riva. Sam sentì lo shock dell'acqua gelida come ghiaccio sui piedi nudi; un brivido gli percorse la schiena, svegliandolo completamente. Si accorse di indossare ancora il suo completo da combattimento di Londra— pantaloni neri ed attillati, camicia, con imbottiture intorno a spalle e braccia, e, guardando verso Polly, vide che anche lei indossava il suo completo da combattimento.
Ma non c'era stato tempo per indossare altro. Appena Sam guardò verso la riva, vide dozzine di guerrieri umani caricare verso di loro. Indossavano un'armatura in maglia metallica, dalla testa ai piedi, brandivano delle spade e degli scudi; insomma, erano i classici cavalieri dall'armatura splendente, che Sam aveva visto raffigurati nei libri durante tutta la sua infanzia – erano quel genere di cavaliere che una volta lui desiderava essere. Da bambino, li idolatrava. Ma ora, essendo un vampiro, sapeva di essere molto più forte di quanto loro non fossero mai stati. Sapeva che non avrebbero mai potuto competere con la sua forza e la sua velocità, non si avvicinavano nemmeno alle sue doti di combattimento. Pertanto, Sam non aveva alcun timore.
Ma era molto protettivo nei confronti di Polly. Non era certo di quanto si fossero evolute le doti di combattimento della ragazza, e non gli piacevano affatto quelle armi che brandivano gli umani. Erano diversi da qualsiasi spada e scudo che lui avesse mai visto. Già ad un primo sguardo notà che risplendevano nella luce del sole mattutino, vale a dire che sembravano essere dotati di punta d'argento. Realizzati per uccidere i vampiri.
Il ragazzo sapeva che era una minaccia da prendere seriamente.
Notò lo sguardo deciso di quegli umani e ne dedusse che erano preparati; osservò come si muovevano in modo coordinato, concludendo che fossero anche ben addestrati. Per gli umani, quelli erano probabilmente i migliori guerrieri di quell'epoca. Erano anche ben diretti, come dimostrava il fatto che attaccavano da due direzioni.
Sam decise subito che non avrebbe dato loro il vantaggio del primo colpo.
Li caricò da solo, con uno scatto repetino, avvicinandosi più velocemente di quanto non facessero loro.
Chiaramente, non se lo aspettavano. Lui poté sentire la loro esitazione, incerti su come reagire.
Ma non diede loro il tempo di decidere. Con un balzo in aria, saltò al di sopra delle loro teste, usando le ali per spingersi, fino a superare l'intero gruppo e atterrare dietro di loro. Poi, rapidamente, allungò un braccio ed afferrò una lancia da un cavaliere dietro di lui. Subito la mosse con rapidità intorno a sé, colpendo diversi avversari e disarcionandoli dai cavalli con un solo movimento.
I cavalli scossi nitrirono e scalciarono, portando confusione nel resto del gruppo.
Ma quei cavalieri erano ben addestrati e non si lasciarono intimorire. Qualsiasi altro cavaliere umano si sarebbe disperso immediatamente, ma questi, con sorpresa di Sam, si voltarono e si raggrupparono di nuovo: disposti in fila, caricarono senza esitazione.
Sam ne fu sorpreso, e si chiese esattamente dove fosse. Era atterrato in una sorta di regno di guerrieri d'elite?
Sam non ebbe il tempo per darsi una risposta. E non intendeva uccidere quegli umani. Una parte di lui sentiva che loro non volevano uccidere; sentiva che erano lì per confrontarsi, e forse, per catturarli. O, ancor più probabilmente, per metterli alla prova. Dopotutto, erano atterrati sul loro territorio: lui sentiva che volevano vedere di che pasta erano fatti.
Sam era almeno riuscito a distrarli da Polly. Ora, caricavano solo verso di lui.
Si tirò indietro con la lancia, e puntò allo scudo del loro leader, intendendo stordirlo, ma non ucciderlo, e la lanciò.
Un colpo diretto. Colpì lo scudo, facendolo cadere dalla mano dell'uomo, e lo disarcionò dal cavallo. Il cavaliere atterrò, producendo un forte suono metallico.
Sam balzò in avanti e sottrasse la spada e lo scudo dalle mani di un altro cavaliere, giusto in tempo per parare diversi colpi che si abbatterono su di lui. Li bloccò tutti, e, contemporaneamente, sottrasse la mazza ferrata dalle mani di un altro cavaliere. Afferrò la lunga impugnatura lignea, la tenne all'indietro, e fece roteare quella sfera mortale e la sua catena metallica, a formare un ampio arco. Un sordo rumore metallico si udì intorno a lui, quando Sam riuscì a far cadere le spade dalle mani di dozzine di guerrieri. Il ragazzo continuò a roteare la mazza, colpendo diversi loro scudi e facendo cadere quegli uomini al suolo.
Ma, ancora una volta, Sam fu sorpreso. Qualsiasi altro guerriero umano si sarebbe senz'altro disperso nel caos; ma non quegli uomini. Quelli che erano stati disarcionati dai cavalli, confusi, si raggrupparono, afferrarono le proprie armi cadute sulla sabbia, e si posizionarono intorno a Sam, circondandolo. Stavolta, tennero una maggiore distanza, sufficiente a far sì che Sam non potesse colpirli con la mazza ferrata.
Cosa più preoccupante, tutti loro, da ogni direzione, presero delle balestre, che portavano evidentemente appese alla schiena, e puntarono proprio contro di lui. Sam vide che erano muniti di frecce con le punte d'argento. Avevano tutti intenzione di ucciderlo. Forse, lui era stato fin troppo clemente con loro.
Non fecero scoccare i dardi, ma lo tenevano nel proprio mirino mortale. Sam si rese conto di non avere scampo. Non poteva crederci. Qualsiasi mossa falsa lo avrebbe condotto alla morte.
“Mettete giù le balestre,” giunse una fredda voce ferma.
Gli umani voltarono lentamente le teste, così come fece Sam.
Non riusciva a crederci. Lì, sul perimetro esterno del cerchio, c'era Polly. Teneva uno dei soldati in un abbraccio mortale, con il suo avambraccio intorno alla gola dell'uomo, e tenendogli al contempo uno stiletto d'argento sempre puntato alla gola. Il soldato era lì, immobile, incapace di muoversi nella stretta di Polly, con gli occhi spalancati per il terrore, mostrando lo sguardo di un uomo che stava per morire.
“Altrimenti,” Polly continuò, “quest'uomo morirà.”
Sam fu stupito dal tono della sua voce. Non aveva mai visto Polly come una guerriera, né tantomeno l'aveva vista così fredda e decisa. Sembrava proprio una persona nuova, e lui ne fu impressionato.
Apparentemente, anche gli umani ne furono impressionati. Lentamente e con riluttanza, fecero cadere le proprie balestre, ad una ad una, sulla sabbia.
“Scendete dai cavalli,” lei comandò.
Lentamente, ognuno di loro obbedì, smontando da cavallo. Le dozzine di guerrieri umani restarono lì, alla mercé di Polly, che teneva il cavaliere in ostaggio.
“Allora. La ragazza salva il ragazzo, non è così?” giunse improvvisamente una forte voce gioiosa. Fu seguita da una profonda e sonora risata, e tutte le teste si voltarono.
Dal nulla, sbucò un guerriero umano, in groppa al suo cavallo, tutto ricoperto di pellicce; indossava una corona ed era affiancato da dozzine di altri guerrieri. Chiaramente, dal suo sguardo, si evinceva che si trattava del loro re. Aveva capelli arancioni e selvaggi, una spessa barba del medesimo colore e splendenti occhi verdi. Mosse la testa all'indietro e rise di cuore, mentre osservava la scena dinnanzi a sé.
“Impressionante,” l'uomo proseguì, divertito dall'intera situazione. “Davvero molto impressionante.”
Smontò, e, in un attimo, tutti i suoi uomini si disposero in modo da lasciarlo passare, mentre lui camminò nel cerchio. Sam si accorse di arrossire, accorgendosi di dover essere apparso incapace di gestirsi da solo, come se fosse stato indifeso senza l'intervento di Polly. Il che, comprese, almeno in parte, era vero. Ma non poteva essere infuriato, perché, al contempo, le era grato per avergli salvato la vita.
Superando il suo imbarazzo, il Re lo ignorò e si diresse verso Polly.
“Puoi lasciarlo andare adesso,” disse, ancora sorridendo.
“Perché dovrei?” lei chiese, spostando lo sguardo da lui e Sam, ancora cauta.
“Perché non ti faremmo mai del male. Era soltanto una prova. Per vedere se foste degni di trovarvi su Skye. Dopotutto,” il sovrano rise, “siete atterrati sulle nostre coste!”
Il Re scoppiò di nuovo in una sonora risata, e diversi dei suoi uomini si fecero avanti, dandogli due lunghe spade coperte da pietre preziose, che splendevano al sole del mattino, ricoperte di zaffiri e smeraldi. Sam fu stupito dalla vista: erano le più belle spade che avesse mai visto.
“Avete passato la nostra prova,” il Re annunciò. “E queste sono per voi. Un dono.”
Sam camminò, lasciando il fianco di Polly, mentre lei lasciò lentamente andare l'ostaggio. Entrambi tesero la mano per prendere una spada, esaminandone la preziosa impugnatura. Sam si meravigliò per l'accuratezza con cui era stata realizzata.
“Un dono per due guerrieri molto degni,” lui disse. “Siamo onorati di darvi il benvenuto.”
Lui diede loro le spalle e cominciò a camminare, e fu subito chiaro che Sam e Polly dovessero seguirlo. Mentre camminava, disse ad alta voce:
“Benvenuti sulla nostra Isola di Skye.”
CAPITOLO CINQUE
Caitlin e Caleb, seguiti da Scarlet e Ruth, camminavano a passo svelto sull'Isola di Skye, affiancati da Taylor, Tyler e da diversi altri membri del covo di Aiden. Caitlin fu felicissima di vederli tutti. Dopo le difficoltà iniziali del ritrovarsi in quel luogo e in quell'epoca, finalmente sentì un senso di pace e tranquillità, visto che sapeva che si trovavano esattamente dove erano destinati ad essere. Anche Taylor e Tyler, e tutta la gente di Aiden erano stati elettrizzati nel vedere tutti loro. Era così strano incontrarli in quel luogo ed in quell'epoca diversi, in quel clima fredda, su quell'isola desolata e arida, nel bel mezzo del nulla. Caitlin stava cominciando a vedere come le epoche ed i luoghi cambiassero, ma le persone erano senza tempo.
Taylor e Tyler li condussero in un veloce giro a piedi dell'isola, e oramai camminavano da ore. Caitlin chiese immediatamente se avessero notizie di Sam o Polly; alla loro risposta negativa, lei sentì la disperazione prendere campo nel suo animo. Sperò disperatamente che anche loro ce l'avessero fatta a tornare indietro nel tempo.
Mentre camminavano, Taylor disse loro dei rituali, delle usanze e dei nuovi metodi d'addestramento del covo; continuò a raccontare tutto ciò che Caitlin poteva voler sapere. Caitlin realizzò che Skye era fantastica, uno dei posti più belli in cui fosse mai stata. Sembrava antica, primordiale, con rocce che emergevano dal paesaggio, colline muschiose, laghi nascosti tra i monti, che riflettevano la luce mattutina, ed una splendida foschia che sembrava essere sospesa sopra ogni cosa.
“La foschia non ci lascia mai,” Tyler disse, sorridendo, leggendo la mente di Caitlin.
Caitlin arrossì, imbarazzata, come sempre, di fronte alla consapevolezza di quanto fosse semplice per gli altri leggerle i pensieri.
“Infatti, ecco da dove prende il nome: Skye significa ‘l'isola nebbiosa,’” Taylor disse. “Ha un effetto scenografico, non credi?”
Caitlin annuì, scrutando il paesaggio.
“Ed è utile contro i nemici in battaglia,” Tyler s'intromise. “Ecco perché nessuno osa avvicinarsi alle nostre coste.”
“Non li biasimo,” Caleb disse. “L'ingresso non è stato proprio agevole.”
Taylor e Tyler sorrisero.
“Solo i degni possono avvicinarsi. E' la nostra prova. Sono passati anni dall'ultima volta che qualcuno ha provato a venire qui —e molti più anni ancora, da quando qualcuno è riuscito a superare la prova e raggiungere le nostre coste.”
“Solo chi ne è degno può sopravvivere ed addestrarsi qui,” Taylor esclamò. “Ma l'addestramento è il migliore al mondo.”
“Skye è un luogo spietato,” Tyler aggiunse, “un luogo estremo. Il covo di Aiden è quanto di più vicino a questo luogo ci possa essere. Ci addestriamo insieme quasi tutto il giorno, e col clima più duro —freddo, nebbia, pioggia, sulle scogliere, sulle montagne, sui laghi ghiacciati, sulle coste rocciose—talvolta anche nell'oceano. Ci sono davvero pochi metodi d'addestramento che non conosciamo. E siamo più temprati alla battaglia, di quanto non siamo mai stati.”
“E non ci addestriamo da soli,” Tyler aggiunse. “Anche i guerrieri umani vivono qui, guidati dal loro Re, McCleod. Hanno un castello e la loro legione di guerrieri, e tutti viviamo e ci addestriamo insieme. E' molto insolito, vampiri ed umani che si addestrano insieme. Ma siamo molto vicini qui. Siamo tutti guerrieri, e tutti rispettiamo il codice dei guerrieri.”