Una Amore come il Loro

- -
- 100%
- +
Keira le lanciò un’occhiataccia. “Sì, anche la gente è fantastica. Cristiano mi ha portato a incontrare i suoi genitori a Firenze. Sono stati super amichevoli.”
Mallory guardò Cristiano, molto colpita. “Sei molto legato alla tua famiglia?”
Lui sorrise e annuì. “Certo. A parte i periodi in cui lavoro fuori città, li vedo almeno una volta alla settimana.”
“È così bello,” commentò Mallory, abbassando lo sguardo sulle lasagne con aria contemplativa. “Le mie ragazze sono sempre troppo impegnate per venire a trovarmi. Sono a solo una corsa in taxi da loro, ma è come se vivessi in Canada.”
Bryn roteò gli occhi. “Siamo donne moderne, mamma. Noi lavoriamo.”
“E negli ultimi due mesi ho passato circa quarantotto ore a New York!” aggiunse Keira.
Mallory scrollò le spalle, continuando a mantenere l’espressione ferita sul volto per fare più effetto. Bryn sembrava immune a quel genere di ricatto, ma Keira ne era sempre irritata. Riteneva che la sua relazione con la madre fosse piuttosto buona. Di certo parlava spesso con lei a telefono, e la andava a trovare di frequente. Mallory non era affatto una povera signora anziana che rimaneva a casa da sola tutto il giorno! Anche se era andata in pensione, aveva molti amici e ogni genere di hobby con cui occupare il suo tempo.
“Come sono le lasagne?” chiese allora la madre a Cristiano. “Immagino che non si possano paragonare alla ricetta di tua mamma, vero?”
Bryn scoppiò a ridere davanti al tono sconsolato della donna. Keira invece non era dell’umore di incoraggiarla. Rispose prima ancora che Cristiano potesse farlo, cercando di evitargli una scena pubblica imbarazzante.
“Certo che no,” disse. “Il nostro cibo è completamente diverso. La maggior parte è importato. Voglio dire, gli ingredienti italiano sono così freschi e nutrienti.” Punzecchiò la sua pasta gommosa con la forchetta. “Persino i pomodori hanno un sapore differente in Italia.”
“Ma anche il cibo americano è buono,” aggiunse con diplomazia Cristiano. “Keira e io siamo andati a mangiare dei bagel per colazione, stamattina. È stato emozionante.”
Bryn fece una smorfia per indicare che trovava adorabile l’emozione di Cristiano per i bagel. Keira non riuscì a sopportare il modo in cui lo guardava, come se fosse un cucciolo carino.
“E per quanto rimarrai a New York?” chiese Mallory.
‘Fantastico,’ pensò Keira. ‘Di nuovo questa domanda.’
“Ancora non lo so,” rispose Cristiano. “Ma non ho nessun motivo per andarmene in fretta.”
Sulla fronte di Mallory apparve una ruga perplessa. “No? Non hai un lavoro a casa a cui tornare?”
Cristiano scosse con noncuranza il capo. “Faccio solo lavori occasionali e la maggior parte sono durante l’estate. La guida turistica. Servo ai tavoli al ristorante. Quel tipo di occupazione.”
Keira notò il modo in cui la ruga sulla fronte della madre si approfondì.
“Lavori occasionali?” ripeté, con un tono che rivelava la sua contrarietà.
“La cose sono diverse là,” spiegò Keira. “La cultura è diversa. La gente non si accapiglia per una promozione come facciamo qui.”
“Ma non è più un ragazzino,” disse esasperata Mallory a Keira. “Non dovrebbe avere qualche idea di che cosa vuole fare della sua vita?”
“Mamma!” esclamò Keira.
Cristiano si limitò a ridere, trovando chissà come un lato buffo in quella situazione. “Un giorno troverò la mia strada, Mallory,” la rassicurò. “Non ho fretta.”
Spostò serenamente lo sguardo sulle sue lasagne. Al di sopra della sua testa, Mallory lanciò a Keira un’espressione afflitta. Se credeva che la figlia fosse in ritardo per accasarsi e iniziare a fare figli, che cosa mai poteva pensare del fatto che Cristiano ancora non avesse trovato un suo percorso lavorativo?
Una volta che ebbero svuotato i piatti, Mallory andò a prendere il dessert. Gelato. Keira aveva mangiato talmente tanto gelato in Italia che era l’ultima cosa che voleva, specialmente il misero sostituto americano che sua madre aveva comprato. Ma Cristiano fu educato come sempre e mentre mangiava fece tutti i commenti appropriati.
“Siete tutti stretti nell’appartamento di Bryn in questo momento?” chiese Mallory.
“Gli ho lasciato il letto,” rispose la sorella, sembrando orgogliosa di aver messo le necessità di qualcun altro davanti alle proprie, forse per la prima volta nella sua vita.
“Perché non rimanete qui?” suggerì la madre. “Keira ha la sua camera da letto.”
“Davvero?” chiese Cristiano, accigliandosi leggermente come se non riuscisse a capire perché Keira avesse preferito il divano della sorella invece della propria stanza.
Lei scosse la testa. “Non è una buona idea,” gli disse sottovoce. “Il viaggio per arrivare a lavoro da qui è una sofferenza.”
“Che cosa sta dicendo?” chiese Mallory a Cristiano ad alta voce. “Fammi indovinare. Il viaggio per andare a lavoro. È sempre quello. Non appena ha lasciato l’appartamento con Zach è andata direttamente da Bryn! Come se io non esistessi nemmeno. E ogni volta che chiedo il motivo, oh, è il viaggio fino a lavoro.”
“Mamma, mi ci vuole più di un’ora per arrivare al lavoro da qui,” ripeté Keira per quella che doveva essere la milionesima volta.
“Un’ora è nella norma,” rispose Bryn. “Prima eri fortunata, con la posizione del tuo appartamento. Ed è stato solo perché Zach ne pagava la maggior parte.”
“Bryn!” Keira la riprese. Poi, incrociando le braccia con testardaggine, aggiunse a voce più bassa: “Era di suo cugino. Tutti e due pagavamo poco d’affitto.”
Cristiano apparve molto confuso. “Chi è Zach?”
“Nessuno,” rispose lei. Lanciò sguardi supplichevoli alla madre e alla sorella, cercando di convincerle a tenere le loro boccacce chiuse almeno per una volta.
Mallory sorrise a Cristiano. “Ti piacerebbe rimanere qui per un po’, vero, caro? Posso mostrarti la zona, domani.”
Keira sgranò gli occhi. “Assolutamente no, mamma. Cristiano ha cose migliori da fare con il suo tempo.” Il pensiero che sua madre l’avesse tutto per sé per una giornata intera la riempiva di panico.
“Quali cose?” ribatté Bryn con una risata. “Qualcuno deve fargli da cicerone. E tenergli compagnia. Sai che potrei sempre farlo io.” Incrociò una gamba snella sopra l’altra.
“No!” disse con maggiore decisione Keira. Non poteva fidarsi di nessuna delle due intorno a Cristiano!
“A dir la verità, mi piacere esplorare da solo,” disse alla fine l’uomo, trovando l’occasione di far sentire la sua opinione. “Per lo meno, faccio così quando arrivo in una città nuova. Se per te fa lo stesso, Mallory?”
“Ma certo,” ridacchiò lei. Poi con un sorriso aggiunse, senza rivolgersi a nessuno in particolare: “È così educato.”
“Ma credo che sarebbe bello approfittare della tua offerta di rimanere qui,” aggiunse lui. “Keira ha potuto vedere casa mia e anche a me piacerebbe vedere la sua vecchia camera.”
Keira sprofondò il volto tra le mani. Era l’ultima cosa che avrebbe voluto che accadesse! Ma poi pensò alla completa mancanza di privacy di cui soffrivano da Bryn. Nonostante avesse offerto loro il letto, erano comunque molto stretti. Senza parlare del rumore e del disordine. Almeno lì sua madre andava a letto presto e avrebbero avuto un po’ di spazio e di privacy.
“Va bene,” rispose alla fine. Non riusciva a ricordare l’ultima volta che aveva dormito a casa della madre. Ma grazie a Cristiano sarebbe successo per la prima volta dopo anni. “Rimarremo.”
“Fantastico!” esclamò Mallory, e riempì nuovamente i bicchieri di tutti con altro vino rosa e dolciastro.
*
Keira e Cristiano condivisero un taxi con Bryn fino al suo appartamento, per poter recuperare alcuni oggetti. Cristiano infilò i vestiti nella sua sacca e Keira radunò i prodotti da bagno, dell’intimo pulito, i suoi trucchi, il profumo e un completo per il lavoro, tacchi inclusi, che non indossava da prima di andare in Italia!
Quando uscirono, Keira fu sollevata che fossero di nuovo solo loro due.
“Mi dispiace per oggi,” disse a Cristiano mentre si accoccolava vicino a lui sui sedili posteriori del taxi.
“Ti dispiace?” chiese l’uomo. “Per cosa?”
“Per la mia famiglia. Sono fuori di testa.”
Lui rise. “In realtà mi piacciono.”
Keira si domandò se per caso intendesse dire che gli piaceva Bryn, ma cercò di non soffermarsi su quell’argomento.
“E sei sicuro che domani starai bene da solo?” aggiunse. “Potrei vedere se qualcuno dei miei amici è in giro per farti compagnia?”
Mentre lo diceva, pensò a Shelby, che era fortunatamente fidanzata. Ma lei sarebbe di certo stata a lavoro. Maxine sarebbe stata libera, ma era single. Keira non si fidava ancora abbastanza della sua relazione da allentare le redini.
“Sono molto sicuro,” confermò Cristiano con decisione. “Ho detto che mi piace esplorare. Ne ho fatto il mio lavoro, no?”
“Sì,” ammise Keira, “ma New York è piuttosto diversa dall’Italia.”
Cristiano si premette una mano sul cuore. “Sono un ragazzone,” disse. “Posso badare a me stesso. Persino a New York.” La baciò delicatamente.
Raggiunsero l’appartamento di Mallory e dopo aver pagato il tassista entrarono, preparandosi per una serata tranquilla sul divano a guardare la TV. Un po’ dopo le nove, il piano di Keira ebbe successo: la madre si ritirò davvero per la notte.
Poi, per la prima volta dopo secoli, riuscì a rilassarsi. Era stata tesa sin da quando erano atterrati a casa. Tra la follia di Bryn, quella della madre e il tour rapidissimo della città, non aveva praticamente avuto il tempo di riprendere fiato. Finalmente avrebbe potuto affrontare quella situazione, riflettere su Cristiano e sul fatto che aveva attraversato mezzo mondo per stare insieme a lei.
Lo baciò, godendosi il suo sapore. Ormai c’era qualcosa di diverso nei loro baci. Una maggiore intensità. Ora che era nel suo territorio, tutto era diventato più reale. Lui si era impegnato nel rapporto e così facendo aveva cambiato le cose per il meglio.
“Immagino che presto vorrai vedere la mia stanza?” chiese, usando la sua voce più seducente.
Cristiano colse subito il tono, sollevando le sopracciglia con eccitata anticipazione. “Certo che lo voglio.”
Lei si alzò dal divano e si chinò, tendendogli la mano.
“Allora farai meglio a seguirmi,” mormorò.
Sorridendo come un gatto che avesse mangiato la panna, Cristiano le obbedì.
CAPITOLO SEI
Keira si svegliò il giorno seguente sentendosi intontita. Ma nel momento in cui si girò e vide il bellissimo volto di Cristiano, sospirò soddisfatta. La notte precedente era stata magnifica, e aveva posto fine ai suoi timori. Era un peccato doverlo abbandonare per andare a lavoro!
Scivolò fuori dal letto, attenta a non svegliarlo, e uscì in corridoio. Era molto buio mentre si muoveva silenziosamente verso il bagno.
Fare la doccia da sua madre era così strano. Keira non riusciva a ricordare l’ultima volta in cui aveva avuto motivo per passare lì la notte. Di certo non era successo negli ultimi due anni, perché aveva convissuto con Zachary.
Mentre l’acqua calda le scorreva sulla pelle, si chiese se sua madre avesse ragione. Forse non le prestava davvero l’attenzione che avrebbe dovuto. Il rapporto di Cristiano con i suoi genitori era ammirevole. Era solo per il fatto che Keira metteva la sua carriera davanti a tutto il resto che lei non condivideva un simile rapporto con la madre. Si rese conto che c’era molto che poteva imparare da lui.
Finì rapidamente la doccia e ne emerse con i capelli fradici, poi si avvolse in uno degli asciugamani di bambù della madre prima di riuscire in corridoio. Mentre si aggirava per l’appartamento, un rumore proveniente dalla cucina attirò la sua attenzione. Curiosa, si avvicinò e infilò la testa nella porta.
“Mamma?” chiese, quando vide sua madre in piedi in accappatoio.
La donna sbadigliò. “‘giorno, cara. Caffè?”
Keira sorrise alla madre. “Ti sei svegliata presto solo per farmi il caffè?” domandò, commossa. “Aveva pensato di prenderne uno sulla strada per il lavoro.”
“Non mi capita di poterlo fare tutti i giorni,” rispose Mallory.
Keira entrò in cucina e baciò la madre sulla guancia. “È fantastico. Grazie,” disse.
Mallory sembrò sorpresa. “Credo che Cristiano abbia un’influenza positiva su di te,” commentò.
“Penso che tu abbia ragione,” rispose Keira.
Tornò in camera sua e si vestì al buio, mentre il profumo del caffè iniziava a filtrare da sotto la porta. Quando emerse dalla stanza, la luce del sole stava iniziando a illuminare l’appartamento.
“Sta ancora dormendo?” chiese Mallory non appena fu tornata in cucina.
“Sì,” confermò lei, prendendo il caffè che la madre le offriva. Ne bevve un sorso. Era un po’ amaro ma non si poteva aspettare che sua madre facesse la tazza perfetta a quell’ora del mattino! “Non lo bombarderai di domande non appena si sveglia, non è vero?”
Mallory emise un verso di riprovazione. “Cara, dobbiamo sapere chi è. Non puoi semplicemente dichiarare il tuo amore per un uomo nuovo ogni mese e aspettarci che non siamo almeno un po’ sospettose.”
Keira sospirò, leggermente esasperata. “Okay, mamma, lo capisco. Ultimamente mi comporto come una matta. Solo, non farmelo scappare via.” Buttò giù il caffè in una sorsata e poi baciò di nuovo la madre sulla guancia. “Ti voglio bene. Grazie per la cena.”
Poi si affrettò per prendere il metrò fino a lavoro.
*
Un’ora di metropolitana non era mai il modo migliore per iniziare la giornata. Quando finalmente scese, Keira si sentiva sporca, unta come se quella mattina non si fosse nemmeno fatta la doccia. E aveva i vestiti tutti spiegazzati. Non era il genere di impressione che voleva dare il suo primo giorno di ritorno in ufficio.
Ma quando superò le grandi porte di vetro del Viatorum, capì che non avrebbe dovuto preoccuparsi affatto del suo aspetto. Alla sua apparizione i colleghi balzarono in piedi dalle sedie e le andarono incontro.
“Keira!” gridò Denise, abbracciandola strettamente. “Ce l’hai fatta.”
“Che cosa?” domandò Keira.
“Hai salvato tutti i nostri lavori!” rispose lei. “Stiamo guadagnando moltissimo, Lance non crede che ci sia bisogno di cambiare niente. Niente rubrica dei consigli o pagine di ricette.” Fece una smorfia.
“Beh, è fantastico,” rispose Keira, sorridendo, non convinta del tutto che fosse unicamente merito del suo articolo.
“Quando possiamo incontrarlo, allora?” chiese Denise, sembrando emozionata e ansiosa.
“Incontrarlo?” ripeté Keira.
“Cristiano!” esclamò la collega.
Keira notò l’aria sognante che assunse quando disse il suo nome.
“Beh, non avevo intenzione di portarlo in ufficio,” scherzò, un po’ perplessa.
Denise si accigliò. “Ma devi farlo. Non puoi farci innamorare di un uomo e poi non farcelo nemmeno vedere! Voglio dire, dalla tua descrizione sembra bellissimo. È bellissimo?”
“Beh, sì, ma…” iniziò lei.
“Allora devi farcelo incontrare!” continuò Denise. “Ti prego, Keira!”
La scrittrice fece una smorfia. Cristiano non era solo un accessorio del suo articolo. Era davvero il suo innamorato. Le sembrava che Denise stesse confondendo la realtà con la finzione. Keira aveva accidentalmente trasformato Cristiano nel protagonista di una storia d’amore?
Proprio allora notò Nina alla sua scrivania, intenta a battere sulla tastiera, e le fece un cenno di saluto. Nina concluse quello che stava facendo e si avvicinò. Le due donne si abbracciarono.
“Ottimo lavoro con l’articolo, Keira,” disse Nina. “Di nuovo.”
Lei arrossì. “Grazie.”
“È bello riaverti tra di noi.”
“È bello essere tornata,” sorrise Keira. “È passato talmente tanto tempo che mi è persino piaciuto lavarmi i vestiti.”
Fece per tornare nel suo ufficio ma Nina la prese per un braccio, fermandola sul posto.
“Non così in fretta,” disse. “Elliot vuole vederti.”
“Oh?” chiese Keira, lanciando un’occhiata verso la porta aperta del suo ufficio. Non riuscì a trattenere l’ansia che l’assalì. Anche se lei ed Elliot erano in buoni rapporti, l’uomo era ugualmente una figura autoritaria, in gran parte anche grazie alla sua enorme stazza. “Adesso?”
“Già, adesso,” disse Nina, sorridendo.
C’era qualcosa nei suoi occhi, un segreto che stava nascondendo a Keira. Servì solo ad accrescere il suo senso di trepidazione.
Prendendo un profondo respiro, cambiò rotta e si diresse verso l’ufficio di Elliot.
Quando entrò dalla porta, lui alzò lo sguardo. Con sorpresa di Keira, l’uomo si alzò e aprì le braccia per abbracciarla. Keira si lasciò stringere goffamente, sentendosi come una bambina che abbracciasse un lontano zio. La cordialità non gli si confaceva.
“Il ritorno della mia eroina,” disse Elliot, riaccomodandosi a sedere. “Sono certa che tu abbia sentito le novità?”
“Quali novità, esattamente?” chiese Keira.
“A proposito della crescita di vendite.”
“No…” ammise lei.
Elliot continuò. “Sono salite alle stelle. Lance è entusiasta. Ha detto che finché riusciamo a mantenere questo ritmo non avrà affatto bisogno di intervenire nella direzione della rivista. Può rimanere tutto esattamente come è. Basta che tu continui a fare quello che hai fatto.”
Keira non era certa di come interpretare quella frase. “In che senso?”
“Gli articoli sull’amore,” spiegò Elliot. “La Guru del Romanticismo.”
Keira sentì un improvviso peso nel petto. Elliot non aveva letto il suo ultimo articolo? Ormai era innamorata. Innamorata realmente di una persona autentica che voleva stare insieme a lei. Non come Shane, che aveva avuto altre priorità. Quella volta, Cristiano aveva viaggiato per mezzo mondo per lei, lasciando indietro casa sua, la sua famiglia, il suo lavoro e il suo paese. Non ci sarebbe più stata nessuna Guru del Romanticismo, non se era necessario innamorarsi di nuovo!
“Chiedo scusa,” iniziò Keira. “Stai dicendo che vuoi che scriva un altro articolo della Guru del Romanticismo?”
“Ma certo,” rispose Elliot, sembrando confuso. “È quello che vogliono tutti. I nostri lettori. La adorano. Non ne hanno mai abbastanza. Sono insaziabili. E dobbiamo mantenere il ritmo. Quindi dovremo rispedirti subito all’estero.”
Il peso nel petto di Keira si trasformò in panico. “No,” sussultò. “Non puoi. Sono tornata da soli due giorni!”
Quanto sarebbe servito a Bryn per mettere le grinfie su Cristiano? O perché Maxine arrivasse a curiosare? Perché sua madre lo terrorizzasse a punto da farlo scappare? Non poteva andarsene di nuovo!
Elliot apparve confuso. “Keira, abbiamo pianificato tutto,” disse imperturbabile. “Heather ha già prenotato il volo. Parigi, Keira, PARIGI. Questo è il miglior incarico di tutti e te lo sto offrendo su un piatto d’argento. Il resto dello staff, là fuori, ucciderebbe per averlo.”
“Mi dispiace…” balbettò lei. “Ma non posso. Sono davvero innamorata di Cristiano. Questo non è un gioco per me. Non voglio lasciarlo. E non voglio andare da qualche altra parte per trovare l’amore.” Fece un profondo respiro. “Se è quello che ti serve che faccia, preferisco licenziarmi.”
Elliot stava scuotendo la testa, distogliendo gli occhi. Con sorpresa di Keira, le sue spalle cominciarono a tremare. Stava piangendo? Sapeva quanto fossero andate vicine le cose a implodere, lì alla rivista, e sapeva quanto Elliot avesse rinunciato per il Viatorum, e quanto significasse per lui. Ma quella era anche la sua vita. Di certo qualcun altro avrebbe potuto assumere il ruolo della Guru del Romanticismo? Avrebbero persino potuto fingersi lei, per quel che le interessava! I lettori non se ne sarebbero accorti!
Ma poi si rese conto che le sue spalle non stavano tremando per le lacrime, ma per le risate. Si accigliò, seccata, non capendo che cosa ci trovasse di tanto buffo.
“Keira,” disse alla fine Elliot. “Non ti sto chiedendo di lasciare Cristiano. Voglio che voi due partiate insieme.”
Keira si bloccò, sbalordita dalla rivelazione. “Insieme?”
“Sì!” esclamò Elliot. “I nostri lettori lo amano. La gente sta disegnando delle sue immagini e le sta mettendo su internet! Nei forum parlano solo di lui!”
“I forum?” ripeté Keira.
Non riusciva a credere a quello che stava sentendo. Le sue descrizioni avevano davvero dipinto una tale magnifica immagine della sua guida turistica italiana, da renderlo inavvertitamente una specie di eroe?
“Non capisco,” disse lei. “Vuoi che andiamo insieme?”
“La vostra storia d’amore è un successo, Keira,” disse Elliot. “Il pubblico vuole sapere come va avanti. Hashtag Team Shane o Hashtag Team Cristiano. Chi sposerà?”
“SPOSARE?” gridò Keira. “Che cosa sta succedendo? Secondo me state tutti correndo un po’ troppo. Conosco Cristiano da poche settimane. Non sto pensando al matrimonio. E neanche lui!” Incrociò le braccia, sentendosi sulla difensiva, come una specie di spettacolo da circo.
La voce di Elliot si addolcì, avendo notato il suo disagio. “Keira, quello che vogliamo vedere siete voi due. Cosa succederebbe alla vostra storia a Parigi? Il vostro amore può resistere in un posto nuovo? Ma certo che ha funzionato in Italia, a casa sua. E anche qui, mentre sei circondata da tutte le tue comodità, funziona. Ma in una città diversa? Cosa succederebbe in quel caso? Un terreno neutrale e pari per entrambi. L’amore può resistere in un paese straniero?”
Keira sbatté le palpebre, sbalordita e non riuscendo più a parlare. “Vuoi… stressare la mia relazione per vedere se si spezza?”
Elliot piegò la testa di lato. Era chiaro che non l’aveva vista sotto quella prospettiva. “Beh, voglio dire, non mi aspetto proprio che vi lasciate. Sono solo curioso.”
“Curioso,” ripeté lei, sempre più irritata. “Questa è la mia vita, Elliot. La mia vita vera. Non sono una cavia da laboratorio.”
Elliot scosse la testa. “Lo sto dicendo nel modo sbagliato,” disse. “Senti, l’idea è che voi due passiate un mese a Parigi. Viaggiate e siate innamorati. Scrivi di tutta la faccenda. I lettori ne saranno felici. Voi due sarete felici. Io sarò felice. Punto, e fine.”
“A parte che non è la fine, vero?” lo sfidò Keira. “Perché vuoi un conflitto di qualche tipo. Vuoi alzare la posta in gioco.”
“È solo la direzione migliore per l’articolo,” disse con calma Elliot. “Vedere se potete tornare indietro con un amore ancora più forte.”
Keira era certa che un mese a Parigi non avrebbe danneggiato la sua relazione. Sarebbe rimasta salda, ne era certa. Ciò a cui obiettava era il modo in cui Elliot ne parlava. Come se fosse parte di un esperimento o di un romanzo, invece che persone reali con emozioni reali.
Elliot appoggiò le braccia sul tavolo in un atteggiamento più aperto. “Keira, come è la tua vita a New York al momento? Nessun appartamento, vivi da tua madre.”
“Come fai a saperlo?” balbettò Keira.
“Ho i miei mezzi,” rispose lui, scrollando le spalle.
Ricordò quando sua madre l’aveva chiamata in Italia per convincerla a rimanere alla rivista. Elliot era stato la mente dietro a quella telefonata.
“Hai parlato con mia madre?” chiese sospettosa.
Lui sembrò colpevole ma rispose con sufficiente innocenza. “Io e Mallory chiacchieriamo di tanto in tanto.”
Keira sbuffò seccamente. Perché la madre sentiva il bisogno di interferire così tanto nella sua vita?
“Quindi,” continuò Elliot, accantonando la faccenda. “Davvero, andare a Parigi vi darebbe la privacy che vi serve. Un mese intero solo voi due. Niente sorella tra i piedi, nessuna madre a interferire.”
Sembrava bello, pensò Keira. Che differenza avrebbe fatto se avessero intrapreso la loro relazione a New York o a Parigi? A parte il fatto che lì erano circondati da persone ansiose di incontrare Cristiano. Almeno a Parigi sarebbero stati da soli. Sarebbero stati di nuovo anonimi.
“Dopo questo articolo,” aggiunse Elliot, “potrei anche allenare un po’ le redini qui al Viatorum. Promuoverti. Poi tu potresti persino sceglierti da sola gli incarichi. Se questa cosa funziona, e troviamo la giusta prospettiva per le storie della Guru del Romanticismo, ti cederò il controllo di tutta la faccenda. Niente più missioni all’ultimo minuto. Niente più Antonio.”







